L'interno del Teatro alla Scala di Milano, che ha presentato la nuova stagione
Il 7 dicembre il Teatro alla Scala inaugura la nuova stagione con un’opera russa, con il Boris Godunov di Modest Musorgskij: sul podio Riccardo Chailly (la versione sul leggio sarà quella originale del 1869, senza l’atto polacco e senza il falso Dmitri, che si chiude con la morte dello zar), regia di Kasper Holten, protagonista Ildar Abdrazakov. «E ci auguriamo che sia un Sant’Ambrogio che celebri la pace ritrovata, sarebbe bellissimo poterlo fare con un’opera russa» auspica il sindaco di Milano, e presidente del consiglio di amministrazione del Piermarini, Beppe Sala, presentando la stagione di opera e balletto 2022/2023. L’indomani dell’attacco di Mosca a Kiev, il 24 febbraio, era stato lui, insieme al sovrintendente Dominique Meyer, a chiedere a Valery Gergiev, impegnato sul podio scaligero con Pikovaja Dama di Petr Il’Ic Cajkovskij, una presa di distanza da Vladimir Putin e dall’attacco all’Ucraina.
Dichiarazione che, però, non era arrivata da parte del direttore d’orchestra russo, molto vicino al presidente Putin. «Gergiev lo abbiamo considerato come un politico, una sorta di ministro della cultura russo. E gli abbiamo chiesto una dichiarazione a favore della pace. Non mi è piaciuto, ma ho dovuto farlo. Da allora non ci siamo più sentiti» spiega oggi Meyer, dicendosi fermamente contrario a chiedere una dichiarazione analoga a tutti gli altri artisti russi (e non sono pochi) presenti nel cartellone della prossima stagione. A iniziare dal protagonista del Boris, il basso di Ufa Ildar Abrazkov. «Come puoi chiedere ad un cittadino russo, che ha la famiglia in patria, di schierarsi contro il governo del suo paese? Non sono per la caccia alle streghe, per la cancellazione dei titoli russi. E non mi nascondo se leggo Puskin» dice secco Meyer – proprio a Puskin si ispira il libretto del Boris.
Gli fa eco il direttore musicale scaligero Chailly. «Penso a Boris da almeno tre anni, lo abbiamo programmato per la prossima inaugurazione in tempi non sospetti. Ma annunciarlo oggi è un segnale forte per ridare il giusto valore artistico alla musica russa. È necessario dare le responsabilità a chi le ha, ma l’arte deve restare indipendente e libera» racconta il musicista che sarà sul podio per il suo nono Sant’Ambrogio. Il 7 dicembre (come da tradizione Anteprima giovani il 4 e Prima in diretta su Rai1, motivo per cui l’opera non si ascolterà tutta d’un fiato – due ore scarse di musica – ma con un intervallo a separare le quattro parti) Boris apre una stagione con quattordici titoli d’opera, sette serate di balletto, concerti sinfonici, recital di canto, musica da camera, spettacoli per i più piccoli (compresa una nuovissima opera, Il piccolo principe, commissionata dalla Scala a Pierangelo Valtinoni).
Nove nuove produzioni oltre al Boris inaugurale che accanto ad Abdrazakov vedrà in scena Lilly Jorstad, Anna Denisova, Ain Anger, Misha Didyk, Andrii Goniukov. Scene di Es Devlin, costumi di Ida Marie Ellekilde, luci di Jonas Bogh, video di Luke Halls. Regia di Kasper Holten, già ai vertici del Covent Garden di Londra, «spettacolare, innovativa, ma con un grande rispetto della storia di Boris» anticipa Chailly che va con la mente al 1979 «quando Claudio Abbado scelse Boris per aprire la stagione scaligera. Ebbi modo di seguire la preparazione dello spettacolo, allora non c’era l’edizione critica, ma Claudio già si concentrava sulla vicinanza al testo originario, quello a cui siamo arrivato con l’edizione critica del 1996. Il Boris del 1869 ci consegna il cuore drammaturgico di una capolavoro assoluto. Ho voluto questa versione e ne ho parlato con Ildar Abdrazakov» racconta Chailly che «nel 1984 e nel 1986 ho diretto in concerto la scena della morte dello zar, con Boris Christoff, il massimo interprete del personaggio insieme a Fedor Saljapin. Christoff mi ha trasmesso il senso del recitar cantando di Musorgskij, la profondità della lingua russa e il significato tragico di quest’opera» dice ancora il direttore milanese.
