Due intellettuali inglesi, residenti in una città, Oxford, che ancor oggi è sinonimo di
elité intellettuale. Ma Stratford e sua moglie Léonie Caldecott trasmettono anzitutto il senso di grazia che la fede cristiana, scoperta come dono e vissuta in libertà e non come una rivendicazione, può ancora offrire al mondo contemporaneo.
In che modo è avvenuto il vostro approdo al cristianesimo?Stratford Caldecott: «Come molte persone della mia generazione, non sono stato battezzato da bambino né tanto meno educato cristianamente. Ma fin da adolescente ho iniziato a cercare un senso spirituale nella mia vita. Ho indagato diverse religioni per cercare la verità. Ho iniziato con la filosofia, ma ho capito che il materialismo non poteva essere vero, dal momento che la sostanza della coscienza non è materiale. Quindi ho cercato la mia strada per un concetto di Dio. Per un certo periodo sono stato un seguace Baha’i, una religione nata in Persia nel XIX secolo e ora diffusa in tutto il mondo. Mi sembrava un credo ragionevole; i seguaci di Baha’i erano persone così buone! Ma anche questa confessione religiosa mi è sembrata troppo limitata. Quindi ho iniziato ad interessarmi di buddhismo zen e in seguito di sufismo islamico. Per un certo tempo ho anche studiato le tecniche di meditazione del buddihsmo tibetano sotto la guida di un maestro che abitava a Milano, Namkhai Norbu Rinpoche. Ma alla fine ho compreso che quello che stavo cercando nel buddhismo, ovvero un senso spirituale al mio esistere, poteva essere trovato nel cristianesimo».
Léonie Caldecott: «Sono cresciuta in parte sotto l’influenza del cattolicesimo e in parte dell’anglicanesimo evangelico, ma ho rigettato il cristianesimo già intorno ai vent’anni, un periodo emotivamente molto difficile della mia vita. Non ero riuscita a trovare nessuna figura significativa nella Chiesa. Forse le cose sarebbero andate a finire diversamente se avessi potuto incrociare alcuni dei sacerdoti che ho il privilegio di conoscere ora. Alla fine ho fatto il mio ingresso nella Chiesa dopo mio marito Stratford, proprio quando non potevo più negare il valore di guarigione dell’Eucaristia, e da ciò il bisogno del sacramento della Riconciliazione, e quindi della preghiera, in particolare dell’adorazione. Ho sempre avuto bisogno di riferimenti concreti, di un
focus reale sull’incarnazione di Dio nel mondo».
Signor Caldecott, dopo il suo peregrinare religioso lei è approdato al cristianesimo. Quale aspetto l’ha convinto che si trattava della religione vera?Stratford: «È difficile da dire, perché non c’è stato un aspetto singolo che mi convinto quanto invece la pienezza e l’unità della Rivelazione. Ciascuna parte del cristianesimo appartiene a ogni altra parte. Io non penso che un sistema semplicemente umano di idee possa essere così unitario. Forse può sembrare strano, dal momento che i cristiani sono molto disuniti e riscontriamo numerose scuole di pensiero diverse tra i cristiani stessi. Ma sotto e anche oltre questa disunità esiste un centro molto chiaro che li tiene tutti uniti. Questo centro, naturalmente, è Cristo stesso. La verità nella quale noi crediamo come cristiani non è un insieme di dottrine ma una Persona».
Vivete ad Oxford, uno dei centri di ricerca intellettuale più significativi al mondo. In che modo il cristianesimo è accolto in questo contesto culturale?Stratford: «Qui il cristianesimo sta diventando un fenomeno che interessa un numero sempre minore di persone. Certamente esistono ancora forti sacche di resistenza all’ondata violenta del laicismo, ma penso che in Europa la corrente sia contraria al cristianesimo, almeno in Inghilterra. La battaglia è quasi persa, cosa che però non vuol dire che la guerra sia finita».
Léonie: «Oxford è un posto interessante e unico. Offre alcune delle personalità più atee al mondo, leader del laicismo come Richard Dawkins o Philip Pullman. La stessa Università è dominata da una mentalità umanistica laicista, ma allo stesso modo vi sono diverse Halls (l’equivalente di piccoli College,
ndr) che appartengono a ordini religiosi come i domenicani, i benedettini, i gesuiti. Vi è una cappellania cattolica molto attiva. L’oratorio di San Filippo Neri attira molte persone grazie alle sue bellissime liturgie. L’influenza degli Inklings (C.S. Lewis, J.R.R. Tolkien, Charles Williams e altri) è ancora molto forte. Comunque l’Università di Oxford, come centro intellettuale leader in Inghilterra e anche in Europa, è, nella sua dimensione laicista, sostenitrice esattamente di quella forza propulsiva culturale che gli Inklings avevano contrastato».
