giovedì 7 aprile 2016
Castiglione, il pittore gesuita alla corte dei Qing
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«Ho avuto l’occasione di vedere i dipinti di un altro grande gesuita, Giuseppe Castiglione. Aveva anche lui il virus gesuita... Castiglione sapeva come esprimere bellezza, l’esperienza dell’apertura nel dialogo: ricevere da altri e dare qualcosa di se stessi su una lunghezza d’onda “civilizzata”, quella delle civiltà che s’incontrano». Nell’intervista rilasciata ai primi di febbraio al quotidiano “Asia Times” – la prima in assoluto di un Pontefice a un giornale cinese – accanto alla figura più nota di Matteo Ricci, papa Francesco cita anche un altro gesuita italiano come modello attualissimo per un dialogo profondo e carico di stima reciproca con la cultura cinese. Si tratta di Giuseppe Castiglione, che all’inizio del Settecento parti per la Cina dove fu pittore alla corte dei Qing. La sua è una figura fino a ora molto più nota in Oriente che in Italia. A riaccendere i riflettori su di lui, proprio nell’anno in cui ricorrono i 250 anni dalla sua morte avvenuta a Pechino il 17 luglio 1766, è adesso la biblioteca del Pontificio Istituto Missioni Estere con una serie di iniziative nella Milano dove l’artista gesuita nacque nel 1688 e dove si formò come pittore.  “Giuseppe Castiglione, artista milanese alla corte dei Qing” è infatti il titolo di un ciclo di incontri che da oggi e per un mese intero presso la sede del Pime guideranno all’approfondimento di questa figura poliedrica. L’iniziativa – realizzata in collaborazione con il Centro di cultura Italia-Asia e con il patrocinio del Comune di Milano – si pone in ideale continuità con il percorso avviato a Firenze lo scorso autunno con la mostra “Nella lingua dell’altro”, realizzata dall’Opera di Santa Croce e dal National Palace Museum di Taipei. In quell’occasione furono 30 le riproduzioni di opere di Castiglione, esposte per la prima volta in Italia in concomitanza con il Convegno ecclesiale nazionale. L’iniziativa del Pime, che con il suo Museo Popoli e Culture coltiva un’attenzione particolare al dialogo con la cultura e l’arte cinese, vuole aiutare a riscoprire il personaggio Giuseppe Castiglione, accanto alle sue opere. Valorizzando anche lo stile missionario di questo giovane cresciuto alla scuola dei più celebri artisti del Seicento lombardo che a ventun’anni, con una carriera spalancata davanti, decise di entrare nella Compagnia di Gesù come fratello laico. E di rispondere a una precisa richiesta dell’imperatore cinese Kangxi che, in un’epoca in cui l’impero cinese era all’apogeo del suo splendore, voleva alla sua corte un pittore italiano di talento. Fu la premessa per un dialogo a partire dalla bellezza che andò per cinquant’anni, al servizio anche dei due imperatori successivi Yongzheng e Qianlong. Castiglione ebbe un grandissimo successo alla corte dei Qing: le sue opere, nelle quali portava le conoscenze tecniche sull’uso dei colori a olio e sui principi della prospettiva geometrica, erano molto richieste. E per incarico dell’imperatore istruì anche alcuni allievi cinesi: per loro tradusse il celebre trattato di Andrea Pozzo sulla prospettiva. Ma, proprio come sottolineava papa Francesco nell’intervista ad “Asia Times”, seppe lui stesso lasciarsi cambiare dall’ambiente in cui viveva: «Cominciò gradualmente a dipingere “alla cinese” – racconta la professoressa Isabella Doniselli Eramo, sinologa, consulente della biblioteca del Pime –: fiori e uccelli, ritratti imperiali, scene di vita di corte, cerimonie e cacce imperiali, battaglie, cani, cavalli… Ma senza mai perdere il contatto con le sue radici italiane». «Con grande decisione – continua Isabella Doniselli Eramo – ha speso la vita nello sforzo di mettere in comunicazione tra loro due universi artistico-culturali apparentemente lontani e inconciliabili e ha messo il proprio pennello e la propria abilità al servizio del dialogo tra le culture. Realizzando una felice sintesi prima di tutto in se stesso e poi nella sua arte».  Questa sintesi ha lasciato il segno in Cina: alla corte Castiglione visse sempre con uno stile molto umile, in una condizione che era più quella del servo che dell’artista. Solo alla sua morte – nella lapide tombale ancora oggi visibile nel cimitero di Zhalan a Pechino – l’imperatore gli attribuì il titolo di vice ministro. Il suo stile missionario del tutto particolare, però, gli permise di mantenere una presenza cristiana a corte anche nel periodo più drammatico della controversia sui riti cinesi, quando tutti gli altri missionari vennero banditi dall’impero. Contribuì personalmente a far attenuare alcune condanne nei loro confronti, proprio grazie a quanto seminato attraverso il suo dialogo nell’arte, che si dimostrò prezioso per mantenere aperto un canale di comunicazione anche nel momento della massima chiusura.  Ancora oggi a Pechino Giuseppe Castiglione non è affatto dimenticato: la sua opera è tuttora citata nei libri cinesi di storia dell’arte e nel 2005 a lui è stata dedicata la serie televisiva Artista di Palazzo. Un documentario intitolato Giuseppe Castiglione in Cina. Pittore imperiale, umile servo – prodotto dalla tv cinese e dalla casa di produzione cinematografica dei gesuiti di Taiwan – è stato visto da oltre 360 milioni di telespettatori. E durante gli incontri al Pime verrà proposta anche al pubblico italiano.
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