Dal 28 gennaio 2023 I vespri siciliani di Giuseppe Verdi diretti da Fabio Luisi con il nuovo allestimento di Hugo De Ana che firma regia, scene e costumi. Edizione italiana dell’opera (se ne parlava, in versione francese, come possibile titolo inaugurale del 2020, ma non se ne fece nulla) che manca alla Scala dal 7 dicembre 1989 – «e ci auguriamo che questa volta vada meglio» dice Meyer ricordano le contestazioni piovute alla Prima dal loggione – con Marina Rebeka e Angela Meade (che debutta al Piermarini) che si alternano nei panni di Elena, Piero Pretti è Arrigo, Luca Micheletti Guido di Monforte e Dmitry Beloselskiy Giovanni da Procida.Les contes d'Hoffman di Jacques Hoffenbach diretti dal 15 marzo da Frederic Chaslin «sono il terreno ideale per l’immaginario del regista Davide Livermore» dice Meyer. Nuovo allestimento con le scene di Giò Forma, i costumi di Gianluca Falaschi e i video di D-Wok con Federica Guida (Olympia), Eleonora Buratto (Antonia) e Francesca Di Sauro (Giulietta), Vittorio Grigolo (Hoffmann), Ildar Abdrazakov, Marina Viotti e Alfonso Antoniozzi.
Ancora barocco dopo La Calisto di Francesco Cavalli: dal 4 aprile tocca all’opera napoletana di Leonardo Leo Li zite ‘ngalera diretta da Andrea Marcon con la regia di Leo Muscato (scene di Federica Parolini e costumi di Silvia Aymonino). Un’opera comica con Francesca Aspromonte, Cecilia Molinari, Raffaele Pe (il controtenore è alla sua prima scaligera), Marco Filippo Romano e Filippo Mineccia.Ruslaka di Antonin Dvorak diretta dal musicista céco Tomas Hanus vede il ritorno alla Scala della regista Emma Dante. Il 6 giugno arriva per la prima volta alla Scala, dove non era mai stato rappresentato, il capolavoro operistico di Dvorak, una favola inquieta in musica scritta nel 1900 che a Milano avrà le scene di Carmine Maringola, i costumi di Vanessa Sannino e la coreografia di Sandro Maria Campagna. Olga Bezsmertna è Rusalka, Dmitry Korrchak il Principe, Okka von der Damerau Jezibaba e Elena Guseva la Principessa straniera.
In ottobre, dal 18, nuovo allestimento del Peter Grimes di Benjiamin Britten diretto dall’australiana Simone Young, che per la prima volta sale sul podio del Piermarini. Regia di Robert Carsen, drammaturgia di Ian Burton, cene e costumi di Gideon Davey. Brandon Jovanovic è Peter Grimes, Nicole Car è Ellen. L'amore dei tre re di Italo Montemezzi andò in scena la prima volta nel 1913 proprio alla Scala. Dal 28 ottobre torna a Milano con Michele Mariotti sul podio e in regia Alex Ollé de La fura dels Baus (scene di Alfons Flores, costumi di Lluc Castells). La storia, ambientata nel Medioevo delle invasioni dei barbari con il libretto di Sem Benelli, vede in scena Chiara Isotton (Fiora), Giorgio Berrugi (Avito), Roberto Frontali (Manfredo), Gunther Groissbock (Archibaldo) e Giorgio Misseri (Flaminio).
Un nuovo allestimento può essere considerato anche Salome di Richard Strauss diretta dal 14 gennaio 2023 da Zubin Mehta con la regia di Damiano Michieletto, che doveva andare in scena l’8 marzo 2020, ma, bloccata dalla pandemia, venne trasmessa in tv a febbraio 2021. Vida Mikneviciute è Salome, Linda Watson Herodias, Michael Volle Jochanan, Wolfgang Ablingen-Sperrhacke Herodes e Lioba Braun il paggio, che nella lettura di Michieletto diventa la nutrice anziana di Salome che vede compiersi la tragedia.