Rispetto al passato, anche agli autori sopra citati, non vediamo più una tradizione di scrittori cristiani. Péguy, Claudel, Bernanos in Francia, Chesterton, Lewis, Tolkien in Inghilterra, de Unamuno in Spagna, Guareschi in Italia, O’Connor negli Usa … sembrano senza eredi. Perché questo silenzio di una letteratura cristianamente ispirata?Stratford: «Lei ha ragione. Questo è un fatto triste. Penso che il vento abbia spirato sulla vela del movimento della letteratura cattolica durante la seconda guerra mondiale. Ma con gli anni Settanta tutto questo è praticamente finito. Mi sono domandato molte volte il perché di tutto questo. Non biasimo il Concilio Vaticano II, ma la cultura che ha prodotto quei grandi scrittori cattolici, uomini e donne, è morta».
Léonie: «Ho avuto modo di leggere ed apprezzare gli autori del revival cattolico francese come Claudel quando frequentavo il liceo francese a Londra, e Bernanos e Péguy quando ero a Oxford. Il mio tutor di filosofia mi disse che ero una filosofa scadente ma una buona scrittrice, e così ho voluto diventare una narratrice che unisse le idee filosofiche e religiose grazie alla bellezza. Sto ancora lavorando per questo scopo, è un processo lento, precisamente perché ho capito che non ho un contesto culturale favorevole fra i miei contemporanei, visto che l’afflato di fede è praticamente silenziato dal clima letterario attuale, almeno qui da noi in Inghilterra. Certamente gli scrittori cattolici di fine Novecento tendono ad essere più scettici e
underground sulla loro fede rispetto a quanto facevano i loro antecedenti nell’Ottocento e all’inizio del XIX secolo. Riscontro però spunti di speranza su questo: ad esempio, vediamo che alcune voci stanno emergendo negli Stati Uniti. Ogni estate a Oxford teniamo una Summer School in cui analizziamo la storia della letteratura cattolica in Inghilterra dopo la Riforma e sembra che gli americani siano molto interessati a questo. Forse un nuovo revival di letteratura cristiana di lingua inglese arriverà da Oltreoceano…».
Il futuro dell’Europa sarà all’insegna della sparizione del cristianesimo?Lèonie: «Non vi sono immediati segnali di una rinascita cristiana quanto invece alcuni segni del fatto che i cristiani potrebbero iniziare a subire delle persecuzioni per i loro convincimenti religiosi. Ma comunque nulla eliminerà il cristianesimo. E se i cristiani verranno perseguitati, questo causerà una sua rinascita. Potrebbe succedere quello che Chesterton chiamava “un ritorno alla religione”, perché una società basata unicamente sul materialismo non può sopravvivere a lungo. Penso che altre persone, come accadde a me, verranno educate senza nessun riferimento religioso e inizieranno a capire che nelle loro vite manca qualcosa, una fonte di senso. La cercheranno e così diventeranno aperti al dono della fede. E Dio li prenderà per mano».
Oxford, la città dove voi abitate e lavorate, richiama John Henry Newman. In che modo il pensiero di questo beato risulta fecondo oggi?Léonie: «La vita del cardinal Newman ripercorre la grande traiettoria di fede nel contesto di quella cultura sorta dalla Rivoluzione industriale e che ha sofferto il peggio delle conseguenze di quel fenomeno storico, il quale ha portato la spinta della secolarizzazione nell’era moderna. Tutto questo rende Newman incredibilmente significativo. Quel che è notevole in lui, sopratutto, è il fatto che il suo “viaggio spirituale” è durato quasi un intero secolo ed è risultato veramente difficile. Fu incompreso, e parecchio, dagli stessi membri delle Chiese cui appartenne, sia quella anglicana che quella cattolica. Questo è un dato importante perché sono state queste prove che lo hanno reso santo e che lo hanno costretto a dare costantemente una comunicazione espressiva della propria fede».
Stratford: «Newman ha lottato contro il sorgere del laicismo, che egli chiama “il liberalismo nella religione”. Ha risposto al laicismo e al relativismo ad un livello intellettuale e spirituale. In Inghilterra oggi non si trovano molte persone che hanno la pazienza o l’interesse di leggere i lavori di Newman. Ma quelli che lo fanno traggono molto conforto ed ispirazione da lui».