martedì 28 aprile 2015
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Dalla Finlandia arriva una sperimentazione potenzialmente in grado di rivoluzionare la didattica: il co-teaching (vale a dire «insegnare insieme»). In altre parole, un insegnamento non più per materie, bensì per argomenti, affrontati sotto i diversi e complementari profili disciplinari.  A segnalare questa iniziativa – che riguarda già le scuole secondarie del distretto di Helsinki, il maggiore del Paese scandinavo, e che presto verrà estesa a quelle del resto della nazione – è stato di recente Tullio De Mauro nella sua rubrica dedicata alla scuola sulla rivista Internazionale. Ma che cosa significa concretamente il co-teaching?  Come si realizza a livello pratico? La scuola non viene impostata su materie separate (Storia, Geografia, Filosofia, Letteratura, Matematica, Fisica, eccetera), ma su argomenti, temi – in inglese topics – attorno ai quali i docenti delle varie discipline lavorano insieme. Ad esempio, si parte da temi trasversali – l’Unione Europea, l’Il-luminismo, l’acqua, il cibo e così via – per svilupparli nelle diverse discipline. Un simile insegnamento prevede evidentemente un cambiamento totale di prospettiva, togliendo ai docenti la loro autonomia didattica per costringerli invece a lavorare insieme. Si tratta di una proposta particolarmente adatta a un altro tipo di sperimentazione, in parte già in atto anche in Italia, quella della cosiddetta flipped classroom (sempre in inglese, che ormai è la lingua ufficiale della nuova pedagogia), cioè la «classe ribaltata». Tradizionalmente il docente fa la sua lezione frontale, trasmettendo contenuti e concetti, e chiede agli studenti di esercitarsi a casa attraverso compiti e attività. Nel momento della verifica, poi, l’alunno mette alla prova la propria capacità di 'restituire' quanto ha appreso.  Un simile metodo comporta una certa dose di passività da parte dei ragazzi, inconveniente che si intende appunto superare con la flipped classroom.  Che è «ribaltata» perché il punto di partenza è lo studio domestico, che poi si discute in classe con il docente. Detto altrimenti: io, professore di Storia, do da studiare ai miei alunni, poniamo sulla Rivoluzione francese, un certo numero di pagine del libro di testo e magari chiedo loro di approfondire l’argomento cercando altri materiali su Internet; poi utilizzo il tempo della lezione per vedere che cosa hanno capito, per chiarire eventuali dubbi, per discutere le problematiche che gli stessi alunni sollevano. È chiaro che la modalità del co-teaching necessita di una prospettiva di questo tipo: possiamo pensare infatti a una compresenza dei docenti delle diverse materie al momento della discussione in classe dei vari argomenti oggetto di studio, in modo che ognuno di essi sia avvicinato da più angolature e scandagliato attraverso gli specifici strumenti disciplinari. In Finlandia – e la stessa cosa sta avvenendo anche in Francia – si è ipotizzato un simile percorso a partire dalla constatazione che il profitto tradizionalmente alto degli studenti di quel Paese nelle graduatorie internazionali aveva cominciato da alcuni anni a dare preoccupanti segnali di cedimento. È sensata l’idea che, se la società cambia rapidamente e radicalmente, non si può pensare che la scuola rimanga uguale a cent’anni fa: a nuove esigenze storiche e sociali deve corrispondere un cambiamento delle metodologie didattiche. Sarebbe possibile qualcosa di simile nel nostro Paese? Non so quali fossero le condizioni di partenza della scuola finlandese quando si è deciso di partire con questo percorso, ma è certo che la scuola italiana è – a parte alcuni casi isolati – ancora molto lontana da modelli di quel tipo. Spesso da noi l’interdisciplinarietà è un obiettivo più dichiarato che effettivamente perseguito. Lo si vede nella fase finale della valutazione in uscita dalla scuola secondaria superiore, l’esame di maturità, dove la famosa «tesina » – l’argomento da cui prende le mosse il colloquio dei candidati e in cui si dovrebbe cercare di unire il più possibile le conoscenze acquisite nei diversi settori – finisce spesso per mettere insieme cose molto lontane tra loro, legandole in maniera casuale e talora persino bizzarra. Detto ciò, le difficoltà che abbiamo incontrato finora in questo campo non sono una ragione sufficiente per non provare a cambiare, purché si decida di farlo a ragion veduta, avendo accuratamente soppesato i pro (che ci sono) e i contro (che pure non mancano).
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