martedì 10 maggio 2016
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Conoscere e approfondire un fenomeno è sempre un ottimo antidoto per non lasciarsi schiacciare dalla paura o dal conformismo. Ma oggi è sempre più difficile, travolti come siamo dall’ondata emotiva degli eventi e dal diluvio di informazioni spesso parziali o ideologiche. L’interessante saggio di Massimo Introvigne, Il fondamentalismo. Dalle origini all’Isis (Sugarco, pagine 240, euro 18,00) è invece essenziale per capire l’evoluzione del terrorismo di matrice islamica senza paraocchi. È scritto da un esperto: Introvigne è noto sociologo delle religioni, nonché direttore e fondatore del Cesnur (Centro studi sulle nuove religioni). Ma al rigore dello specialista unisce una chiarezza decisiva anche per il lettore digiuno in materia. Per capire la vasta galassia dell’«ultrafondamentalismo islamico» bisogna tener presente la storica divisione seguita alla morte di Maomet- to nel VII secolo tra sunniti (circa l’80% dei musulmani) e sciiti. L’escalation del terrore in anni recenti comincia, secondo l’autore, dall’attentato nel 1981 al presidente egiziano Sadat. Introvigne ricostruisce tutti gli eventi che da lì in poi hanno portato alla nascita del Daesh, il sedicente Stato islamico che il presunto califfo al-Baghdadi ha costruito strappando con la forza territori all’Iraq e alla Siria. È importante sottolineare come il Daesh ritenga decisiva per la sua fondazione la morte nel 2006 in Iraq del terrorista internazionale giordano Abu Musa al-Zarqawi. Un uomo da cui aveva preso le distanze anche Osama Bin Laden che considerava controproducenti per al-Qaeda i metodi da tagliagole. Zarqawi teorizzava il massacro di tutti i non sunniti: cristiani, seguaci di altre religioni ma anche i musulmani “eretici” sciiti. Allo stesso modo il Daesh che si considera erede di Zarqawi oggi vuole creare zone integralmente sunnite, eliminando i seguaci di tutte le altre religioni, compresi i musulmani sciiti. Introvigne fa così emergere le varie divisioni tra i fondamentalisti che spiegano come il Califfato oggi sia un pericolo anche per gli Stati islamici vicini. Perché se è vero che talvolta collaborano, le strategie spesso divergono anche tra le stesse organizzazioni di stampo sunnita (come al-Qaeda e Daesh). Una fonte preziosa per capire l’ideologia del Daesh è la rivista del Califfato – sia in formato cartaceo che web in numerose lingue tra cui l’inglese – chiamata “Dabiq”, di cui Introvigne è attento lettore. Ciò che però non si può sostenere è dire che i terroristi «non c’entrano nulla con l’islam» un assunto che lo studioso ritiene non meno infondato di quello secondo cui «tutti i musulmani sono terroristi». Se la critica, soprattutto quella di derivazione marxista, interpreta gli attentati terroristici con l’analisi economica o sociale, il libro ribadisce invece come siano imprescindibili le motivazioni «religiose». Un esempio drammatico è quello del terrorismo suicida, per cui le teorie economiche non riescono a spiegare come faccia il fondamentalismo a reclutare militanti disposti a farsi saltare in aria. Interessanti allora in appendice sono due documenti decisivi tradotti in italiano: L’ultima notte, la “guida” pratica e spirituale che ciascuno dei partecipanti all’attacco dell’11 settembre 2001 aveva ricevuto prima di imbarcarsi sugli aerei, e i Consigli agli emigranti consegnati a partire dal 2014 dal Daesh ai foreign fighters, coloro che intendono partire – anche dall’Italia – per andare a combattere e morire con le truppe del Califfato in Siria e in Iraq. Un reclutamento “incoraggiato” anche dagli attentati in Europa che devono fungere da veri spot pubblicitari. Ritorna allora d’attualità la lezione di Benedetto XVI a Ratisbona, sul dialogo necessario con l’islam e sulla necessità di conciliare fede e ragione. Per prendere atto che l’unica “radicalità” per ogni credente è mostrare agli altri che siamo fatti per qualcosa di grande che non finirà. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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