Un ritratto fotografico di santa Gemma Galgani (Capannori, 12 marzo 1878 – Lucca, 11 aprile 1903) - archivio
Se si vuole parlare del Volto di Dio non si può fare a meno di incrociare lo sguardo col volto dei santi. In particolare quelli che hanno vissuto il secolo XX o immediatamente a ridosso di esso, epoca in cui l’uso affermato della fotografia consente a noi oggi di avere di loro dei ritratti significativi. Alcuni hanno davvero dei volti che affascinano, espressioni che, prima ancora di parlarci di Dio, calamitano lo sguardo, attraggono a sé. E dopo soltanto, attraverso quel fascino, si giunge a cogliere lo splendore del Volto dei volti. Ci sono sante, in particolare, la cui attualità e attrattiva anche per le giovani generazioni deve molto ad alcuni scatti fotografici. Una è certamente santa Bakhita la cui bellezza senza tempo e capacità di comunicare attraverso gli occhi il suo sereno stare al cospetto di Dio vengono esaltate in tre immagini realizzate da un fotografo trentino, capaci di varcare fin dagli anni Trenta ogni barriera culturale e confessionale al punto di parlare di Dio anche al mondo islamico che per principio rifiuta l’abbinamento fede- volto. Una seconda santa, meno universalmente nota, ma in questo efficacissima è Gemma Galgani. Pur essendo morta a inizio ’900 si conservano di lei due primi piani a dagherrotipo che mostrano una bellezza semplice, serena e sofferente insieme, così immersa in Dio da attrarre al primo sguardo. «Uno dei più assidui frequentatori del santuario di Gemma a Lucca - racconta il passionista padre Giovanni Zubiani che da alcuni anni ne è co-rettore - è un uomo che era davvero molto lontano anche solo da un’idea di fede. Un giorno entra in chiesa, viene da me e mi dice: 'Sono passato tante volte qui davanti e non sono mai voluto entrare però quella lì (indicando la fotografia di Gemma sulla facciata del santuario) mi trascina, mi attrae e oggi mi ha fatto scendere dalla macchina'. Da quel giorno per lui è iniziato un cambiamento di vita». Padre Zubiani è un grande esperto di santità. Uomo saldamente ancorato a terra è dotato di uno spirito critico quasi scientista, ma ben conosce come e quanto i santi agiscano nella vita delle persone. Per 22 anni è stato postulatore dei Passionisti, delle carmelitane, di alcune diocesi e di altre congregazioni. Anni in cui ha studiato e seguito 60 cause portandone a compimento 7. Fra i suoi 'assistiti' giunti agli onori degli altari c’è il vescovo bulgaro Eugenio Bossilkof, passionista, fucilato sotto il regime comunista; Maria Pia Mastena, fondatrice delle Suore del Santo Volto; la carmelitana Miriam Baouardy, la prima santa palestinese, una donna dai grandi doni mistici che portava sul suo corpo i segni della passione di Cristo e nella sua anima la sofferenza che deriva dall’essere posseduta dal demonio. Dopo sei anni padre Giovanni è a conclusione del suo ministero al santuario di Lucca: «Il vescovo mi ha chiesto di diventare esorcista nella diocesi e ho accettato ».
Dicevamo della bellezza di Gemma...
Effettivamente sono tanti quelli che l’hanno conosciuta attraverso quelle immagini. La sua è una bellezza semplice e pulita. Le passioniste indonesiane che sono nel convento di clausura attiguo al santuario sono meravigliate che fra i pellegrini ci siano così tanti uomini. Del resto le poche notizie che si hanno su di lei sono in questo senso accattivanti. A Gemma, infatti, accade una cosa molto comune a questo mondo: si innamora perdutamente e fedelmente. Fin da bambina sente e vive questa attrazione per Gesù. E un giorno, quasi in una scenata d’amore, durante un’estasi sottolinea la totalità della sua scelta di vita: «Figlia, figlia, figlia, ma sposa mai?». Ha un paio di corteggiatori che vorrebbero sposarla, ma lei rifiuta sottolineando di essere già «fidanzata con quello di lassù». Semplice, ma decisa.
Sono anche le caratteristiche della sua mistica?
