Il regista danese Bille August ospite d’onore del Busto Arsizio Film Festival dove stasera riceverà il premio “Dino Ceccuzzi Platinum”
È arrivato in Italia come ospite d’onore della XX edizione del Baff - Busto Arsizio Film Festival (dal 2 al 9 aprile) che stasera, durante la cerimonia di apertura, gli consegnerà il premio “Dino Ceccuzzi Platinum” all’eccellenza cinematografica. Ma nei prossimi giorni sarà a Ischia per i sopralluoghi del suo prossimo film tratto dal romanzo Tu, mio di Erri De Luca, pubblicato nel 1998. «Un libro importante per me – aveva detto un anno fa lo scrittore – che mi ha consentito di affrancarmi dal mestiere di operaio. Bille August avrà la sua visione, io sarò solo uno spettatore». Due volte Palma d’oro a Cannes, prima con Pelle alla conquista del mondo (1988), vincitore anche di un premio Oscar, e poi grazie a Con le migliori intenzioni (1992), il 73enne regista danese che abbiamo visto sullo schermo l’ultima volta nel 2018 con Pietro il fortunato, torna dunque dietro la macchina da presa proprio nel nostro paese, che ha visitato spesso.
Bentornato in Italia allora...
In Italia sono venuto tante volte, è vero, e ora sto preparando il film dal romanzo di De Luca, ambientato a Ischia. È stato il produttore a contattarmi e chiedermi se fossi interessato a portare sullo schermo Tu, mio, che non conoscevo. Quando poi l’ho letto me ne sono innamorato. Racconta il primo amore di un ragazzo per una giovane più grande di lui. Mi ha ricordato la prima volta che mi sono innamorato, quel periodo in cui cercavo di capire cosa mi stesse accadendo. Un amore molto speciale nato durante una vacanza estiva. Ho incontrato De Luca diverse volte, un uomo molto interessante, e abbiamo parlato della storia, dei personaggi. Non avevo letto nessuno dei suoi romanzi, ma ora certamente lo farò. Le riprese del film sono fissate tra settembre e ottobre.
Già un anno fa si faceva il nome di Claudia Gerini.
Sul cast stiamo lavorando proprio in questi giorni.
Lei ha spesso tratto film da romanzi. Perché questa scelta?
Mi piacciono le buone storie e tutti i miei film sono basati su personaggi forti perché hanno molto da raccontare sugli esseri umani. Ma se decidi di trasformare un romanzo in una sceneggiatura è importante capire subito che tipo di film vuoi fare ed è necessario essere infedeli al romanzo stesso, allo scopo di rispettarne lo spirito. Il rischio altrimenti è quello di fare letteratura illustrata che sullo schermo non funziona mai. Bisogna capire quale parte della storia si vuole privilegiare e renderla il più cinematografica possibile.
Pelle alla conquista del mondo racconta di un migrante svedese a metà dell’Ottocento. Oggi il tema dei migranti è sempre più rilevante. Se dovesse realizzare un film su di loro, che storia sarebbe?
La verità è che sto proprio scrivendo un film su questo argomento, una storia contemporanea, ma non posso dire ancora molto, sono a metà strada. Sarà il mio prossimo set. Ti aspetti di vivere in un mondo in grado di evitare guerre e conflitti, ma poi ti ritrovi in mezzo a tutto quello che sta accadendo in questi giorni. E se non è la guerra, è la povertà a far soffrire persone che vorrebbero solo vivere in luoghi dove essere rispettati come esseri umani.
In Con le migliori intenzioni ha diretto un film scritto da Ingmar Bergman. Che ricordi ha di quella esperienza?
Ricevetti una telefonata e dall’altra parte una persona mi diceva di essere Ingmar Bergman. Ero sicurissimo che fosse lo scherzo di un mio amico. Mi informò che aveva scritto una storia sui suoi genitori e che voleva offrirmi la regia del film. Al tempo avevo cominciato a trovare il mio stile, sapevo che non avrei mai potuto fare un film alla Bergman, ma la prima cosa che lui mi ha detto quando ci siamo incontrati è stata: «Questo è il tuo film, io sono solo lo sceneggiatore». Ho trascorso due mesi sulla sua isola lavorando con lui tutti i giorni e tra noi è nata una bellissima amicizia. Mi manca ancora moltissimo.
Da quando ha vinto un Oscar a oggi le cose a Hollywood sono molto cambiate, come ha dimostrato anche l’ultima edizione degli Academy Award.
Hollywood è piena di contraddizioni, basti pensare a Will Smith che prima colpisce violentemente un suo collega sul palco e cinque minuti dopo parla d’amore, piange e neppure si asciuga le lacrime. Un vero attore, e questa è Hollywood. C’è qualcosa di quel mondo che davvero non mi piace, per questo ho sempre evitato di frequentarlo, anche quando sono stato invitato a farlo. Hollywood è un’industria che possiede catene di distribuzione da nutrire, realizza film spettacolari e non è interessata ad altri tipi di storie, non è attenta alla firma del regista, diversamente dall’Europa dove la visione degli autori è ancora rispettata.
Il miglior film visto ultimamente?
Quello che rappresentava la Finlandia all’Oscar, Scompartimento n. 6 - In viaggio con il destino, e È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino, un grande film proprio per quella “firma” di cui parlavo prima.
Il Baff omaggia quest’anno Pier Paolo Pasolini e Monica Vitti. Che peso ha avuto il cinema italiano nella sua formazione e carriera?
Una importanza straordinaria per me. I film veramente italiani sanno esser estremamente universali.