«L’ unica cosa che posso fare? Suonare. Perché la musica, ne sono convinto, può aiutare la gente a dialogare e può creare le condizioni perché la violenza cessi». Vladimir Ashkenazy, grande pianista e da qualche anno apprezzato direttore d’orchestra, si dice sconcertato dalle notizie che arrivano dalla sua Russia (la sente tale il musicista nato a Gorkij nel 1937 anche se dal 1972 è cittadino islandese). «La morte della giornalista cecena Natalia Estemirova è sintomo della difficile situazione che oggi sta vivendo tutta l’ex Unione sovietica, provata da troppi anni di regime comunista » . La fiducia nel futuro, comunque, Ashkenazy, che domani sera concluderà la rassegna Incontri in terra di Siena dirigendo l’Orchestra di Padova e del Veneto nella cornice di Villa La Foce a Chianciano, non l’ha persa. «La ripongo – dice – nella musica e nei giovani» .
Non sarebbe meglio, maestro Ashkenazy, affidarsi a politica e diplomazia piuttosto che a ragazzi che suonano Mozart e Beethoven? Suonare insieme è una grande scuola di democrazia. Lo sperimento ogni volta che dirigo la European union youth orchestra, l’Orchestra giovanile europea che ho portato due anni fa proprio al festival toscano. Una formazione dove giovani di diverse nazioni imparano a stare insieme attraverso la musica. Sono sicuro che l’esperienza tra i leggii li potrà aiutare un domani ad abbattere le barriere che ancora ci sono. Certo in Europa il compito, tutto sommato, è facile. Ma il messaggio che lanciamo al pubblico – quest’anno, ci hanno ascoltato più di 4mila persone, molte delle quali giovani – è che quella del dialogo è una via che vale sempre la pena percorrere.
Sarà anche il messaggio che domani lancerà a Chianciano? Con l’Orchestra di Padova e del Veneto e il pianista Pascal Rogé abbiamo scelto la Sinfonia n. 1 di Porkof’ev, Notte trasfigu- rata di Schönberg e una pagina rara e intensa come Alba che Francis Poulenc scrisse in un momento difficile e travagliato della sua esistenza. Una partitura dove dialogano diverse arti dato che è stata scritta per orchestra, pianoforte e tre danzatori: il mito di Diana sarà affidato alle coreografie di mia nuora Alessandra Ashkenazy.
A proposito, anche suo figlio Vovka è pianista, ma lei, ormai, ha dato l’addio alla tastiera. Scoraggiato dall’ondata di pianisti cinesi in arrivo in Occidente? Non direi, non mi spaventano questi giovani colleghi: nella musica c’è posto per tutti, purché abbiano talento. Ho detto addio al pianoforte solo in concerto, ma ogni giorno a casa mi esercito al pianoforte. In pubblico preferisco dirigere, una passione che ho coltivato negli anni e che mi ha visto sul podio più di mille volte. Per ora mi limito a brani sinfonici, ma un giorno mi piacerebbe dedicarmi all’opera: Cajkovskij, Strauss o il vostro Puccini, da proporre, perché no, qui in Italia.
Se l’opera sopravviverà: in questi giorni in molti hanno lanciato l’allarme dopo i tagli al Fus. Ho seguito la vicenda e devo dire che mi lascia fortemente sconcertato: lascia molto amaro in bocca vedere come una nazione dove ovunque si respirano cultura e bellezza abbia così poca considerazione per un patrimonio tanto prezioso.