Lele Adani - Ansa
Se parliamo di numeri, allora la Rai è la terza forza trionfante del Mondiale, con il Qatar organizzatore e l’Argentina campione del mondo sul campo. L’edizione in esclusiva Rai ha prodotto record di ascolti e un finale con il botto: Argentina- Francia ha toccato il 68,6% di share, staccando di oltre un milione di telespettatori la finale del 2018 trasmessa da Mediaset.
Sono stati quasi 13 milioni gli italiani orfani degli Azzurri a sintonizzati per la finalissima e durante la lotteria dei rigori hanno raggiunto la quota record di 16 milioni 101 mila spettatori, share del 74,3%. Cifre che confermano il teorema di Giorgio Gaber, viviamo in un tempo in cui «la qualità non è richiesta».
E mentre in campo, parossisticamente, si valuta un calciatore e la sua squadra solo in termini di “qualità”, tutto ciò che ruota intorno all’universo calcistico, informazione in primis, a noi sembra giunto ai minimi storici. Quattro settimane da dimenticare, quelle delle telecronache marziane e delle dirette esclusive della Rai. Ringraziamo tutta la squadra cammellata, per una volta necessariamente, data la trasferta nell’arido deserto di Doha, perché ha allargato il nostro orizzonte nostalgico e ci ha fatto rimpiangere una volta di più quella Rai elegante, signorile e tradizionalmente al servizio del pubblico. L’autorefenzialismo anche del più piccolo o del più slanciato dei microfonati attuali è stato “impressionante”, come direbbe il Nicola Ventola nella magistrale parodia che ne fanno gli Autogol.
Ecco, se la Rai vuole davvero sperimentare nuove vie e accalappiare di gusto il pubblico dei “ggiovani” (categoria che ormai si estenda dai fedelissimi di Rai Gulp fino alla platea social del Festival di Sanremo) non si affidi ancora ai vecchi carovanieri, agli improvvisatori e gli inquinatori dell’etere, ma scommetta con coraggio su giovani talentuosi, come gli Autogol. Si punti sul serio sull’ironia e su chi ha la capacità di divertire, anche quando si scivola nella sostenibile leggerezza del calciolinguaggio.
Ringraziamo, ma non per la sostenibile leggerezza, Lele Adani: grazie a nome di tutto il Paese reale per averci fatto scoprire e poi comprendere che Leo Messi è il più forte calciatore del mondo (insieme a Mbappè, che per Adani magari è uno yogurt francese). Lele, il messiologo, tratta la materia calcistica così come il teologo si occupa della storia delle religioni. Un profeta della chiesa argentina postmaradoniana che ha annunciato in diretta, con a fianco immaginiamo uno sbigottito e ormai esausto Stefano Bizzotto (ultimo reduce della buona vecchia scuola Rai) che Eupalla Diego Armando avrebbe a suo tempo profetizzato: «Apparirà un uomo che prenderà il mio posto: Lionel Andres Messi Cucittini. Che vede ciò che gli altri nemmeno immaginano».
Per celebrare degnamente il mistero glorioso della 100ª partita del deus Messi con la maglia dell’Albiceleste, al gol del suo idolo in un momento di misticismo Adani ha proclamato, blasfemo: «Eccolo qui, eccolo qui. 1000 e 1 mas, 1000 e 1 mas, trasforma l’acqua in vino da quella posizione», e ancora: «Aprite il cuore e ringraziate che Messi sta giocando ancora per tutti quanti». A questo punto ringraziamo anche quel dirigente Rai di buon cuore, che almeno per il gran finale di Argentina-Francia ci ha risparmiati i 120 minuti, più recupero e rigori, di commento adaniano. Il Lele delirante con grande fairplay ha accettato la scelta tecnica del mister mascherato Rai, con uno sportivissimo «non si protesta se si va in panchina». Ma un attimo dopo ha fatto notare il successo personale tributatogli dal «pubblico generalista che è appassionato di calcio. Legga i messaggi che ricevo. Decine al giorno. Mi scrivono per ringraziare, commentare, chiedere aiuto…».
Aiuto lo chiediamo noi da casa. Possiamo anche chiudere un occhio sul “circoletto dei Mondiali“, il talk serale che ha opacizzato i momenti di gloria olimpica di Yuri Chechi e Sara Simeoni, ma in futuro la Rai ci eviti almeno il commento del paraguru della Bobo Tv. La band dei quattro amici al bar sport, composta appunto dal teleintronante Adani, dall’orso Bobo Vieri, da mister chapeau FantAntonio Cassano e l’impressionato impressionante Nicola Ventola. Questa versione aggiornata dei Brutos (con Ventola che prende sempre gli schiaffi “dialettici”, anzi in dialetto barese da Cassano) mamma Rai è stata capace di promuoverla dalla Rete Internet (distribuito su Twitch e Youtube) alla Rete ammiraglia.
Promozioni sul campo, certo, frutto del duro lavoro di aggiornamento dei like e degli instagram con rilancio in tutte le piattaforme dove ogni istante si riversano milioni di idiozie e ogni giorno nascono nuove parrocchie pallonare, da cui si odono cose che fanno davvero male al calcio. In uno scenario del genere, come si fa a non essere nostalgici e ad invocare di ridarci indietro Nando Martellini, Bruno Pizzul, Beppe Viola, “Bisteccone” Galeazzi, Gianni Minà, il primo Fabio Fazio di “Quelli che… il calcio”. Ci accontentiamo anche di un Caccamo-Teocoli o della mitica Gialappa’s Band che ci faccia tornare a sorridere di quello che è semplicemente un gioco e non una farsa, con tanto di tassa a carico del telespettatore.