Dopo più di 10 anni di ricerca archeologica, il 27 maggio aprirà al pubblico la catacomba paleocristiana di Villagrazia di Carini (nella diocesi di Monreale, in provincia di Palermo, sulla SS113).Si visitano 3.500 metri quadri di superficie scavata, per una delle più importanti testimonianze della presenza del cristianesimo nella Sicilia tardo romana e bizantina. All'interno della catacomba si sviluppano gallerie con arcosoli e cubicoli, le cui tombe sono spesso impreziosite da affreschi di ispirazione biblica e da iscrizioni. La fruizione dell'opera è stata possibile grazie al lavoro di ArcheOfficina - Società Cooperativa Archeologica (finanziato in parte dall'arcidiocesi di Monreale), le ricerche della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra in collaborazione con la Cattedra di Archeologia Cristiana di Palermo. Dell’esistenza della catacomba di Villagrazia di Carini si sa fin dal 1899, quando il barone Starrabba, in occasione dei lavori per la realizzazione di un acquedotto, si imbatté nel sito dell’antico cimitero, poco a Nord-Est della contrada S. Nicola. L’allora direttore del Museo di Palermo e Soprintendente alle Antichità, Antonino Salinas, riconobbe nei vani ipogei appena scoperti parti di un cimitero paleocristiano e diede inizio alle prime esplorazioni archeologiche a nord della strada statale 113. La catacomba si estendeva anche a sud della strada, ed era stata tagliata in due da una cava. L’importanza storica di questo cimitero paleocristiano era chiara fin dall'inizio: il primo archeologo che vi lavorò mise la catacomba in relazione con il mosaico rinvenuto in contrada San Nicola, appartenente verosimilmente a una domus tardoromana. La monumentalità delle gallerie e il numero rilevante di sepolture provavano l'esistenza di una prospera comunità cristiana, distribuita nel territorio della piana di Carin; la diocesi compare in due epistole di Gregorio Magno del 595 e del 602; un vescovo di Carini di nome Giovanni è presente al sinodo Lateranense del 649 e un altro di nome Kostantios è attestato nella redazione greca del concilio di Nicea del 787. Dopo l’intervento di Salinas, la catacomba cadde nell'oblio e le gallerie già scoperte vennero riutilizzate nei modi più svariati: stalle, rifugio antiaereo durante il secondo conflitto mondiale, fungaia e da ultimo discarica. Inoltre le gallerie nel tempo si riempirono quasi completamente di detriti alluvionali. Un degrado totale. Fino al 2000, quando è intervenuta la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, che ha avviato ricerche archeologiche in collaborazione con la sezione archeologica del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Palermo, con il Comune di Carini e con la Soprintendenza ai Beni Culturali di Palermo.
14 anni di ricerche hanno rimesso in luce l’impianto principale del cimitero, costituito da una lunga galleria Nord-Sud e varie diramazioni ortogonali. Nelle pareti si aprono soprattutto arcosoli per adulti e per bambini e gli accessi a diversi cubicoli, spazi monumentali riservati. Il cimitero è abbellito da alcuni affreschi risalenti al IV- inizi V secolo, i cui temi principali si ispirano al giardino fiorito che allude al Paradiso nel quale sono rappresentati i defunti in atteggiamento di orante. I temi biblici si ispirano al Vecchio Testamento, come il Sacrificio di Isacco e Mosè che fa scaturire l’acqua nel deserto percuotendo la rupe, ed al Nuovo Testamento come l’Adorazione dei Magi che ricorre due volte nello stesso cubicolo.
La visita alla catacomba è guidata dagli archeologi della Cooperativa ArcheOfficina, che da anni sono impegnati negli scavi archeologici del monumento. All'inaugurazione, mercoledì prossimo, sono annunciate numerose autorità, tra le quali monsignor Giovanni Carrù, segretario della Pontificia commissione di Archeologia Sacra; monsignor Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale; Roberto La Galla, rettore dell’Università di Palermo, Maria Elena Volpes, soprintendente di Palermo, e Giuseppe Agrusa, Sindaco di Carini.
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