Diceva: «In Gesù crocifisso soffro, in Gesù Eucaristia amo». Una commistione di dolore e amore che caratterizza ogni relazioni d’amore. La sua spiritualità è passionale e concreta. Quando chiede a Gesù di salvare un peccatore insiste con fermezza e si impunta fino a che non ottiene la grazia.
E le persone che vengono al santuario?
Portano problemi e sofferenze. Gemma li ascolta e vanno via sereni. Tutto si muove a livello di grazia. Del resto come altro si può descrivere l’esperienza di comunione con un santo? Di sicuro in Gemma trovano una persona che ha sofferto come e più di loro e quindi entrano in empatia. Gemma ha duramente combattuto col demonio. Gemma soffre come ha sofferto Gesù perché lo vuole seguire in ogni esperienza di vita. C’è un dagherrotipo che coglie Gemma in un’estasi dolorosa. La sua bellezza è scomparsa, non sembra nemmeno lei, eppure è felice perché è insieme all’amato. Alla Chiesa della Rosa, dietro l’episcopio, a Lucca, si sedeva all’ultimo posto, accanto all’entrata perché se andava avanti si sentiva consumare dal fuoco dell’amore. Tanti, donne e uomini soffrono per amore e in lei si sentono compresi.
Compresi nel loro dolore?
Certamente. Ma soprattutto compresi nell’amore, perché lei nonostante le sofferenze non ha mai lasciato che il suo cuore si inaridisse, ma ha continuato a farlo palpitare. Non è la sofferenza la chiave della sua gioia, come qualcuno ancora oggi continua a insinuare per sottolineare una presunta isteria. Lei gioisce perché resta con l’amato, davanti al suo Volto.
Soffrire con Cristo... Non è facile da capire.
Chi ama davvero soffre. Il mistico sa che la sofferenza che conta è quella di Cristo perché solo la sua è sofferenza redentiva. Ma se stai con lui perché lo ami la accetti anche tu. E dentro le piaghe di Gesù prende senso qualsiasi sofferenza. Uniti alla sua sofferenza otteniamo di partecipare alla sua opera redentrice. In questo Gemma diventa un tramite della Misericordia divina. Nelle piaghe di Cristo impresse sul suo corpo nel 1899 è scritta la cura di ogni disperazione. Faustina, Gemma, Veronica Giuliani, padre Pio... sostengono e vivono la stessa cosa. Le persone che si affidano a loro lo sentono perché in loro si mostra il Volto misericordioso di Dio.
Gemma imitazione di Cristo? L
ei è talmente innamorata del suo Gesù che agisce come lui, si interessa dei sofferenti, dei peccatori, aiuta e converte le prostitute. È così innamorata che comincia ad assomigliargli. Il suo volto è un rimando del Volto di Dio, e questo non passa inosservato.
Anche lo psichiatra che la accusava di isteria, davanti alla sua salma riesumata si è ravveduto.
Certamente sappiamo che lo psicanalista boemo Pietro Pfanner nel 1899 visitò Gemma e nella diagnosi la definì isterica e dedita a pratiche di autolesionismo. Affermazioni che negli anni, anche recenti, hanno sostenuto la tesi di chi ha voluto vedere in lei una psicopatica. Vent’anni dopo la morte di Gemma, nel 1923, Pfanner volle partecipare con l’arcivescovo di Lucca Giovanni Volpi alla riesumazione e ricognizione del suo cadavere per l’iter di canonizzazione. Giorni dopo, in una lettera (conservata nel museo di santa Gemma, ricchissimo di oggetti, documenti e reliquie raccolte negli anni da Zubiani, ndr) in cui ringraziava per quella opportunità, definisce Gemma Galgani una «santa» ben prima della beatificazione per opera di Pio XI nel 1933.
Il diavolo le rese difficile la vita?
Il diavolo non vuole che si ami Dio e contro di lei ha agito con vessazioni di ogni tipo. Ed è interessante che anni dopo padre Pio, che pativa fenomeni analoghi, volle leggere il diario di Gemma e per spiegare al suo padre spirituale quello che gli stava accadendo, comprese le vessazioni subite dal demonio, si trovò a usare gli stessi concetti e le stesse parole. Quel che conta, però, è la grandezza dell’amore di Gemma. È a quell’amore che si affidano le persone. Un amore che mostra la Misericordia rigeneratrice di ogni umanità; il Volto capace di giungere al cuore di ognuno.