Nuova anche Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti, quasi pronta per debuttare il 7 dicembre 2020, ma, per via di focolai di Covid tra gli artisti, sostituita dal gala tv A riveder le stelle: stessa squadra con la regia, le scene e i costumi di Yannis Kokkos, la bacchetta di Chailly che dal 13 aprile proporrà «l’edizione critica del 2003, con note inedite, la tessitura originaria molto più impervia, nessuna cadenza con il flauto, ma con l’armonica a bicchieri come scritto in partitura da Donizetti». Cantano Lisette Oropesa (Lucia), Juan Diego Florez (Edgardo), Boris Pinkhasovic (Enrico) Ildebrando D’Arcangelo (Raimondo) che torna finalmente a Milano e Leonardo Cortellazzi (Arturo).
Tornano poi due spettacoli che hanno inaugurato di recente le stagioni scaligere. Dal 3 maggio Andrea Chenier di Umberto Giordano con la regia di Mario Martone, le scene di Margherita Palli e i costumi di Ursula Patzak. Sul podio Marco Armiliato «un interprete spesso sottostimato in Italia, ma che ha diretto oltre 500 recite al Metropolitan di New York ed è di casa nei maggiori teatri da Vienna a Londra» spiega Meyer. Due gli Chenier, Yusif Eyvazov e Jonas Kaufmann. E due i Gerard, Ambrogio Maestri e Amartuvshin Enkhbat. Maddalena è Sonya Yoncheva.
E ancora Macbeth di Giuseppe con la regia di Livermore, visto lo scorso 7 dicembre «perché abbiamo pensato di riproporre la stagione successiva il titolo inaugurale di quella precedente» dice il sovrintendente. Dal 17 giugno lo dirigerà Giampaolo Bisanti. In scena Luca Salsi e Amartuvshin Enkhbat come Macbeth, Ekaterina Semenchuk e Anna Netrebko come Lady, Fabio Sartori e Giorgio Berrugi come Macduff, Jongmin Park come Banco.
Due classici. La Bohème di Giacomo Puccini con la regia del 1963 di Franco Zeffirelli: dal 4 marzo la dirige la sudcoreana e direttrice musicale della San Francisco Opera Eun Suun Kim, cantano Freddie De Tommaso (Rodolfo), Marina Rebeka e Irina Lungu (Mimì), Luca Micheletti (Marcello), Alessio Arduini (Schunard) e Mariam Battistelli «una giovane e promettente cantante, nata in Africa e adottata da una famiglia italiana quando aveva due anni» rivela Meyer. Poi dal 30 settembre Le nozze di Figaro di Wolfgang Amadeus Mozart firmate da Giorgio Strehler. Sul podio Andrés-Orozco Estrada, Luca Micheletti è Figaro, Ildebrando D’Arcangelo il Conte d’Almaviva, Olga Bezsmertna la Contessa, Benedetta Torre Susanna.
E per il progetto Accademia dal 4 settembre torna la regia pensata lo scorso anno da Leo Muscato per Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini affidato ai solisti dell’Accademia guidati dalla bacchetta di Evelino Pidò. «Una stagione ricca, incentrata sul repertorio italiano: ma se i titoli italiani non li fa la Scala – riflette il sovrintendente Meyer – chi li deve fare? Certo, le recite d’opera sono novanta, meno del pre-pandemia, perché siamo ancora convalescenti e non è ancora ora di tornare al numero di recite di prima del Covid. Dopo la pandemia il timore che il pubblico facesse fatica a tornare alla Scala c’era» confessa il sovrintendente Meyer. Invece il pubblico è tornato. «Prima i milanesi, perché la Scala è un teatro che parla milanese. Poi gli stranieri, che non definirei turisti, ma viaggiatori culturali che vengono a Milano per l’opera e i musei».
