Quando il governo statunitense immagina il futuro globale una cospicua parte è data al termine BRIC. Il concetto fu creato nel 2001 quando i ricercatori della banca d’affari Goldman Sachs di New York identificarono quattro potenze emergenti di spessore - Brasile, Russia, India e Cina. Nel 2050, secondo gli esperti, i paesi del BRIC sfideranno gli Stati Uniti per la supremazia economica mondiale. Gli enti di governo americano hanno preso molto sul serio questa previsione. Recentemente Hillary Clinton ha incluso le quattro «maggiori potenze globali emergenti» tra i partner importanti di qualsiasi tentativo futuro di risolvere i problemi mondiali. La teoria del BRIC ha implicazioni politiche, strategiche e militari ma mette anche in primo piano domande che interessano il futuro religioso del mondo. Il BRIC sarà lo scenario per profondi dibattiti sulla fede e sulla sua pratica - la coesistenza e la rivalità fra fedi differenti; il rapporto effettivo di religione e potere dello stato; e plausibilmente l’uso della retorica religiosa per giustificare un’espansione imperialistica. Il Brasile e la Russia sono profondamente radicati nell’eredità cristiana. Il Brasile ha una delle popolazioni cristiane più grandi del mondo e il Paese ha una fiorente tradizione di partiti ed ideologie che si basano sulla confessione religiosa. Dare un giudizio sulla forza del cristianesimo russo è una questione spinosa perché la stima dei credenti ortodossi si aggira su una media compresa tra il 20 e l’80 per cento della popolazione, cioè fra i 30 e i 120 milioni di fedeli. Certamente le cifre più basse dovrebbero essere le più attendibili per quanto riguarda i membri impegnati nella Chiesa o i partecipanti ad essa ma neppure 70 anni di secolarismo omicida sono riusciti a eliminare il nucleo profondo della fede cristiana nella popolazione russa. Dalla caduta del comunismo la nazione ha visto un emozionante risveglio del monachesimo e alcuni dei più antichi ed importanti edifici cristiani sono stati restaurati. E, come in Brasile, la Chiesa che è ufficialmente riconosciuta da tempo affronta lo sconvolgimento di una competizione mossale da parte delle nuove credenze, che includono i protestanti carismatici e le nuove sette. Per fronteggiare questi sviluppi la Chiesa ortodossa russa ha cercato l’aiuto dello stato russo sempre più autoritario che è troppo felice di invocare la religione per giustificare il potere dello stato. Il grande secolo della politica di Stato e Chiesa - la Santa Russia - può non essere interamente finito. Problemi molto diversi sorgono in India e Cina, nessuna delle quali pare acquisire una maggioranza cristiana nel futuro prevedibile. Ma entrambe le regioni hanno al loro interno una componente cristiana sostanziale. In Cina ci sono tra i 60 e i 100 milioni di cristiani - più di qualsiasi Paese europeo - e la maggior parte degli osservatori prevedono una crescita costante per gli anni a venire. E mentre nessuno dubita che l’India rimarrà a stragrande maggioranza hindu, nel Paese vivono probabilmente 40 milioni di cristiani. In entrambi i Paesi i cristiani sono influenti con una forte rappresentanza nei settori in espansione dell’economia. In entrambi il cristianesimo è associato al progresso sociale e individuale - in termini di alfabetizzazione, istruzione e mobilità sociale. Tanto in India quanto in Cina i cristiani devono vivere in modi che da molti secoli sono differenti dalla vita in Occidente. Sono piccole minoranze, che vivono all’interno di una popolazione molto più vasta che rispetta dottrine religiose e politiche parecchio diverse, e che deve negoziare le condizioni della coesistenza giorno per giorno. Sebbene né la persecuzione né la violenza siano comuni o inevitabili tali minacce possono intervenire in base alla più piccola provocazione. Mentre gli Stati esercitano normalmente la tolleranza, questa non può essere garantita. Nonostante gli Stati asiatici del BRIC non abbiano intenzione di «farsi cristiani», per lo meno non nelle attuali generazioni, le religioni potrebbero giocare un ruolo politico chiave. Per quanto siano diverse le loro storie religiose, la Russia e la Cina condividono delle prospettive politiche comuni e imperialistiche. Entrambi gli stati aspirano ad avere il controllo di una vasta sfera d’influenza oltre i confini nazionali e, in entrambi i casi, possono giustificare tale misura rivendicano la protezione dei loro «connazionali». Molti russi non hanno mai accettato la perdita delle ex repubbliche sovietiche nell’Asia centrale (il cui nome finisce in -stan, come Kurdi-stan, Uzbeki-stan, eccetera) - dove milioni di europei di tradizione cristiana ora vivono come minoranze tra popolazioni per la maggior parte musulmane. L’attuale governo russo è già stato accusato di voler restaurare la vecchia Unione Sovietica. Non è difficile immaginare un regime che in futuro espanderà il suo potere nell’Asia centrale giustificando questo come protezione delle popolazioni cristiane. Anche la Cina potrebbe aspettarsi una versione simile di politica religiosa. Decine di milioni di cinesi etnici vivono attorno alla linea del Pacifico, dove molti sono entusiasticamente cristiani. Questa presenza etnico-religiosa crea tensioni con le società in prevalenza musulmane in Paesi come l’Indonesia e la Malaysia, in cui è scoppiata la violenza popolare. È possibile che in futuro il governo cinese adduca la necessità di proteggere i cinesi cristiani all’estero per giustificare così un’espansione militare nel Sudest asiatico? Qualunque cosa riserbi il futuro politico, le ideologie religiose incideranno molto in un mondo dominato dal BRIC.