Lo stacco tra il prima e il dopo è netto. A destra dell’ingresso principale il travertino cambia colore, da nero smog a bianco avorio. «Guarda lassù, la vedi la differenza? I ponteggi sono rimasti per anni e anni e fino a quell’arco hanno ripulito. Dopo no». Lello ha 42 anni e da due decenni vende miniature del Colosseo, della Pietà e del
Cuppolone, assieme alle foto di papa Francesco. L’immagine dei restauri che si trascinano, lasciando il lavoro a metà, racconta bene la sciatteria con cui il Belpaese tratta i suoi inesauribili pozzi di petrolio.La bancarella di Lello, ereditata dal nonno assieme alla licenza, oggi è all’Anfiteatro Flavio. Domani sarà al Campidoglio, poi a San Pietro. E il venditore di souvenir non capisce perché tanto rumore per i due scioperi che hanno bloccato per ore l’ingresso al monumento simbolo dell’antica Roma. «Ma no,
nun è successo gnente de grave: i turisti sono rimasti
bòni e tranquilli, forse anche perché la mattina qui non ci batte il sole. Perché i giornali invece non raccontano della scuola di mia figlia dove hanno trovato certi topi così? A viale Marconi, mica in periferia». Per chi lavora davanti al monumento che ha resistito a barbari e Barberini, è difficile capire il danno all’immagine di Roma e dell’Italia provocato da un’agitazione che ha fatto il giro delle testate internazionali. Così come in altri siti di fama mondiale, soggetti a proteste, incuria e tagli. Il ministro dei Beni culturali, Massimo Bray, corre ai ripari e in serata fa sapere di avere «fissato una data per un incontro urgente con le organizzazioni sindacali», auspicando lo stop delle proteste «per non arrecare ulteriori disagi ai visitatori e all’immagine del Paese».All’indomani dello sciopero dei dipendenti del MiBac, tutto sembra filare liscio. I turisti arrivano a frotte e entrano senza fare la fila. Il camper dei Carabinieri vigila discreto. «Problemi? Al massimo qualche borseggio. La sola nostra presenza fa prevenzione», spiega l’appuntato, prima di prestarsi alla foto ricordo chiesta delle anziane irlandesi.Di certo il malessere tra i lavoratori è alto «Le sembra normale che siamo in sei-sette a gestire un sito visitato anche da 18mila persone al giorno?», chiede Salvatore D’Agostino, uno dei coordinatori della vigilanza e dell’accoglienza. «In 27 anni qui – racconta – è la prima volta che arriviamo a una protesta del genere. Che poi è stata semplicemente un’assemblea sindacale sul posto di lavoro». Un posto un po’ speciale...Venerdì 28 giugno si rischia il bis, visto che è prevista una nuova giornata di agitazione nazionale, con la possibile chiusura - dalle 8,30 alle 12,30 - di siti, musei e biblioteche. Dall’assemblea alla Biblioteca nazionale, Fp-Cgil e Uilpa Bac lanciano un appello al sindaco di Roma Ignazio Marino, e al governatore del Lazio Nicola Zingaretti, per aprire un tavolo col ministro Bray. «Un danno d’immagine incalcolabile» per Roma e l’Italia, lamenta il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca: «In un Paese come il nostro – aggiunge – le attività a servizio dei turisti devono essere considerate servizio pubblico essenziale. Rispettiamo i diritti dei lavoratori, ma quelli di cittadini e turisti non sono meno importanti».«Il motivo principale – spiega ancora D’Agostino, l’uomo del Colosseo – è la mancanza di personale, aggravata dal blocco del
turn over. Poi non è stato registrato l’accordo per il superamento dei festivi da un terzo al 50%, perché qui siamo aperti domenica, 25 aprile, 1° maggio, Pasqua e Pasquetta. Ma non so per quanto ancora». Non basta: «Da nove mesi non vediamo il salario accessorio, un quarto della busta paga. E i tagli? Non abbiamo nemmeno la carta per stampare la busta paga online e i fogli presenza. Certo, è stato un sciopero antipatico – ammette – ma è l’unico modo per farci sentire. Lo vede come lavoriamo?». Nei pochi minuti di colloquio col cronista, l’uomo del Colosseo dà indicazioni alla comitiva giapponese, alla coppia spagnola, al sordomuto arrabbiato perché non lo fanno entrare alla mostra su Costantino («Serve un altro biglietto...»), alla ragazza che segnala scandalizzata i cinesi che si arrampicano sulle colonne per la foto ricordo. «Servirebbe un sistema di telesorveglianza interno. E già due volte abbiamo dovuto fare evacuazioni per falsi allarmi bomba». E i vigilantes? «Due fuori e due al primo piano. Il ministero esternalizza per aggirare il blocco. Ma spende di più per personale che non si coordina con noi. Perché scandalizzarsi solo dello sciopero?».
VENEZIAPERCHÉ SÌ Ricca di appuntamenti l’estate di Palazzo Ducale a Venezia, che ospita una mostra su Manet. Il cortile accoglierà tre rappresentazioni dell’Otello verdiano, curate dalla Fondazione Teatro La Fenice.PERCHÉ NO Hanno destato non poche polemiche, negli anni scorsi, le maxi pubblicità a coprire – durante i lavori di restauro – i gioielli più noti di Venezia, a partire da Palazzo Ducale. Ma per il Comune quei teloni erano indispensabili per riuscire a tenere aperti i cantieri.
FIRENZEPERCHÉ SÌ La Galleria degli Uffizi raccoglie capolavori del Trecento e del Rinascimento. E Firenze è un vero e proprio museo a cielo aperto.PERCHÉ NO «Non è possibile andare avanti così», ha sbottato a febbraio la soprintendente del Polo museale fiorentino, Cristina Acidini. Il motivo? La chiusura delle sale Blu della Galleria «causa febbre» di alcuni addetti. Col personale ridotto all’osso, basta poco per ridurre il servizio.
CASERTAPERCHÉ SÌ Per la «piccola Versailles» è in vista un nuovo restauro delle facciate. Un impegno da 22 milioni di euro, provenienti quasi interamente da fondi europei.PERCHÉ NO L’ennesimo schiaffo alla Reggia di Caserta, già vittima della noncuranza e del vandalismo, è venuto alla luce all’inizio del mese: i giardini esterni erano diventati il centro di una rete di giovani pusher, tra cui anche ragazze incinte.
POMPEIPERCHÉ SÌ Il fascino di Pompei conquista i turisti. Il 18 maggio, per la «Notte dei Musei», si è registrato un boom di prenotazioni.PERCHÉ NO Il 2012 è stato l’anno dei crolli, che hano interessato anche una parte d’intonaco della Casa della Venere in Conchiglia, una delle domus più note. I disastri, affermò l’allora ministro Corrado Clini, furono «il risultato di un ridotto investimento pubblico per valorizzare questo territorio».
AGRIGENTOPERCHÉ SÌ Abbandonato e riportato alla luce, il Giardino della Kolymbethra, nel cuore della Valle dei Templi, è un vero e proprio gioiello naturale, oggi affidato al Fai. PERCHÉ NO I sindacati hanno lanciato l’allarme: nella Valle dei Templi, così come in altre aree archeologiche della Sicilia, musei e gallerie rischiano la chiusura per carenza di personale. E le giornate festive del 2012 non sarebbero ancora state pagate.