Per loro formule di abbonamento ad hoc nel fine settimana in collaborazione con i musei cittadini dal Cenacolo a Brera al Duomo. «In questa stagione – dice ancora Meyer – l’accorpamento del pubblico ha funzionato: concentrare gli spettatori ci ha permesso di contenere le spese e ci ha consentito di passare da un tasso di riempimento della sala del 70% di prima della pandemia all’attuale 85%.
Le recite di balletto, invece saranno sessanta, perché il pubblico della danza è sempre numeroso». Sette appuntamenti. Li illustra il direttore del Corpo di ballo Manuel Legris. Sette programmi con tredici titoli perché alcune serate offrono più coreografie. Un cartellone tra classico e contemporaneo che propone Lo schiaccianoci (dal 17 dicembre) e Il lago dei cigni (dal 15 settembre) di Petr Il’Ic Cajkovskij nella versione di Rudolf Nureyev. Schiaccianoci nel classico allestimento di Nicholas Georgiadis, Lago in quello di Ezio Frigerio, occasione per ricordare lo scenografo recentemente scomparso. Dal 3 febbraio una serata con le creazioni di David Dawson, Nacho Duato, Philippe Kratz e Jiri Kylian. Dal 28 febbraio Legris porta la sua versione de Le corsaire mentre dal 10 maggio spazio a una serata con i lavori di Willim Forsythe, Blake works V creato appositamente per gli scaligeri. Il 24 giugno torna il Romeo e Giulietta di Kenneth MacMillan. Il 5 novembre una serata dedicata a Nijinsky con le coreografie di John Neumeier: Petruska, L’apres midi d’un faune e Le pavillon d’Armide.
«E poi il 7 giugno il Gala Fracci che dovrà diventare una tradizione» spiega il direttore del Corpo di Ballo Legris. Svetlana Zachkarova sarà ancora in scena alla Scala? «Nessuna preclusione – interviene Meyer –. Per un po’ lei ha chiesto di fermarsi. Certo, la mia volontà è di valorizzare i nostri ballerini che sono straordinari: la nostra étoile Roberto Bolle, i primi ballerini e Jacopo Tissi che, dopo l’addio al Bolshoi, danzerà con il nostro balletto».
Daniele Gatti apre la stagione sinfonica il 10 novembre con la Terza sinfonia di Gustav Mahler, mentre Chailly il 18 maggio 2023 dirige l’Ottava: manca dal 1970, detta la Sinfonia dei mille per il grande organico che richiede – e al coro della Scala di Alberto Malazzi si unirà quello della Fenice di Venezia. Cast straordinario con Marina Rebeka, Krassimira Stoyanova, Regula Muhlemann, Wiebke Lehmkuhl, Okka von der Damerau, Klaus Florian Vogt, André Schuen e Ain Anger.
«Era il 1970, entrai alla Scala e Seij Ozawa stava provando questa pagina. Da allora non si è più fatta alla Scala. A Milano la si è sentita altre due volte ed ero io sul podio in entrambe le occasioni, nel 1986 al PalaTrussardi con l’Orchestra Rai e nel 2013 a Fiera Milano City con laVerdi» ricorda Riccardo Chailly che il 16 gennaio dirige tutto Cajkovskij (Concerto per violino e Patetica). Il 15 febbraio torna Daniel Harding con le ultime tre Sinfonie di Mozart, Lorenzo Viotti dirige il 6 marzo, Zubin Mehta l’11 ottobre, ma prima, il 22 dicembre 2022 il Concerto di Natale tutto dedicato a Franz Joseph Haydn.
Tornano Antonio Pappano con Santa Cecilia il 19 novembre, John Eliot Gardiner per l’Oratorio di Natale di Johann Sebastian Bach il 3 dicembre, Daniele Gatti il 25 maggio con la Gustav Mahler jugendorchester e Chailly arriva il 20 giugno con i Wiener (per un tutto Strauss che inciderà per Decca). Tra i pianisti Maurizio Pollini, Khatia Buniatishvili, Rudolf Buchbinder, Jan Lisiecki e Igor Levit. Per i recital di canto Renée Fleming, Anna Netrebko, Luca Salsi, Michael Volle.
