In questi giorni è stata diffusa qualche novità sul frammento di papiro conosciuto come “Vangelo della moglie di Gesù”, giunto alla ribalta internazionale dopo un articolo di Karen N. King nel settembre 2012. Si tratta di un testo lacunoso in copto e intitolato in modo improprio sia perché il genitivo oggettivo viene fatto coincidere con un genitivo possessivo, sia perché il frammento non pare derivare da un codice. Nessuna novità sui contenuti: nel testo si legge il nome «Maria» che secondo la King potrebbe riferirsi alla Maddalena (come negli apocrifi
Vangelo di Maria Maddalena e
Vangelo di Tommaso) forse chiamata in causa per la sua dignità di testimone e discepola; poi la parola «madre«, che può essere attribuita allo Spirito (come nel
Vangelo degli Ebrei) o alla storica madre di Gesù. Al rigo 4, all’inizio di una frase attribuita a Gesù, si legge anche «Mia moglie…» (
tahime in copto) e, naturalmente, qui sta l’interesse: secondo la King il testo sarebbe stato redatto nel seno di un gruppo protocristiano che s’interrogava su un Gesù o coniugato in senso spirituale come nel
Vangelo di Filippo o in senso letterale, in discussioni legate al matrimonio, al celibato e alla castità. Le novità di oggi, primavera 2014, riguardano, come riportato dalla «Harvard Theological Review» (vol. 107, n.2), le analisi condotte sul papiro che lo darebbero come autentico sembrando contraddire l’opinione di quanti – coptologi, papirologi, storici – hanno avanzato dubbi sulla sua autenticità, fra cui Hurtado, Davila, Watson e Bernhard. Le analisi scientifiche lo daterebbero, dunque, con margini di dubbio, fra il VI e il IX secolo. Il testo originario, del quale il papiro sarebbe copia, viene collocato congetturalmente dalla King fra il II e il IV secolo. Niente che possa aggiungere alla conoscenza del “Gesù storico”: quelle 14 linee presenti sul frammento (in parte illeggibili) potrebbero servire agli studi sui dibatti riguardanti celibato e matrimonio nelle comunità protocristiane. La King ne è convinta: il frammento farebbe riconsiderare l’importanza dello stato di vita di Gesù in quelle prime controversie cristiane. Tuttavia, fra gli altri, Larry Hurtado si domanda perché considerare il reperto (ammesso sia autentico e lui dubita: ci sono molti modi di falsificare) una “scoperta sensazionale”. Forse la risposta è semplice: ogni anno, verso Pasqua, come spesso s’è notato, si annuncia qualche clamoroso segreto nascosto nelle origini cristiane. A volte il
coup riesce, altre no e in tal caso rimane circoscritto nel dibattito degli specialisti. Questa vicenda potrebbe essere più significativa per lo studioso della religiosità contemporanea che per lo studioso di cristianesimo antico. Di una cosa possiamo star certi: il caso non è chiuso. Se gli elementi materiali che costituiscono il papiro possono essere autentici (così pare per l’inchiostro datato fra VI e IX secolo) il testo presenta fortissime criticità, per una serie di motivi già anticipati da Alberto Camplani sull’«Osservatore romano » a fine settembre 2012 e oggi ripresi, tra gli altri, da Davila, Hurtado e pure, con toni caustici, dal papirologo Leo Depuydt, talmente convinto della falsità del reperto per contenuti e analisi paleografica – troppo simile al
Vangelo di Tommaso - da considerarlo «pronto per uno sketch dei Monthy Python». E dunque che cos’è realmente questo testo, ammesso che sia autentico? Non un vangelo, forse un amuleto o un esercizio di scrittura. Nonostante la questione sia stata di nuovo riaperta, la battaglia di storici e scienziati è appena iniziata.