sabato 4 gennaio 2014
​Sottrazioni in calo, ma l'emergenza resta alta. I più colpiti sono i luoghi di culto.  
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La crisi non ferma i furti d’arte. Nel corso del 2013 gli scavi clandestini scoperti sono stati grosso modo quelli dell’anno precedente (alcune decine); le sottrazioni sono diminuite (891). Mentre è quasi raddoppiato il valore dei beni sequestrati: era di 157 milioni di euro nel 2012. Questo è il prezzo che l’Italia deve pagare per detenere, da sola, quasi la metà del patrimonio mondiale fra bellezze artistiche, naturali e archeologiche. Tuttavia a questo record ne va sommato anche un altro: siamo in assoluto la nazione che subisce più furti d’arte. Ogni anno il Nucleo Tutela Patrimonio Culturale (Tpc) dell’Arma dei Carabinieri recupera centinaia di migliaia di reperti antichi e di opere d’arte. Il giro d’affari dei trafficanti è enorme, intorno ai sei miliardi di euro l’anno. Non meno redditizio rispetto al mercato della droga e delle armi, ma certamente meno rischioso. I luoghi di culto e quelli privati continuano a essere quelli maggiormente colpiti dai furti. Le regioni più interessate al fenomeno sono il Lazio, la Lombardia e la Toscana. Questi dati emergono dalla consultazione della Banca Dati dei beni illecitamente sottratti, che contiene oltre cinque milioni e mezzo di oggetti descritti, più di un milione di oggetti asportati e 567mila immagini memorizzate. Chiese e conventi continuano a essere il bersaglio preferito dai ladri. Nel 2013 quasi la metà dei furti è avvenuta nei luoghi sacri. Tuttavia si è registrato un calo rispetto all’anno precedente. I beni sottratti sono quelli di facile occultamento e trasporto: candelieri, ex voto, pissidi, reliquari e crocifissi. «Questa situazione di difficile tutela – spiega il maggiore Massimiliano Quagliarella, del Comando Carabinieri Tpc – è riconducibile a molteplici fattori. Il delicato rapporto tra conservazione e fruizione dei beni e tra controllo degli ambienti e rispetto della riservatezza dei fedeli. Soprattutto in Italia, l’estrema parcellizzazione degli obiettivi sull’intero territorio nazionale, spesso in aree disabitate e disagevoli da controllare anche attraverso servizi saltuari. In generale, la costante esposizione dei beni alla pubblica fede, trattandosi in gran parte di oggetti di culto e di devozione; l’uso che di molti beni viene fatto durante le liturgie, oggetti che poi non vengono adeguatamente riposti; l’apertura delle chiese, anche in aree con scarse presenze e quando non sono in corso celebrazioni, senza che siano previste forme di vigilanza; l’assenza, in molti casi, anche delle minime predisposizioni di sicurezza nella custodia dei beni culturali più pregevoli e facilmente asportabili, delle misure di protezione fisica dell’edificio, nonché di sistemi di allarme antintrusione». «I beni culturali – continua il maggiore Quagliarella – rappresentano da tempo un settore che garantisce un grosso ritorno economico e che oggi riguarda anche una criminalità di tipo predatorio interessata, a volte, a oggetti di poca rilevanza artistica, ma di rapida commercializzazione. Tuttavia il settore non si sottrae alle mire di “sodalizi organizzati”, motivo per cui il mondo illegale dell’arte è in costante crescita. È però da precisare che con il termine “organizzati” si fa riferimento ai vari passaggi che intercorrono dal momento del furto o dello scavo clandestino sino all’utente finale: grande collezionista, istituzione museale, eccetera. Con attività anche coordinate e con valenze sempre più transazionali, essendo il valore di un’opera d’arte nei mercati internazionali di gran lunga maggiore rispetto a quello attribuito dal mercato interno». Le procedure dei tombaroli sono sempre le stesse da secoli, da quando gli antichi romani hanno cominciato a profanare le tombe etrusche. Di solito, quando si tratta di reperti antichi di secoli, come per esempio un vaso, lo si rompe in più pezzi. Purtroppo ci sono anche scavatori clandestini, dei vandali veri e propri, che frantumano di proposito i capolavori, perché se un museo possiede un pezzo di un vaso è disposto a pagare una fortuna per ricomporlo. Il mercato nero così viene continuamente alimentato e, per chi si occupa di svolgere le indagini per i recuperi, diventa sempre più difficile lavorare. Il nostro patrimonio, quindi, è a rischio. Basterebbe poco per prevenire i furti, anche un semplice manuale. Poco si può, tuttavia, contro terremoti e alluvioni. I carabinieri ci stanno provando: «In Lombardia e in Emilia Romagna, per esempio – racconta il maggiore Quagliarella – abbiamo cooperato con il personale del ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, delle diocesi, dei vigili del fuoco per provvedere alla messa in sicurezza delle opere di particolare valore; abbiamo assistito al trasporto delle opere individuate presso idonei e sicuri luoghi di ricovero; abbiamo predisposto servizi di vigilanza anche con altre forze di polizia. Inoltre siamo impegnati nelle attività di sopralluogo delle aree della Sardegna maggiormente colpite dall’alluvione, al fine di verificare lo stato di integrità dei luoghi preposti alla custodia di beni culturali».
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