Dal 15 ottobre quaranta le repliche in programma per Il piccolo principe, opera commissionata dalla Scala a Pierangelo Valtinoni su libretto di Paolo Madron. Dirige Vitali Alekseenok, regia di Polly Graham. «Un libro che, dopo la Bibbia, è il più tradotto nel mondo quello di Saint Exupery. Ci stanno chiedendo l’opera da tutto il mondo» dice Meyer.
Prezzi alti (il 7 dicembre una poltrona costa 2mila e 500 euro, per vedere un opera si va da 250 a 10 euro, per un balletto da 150 a 10), ma invariati. E non manca l’attenzione ai giovani. Perché il pubblico della Scala è giovane. Solo un terzo ha più di 55 anni, rivela il sovrintendente. e allora anche nella stagione 2022/2023 formule agevolate per gli under 30. «Introdurremo – annuncia Meyer – una nuova fascia di prezzi, rivolta a chi ha tra i 31 e i 35 anni: al compimento del trentunesimo anno dovrebbero pagare il prezzo pieno, ma i salari sono gli stessi dell’anno prima». Ecco allora abbonamenti e biglietti a prezzo ridotto, una via di mezzo tra le tariffe under 30 e quelle intere, possibilità di acquistare un palco a metà prezzo, giovedì con tariffe speciali. Confermato anche il Palco in famiglia: due adulti che acquistano il biglietto intero possono portare due bambini a 15 euro.Il sindaco di Milano Beppe Sala vede «un futuro con tanti segni più per il Teatro alla Scala. Cosa che qualche anno fa non intravedevo».
Il progetto di rinnovamento delle strutture con i laboratori in via Rubattino e la palazzina di via Verdi, l’impiego sempre più massiccio delle nuove tecnologie, anche per avvicinare un pubblico nuovo e sempre più ampio, compreso il sistema di streaming per trasmettere opere, balletti e concerti sulle piattaforme digitali, ricorda Sala, presidente del Consiglio di amministrazione del Piermarini. E poi la svolta green impressa dal sovrintendente Dominique Meyer – alla conferenza stampa di presentazione della stagione 2022/2023 pochissima carta, materiale tutto online. «Abbiamo pronto un progetto da 1 milione e 700 mila euro da realizzare con i fondi del Pnrr che ci consentirà di abbattere del 50% le emissioni di Co2. Un ulteriore passo dopo i risparmi sulla carta e sull’intervento che ci ha portato a cambiare tutte le lampadine del Piermarini, sostituendole con led a basso consumo» spiega Meyer annunciando che è stato anche approvato il piano per il rifacimento della facciata del teatro «in alcuni punti davvero ammalorata».
Un intervento che sarà realizzato entro il 2022 e che riporterà l’aspetto dell’edificio all’idea originaria dell’architetto Piermarini. «Cambieremo anche tutti i serramenti per evitare dispersioni di calore» spiega Meyer, preoccupato «per l’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia: quest’anno la nostra bolletta raddoppierà, passando da 2 a 4 milioni di euro».Nonostante questo e «nonostante in due anni di pandemia abbiamo perso tra i 25 e i 28 milioni di euro di ricavi di biglietteria, abbiamo chiuso sempre i bilanci in pareggio». Un merito che gli riconosce anche il sindaco Sala.
«Il sovrintendente Meyer è chiamato dal cda a far quadrare i conti. E ci riesce bene, unendo la qualità artistica che da sempre fa grande la Scala a grandi doti manageriali». Ma i lavoratori sono in stato di agitazione, chiedono più aggiunti nei laboratori per l’aumento delle produzioni da realizzare e hanno preparato una piattaforma in vista del rinnovo del contratto. «La tensione nel momento del confronto è nomale» taglia corto Meyer. «Faremo quello che possiamo: nel cda siede la Corte dei Conti con tre membri e tutto va fatto con cura e serietà» ricorda Sala ricordando come «per un teatro come la Scala il costo del lavoro è preponderante e non possiamo spendere senza controllo».