«Non sono vecchio, sono antico» dice Bud Spencer commentando con un sorriso l’imminente compleanno. Domani, infatti, il «gigante buono» compie 80 anni. Un evento per il quale non sono previsti festeggiamenti particolari ma solo «una bella cena» con la sua numerosa famiglia, formata dalla moglie Maria («Tra pochi mesi saranno 50 anni di matrimonio»), dai tre figli e dai cinque («per ora») nipoti. Un pranzo che suggella anche la fine delle riprese de I delitti del cuoco, la serie tv che lo vede protagonista e che Canale 5 trasmetterà nella prossima primavera. «Interpreto un cuoco, diventato tale dopo essere stato un commissario di polizia» racconta, puntualizzando che «questo personaggio non ha niente a che fare né con Maigret né con Nero Wolfe. Abbiamo voluto fare una commedia giallo-comica perché pensiamo che, in questo periodo, la gente abbia voglia di ridere. È un po’ quello che è accaduto, tanti anni fa, nel cinema quando Terence (Hill, ndr) ed io abbiamo trasformato lo spaghetti western italiano in western comico».
Sedici film che hanno avuto successo in tutto il mondo e un titolo per tutti: Lo chiamavano Trinità. Quello con Terence Hill è stato davvero un sodalizio importante: è vero che avete intenzione di tornare a fare qualcosa insieme?Quel connubio non è più ripetibile, anche fisicamente alla nostra età non avrebbe più senso. Piuttosto, potremmo fare qualcosa di diverso. Un paio di progetti li ho anche già scritti:
Don Chisciotte e Sancho Panza e
Dr. Jekyll e Mr. Hyde, naturalmente entrambi rivisti alla nostra maniera. Ne abbiamo parlato ma quello che abbiamo fatto insieme nel cinema mondiale è stato talmente importante che pensare di tornare insieme oggi non è facile.
Che cosa ha significato il successo nella sua vita?Io distinguo due tipi di successo: quello che ho avuto nello sport (è stato campione di nuoto, ndr) e quello nel cinema. Il primo è mio e non me lo leva nessuno. Il secondo è quello che il pubblico ha deciso di darmi e che mi ha permesso di fare 120 film (ha recitato anche in
Cantando dietro ai paraventi di Ermanno Olmi, ndr), quasi tutti da protagonista.
Dopo quarantadue anni di carriera, non ha voglia di riposarsi un po’?Per carità, guai a riposarsi. Se ti fermi, sei fregato! Da un po’ di tempo sto scrivendo la mia autobiografia, si intitola
Lasciatemi passare, un titolo che la dice lunga sul mio modo di affrontare la vita e sull’ottimismo che, per grazia di Dio, mi ha sempre accompagnato.
Ha citato Dio. Lei è credente?Io credo perché ho bisogno di credere in Dio e nel «dopo» che c’è oltre la vita. La fede, per me, è un dogma. Un valore assoluto. Che fa parte della vita di chiunque, anche di quelli che dicono di non credere.
Prima di avere successo nel cinema, lei ha fatto diversi lavori.Sì, ho fatto l’operaio, il bibliotecario e il segretario di ambasciata. Sono stato campione di nuoto e persino autore di canzoni per artisti come Ornella Vanoni e Nico Fidenco.
Si ritiene soddisfatto di ciò che ha avuto nei suoi primi ottant’anni?Io non sono mai soddisfatto, guardo sempre avanti. Però posso dire che, tornando indietro, rifarei esattamente tutto quello che ho fatto. Tranne, forse, fumare perché il fumo ha limitato il mio successo nello sport.
Perché Carlo Pedersoli è diventato Bud Spencer?Se vuole sapere perché ho fatto l’attore, devo dirle che tutto è iniziato assolutamente per caso, grazie al mio aspetto fisico. Se, invece, vuole sapere perché ho scelto questo nome, è facile: Spencer perché adoravo Spencer Tracy e Bud perché bevevo la birra Budweiser.