Arisa, nome d’arte di Rosalba Pippa, sul palco dell'Ariston canta "Mi sento bene"
C’è una nuova Rosalba in città. Arisa (alias Rosalba Pippa) ha entusiasmato l’Ariston con la verve di una novella Raffaella Carrà con il brano Mi sento bene, che inizia con una riflessone esistenziale, «credere all’eternità è difficile», per cambiare ritmo a sorpresa e diventare una sigla degna di Studio Uno. E, appunto, Una nuova Rosalba in città è l’album dell’artista per la nuova casa discografica Sugar che esce l’8 febbraio proponendo una serie di brani positivi e solari (fra questi uno scherzoso, ma frainteso dalla stampa, che ha fatto parlare di una Arisa bisessuale, cosa smentita dalla cantante). C’è ben di più profondo dietro il sorriso di questa artista dall’ugola da usignolo che punta alla vittoria e sogna l’Eurovision Song Contest, oltre ad andare in tour dal 26 marzo da Perugia.
Arisa, cosa voleva cambiare nella sua carriera?
Rosalba è una persona che vuole utilizzare il dono della comunicazione a favore della gente. Io voglio essere uno strumento per infondere rassicurazione, energia positiva e far sentire la gente meno sola. In questo calderone di informazioni non si sa da che parte stare nella vita. Per me affrontare questo lavoro come esercizio di stile non ha senso. I doni occorre usarli per fare qualcosa di “grande”.
Sul palco di Sanremo quest’anno c’è un gran desiderio di semplicità e serenità francescana.
Lo so. Io sono una super fan di san Francesco, un esempio immenso quello di una persona che lascia le ricchezze materiali per darsi a un’essenza spirituale. Il cantico delle creature è l’emblema del riconoscere tutto il Creato come alleato e come fratello.
Il brano in gara inizia e chiude con una riflessione malinconica sul senso del nostro tempo destinato a finire, alla quale si reagisce con un simpatico inno alla vita.
Perdere tempo a elucubrare piuttosto che agire è un peccato. La canzone dice di non trattenere i sentimenti, di vivere al massimo la vita che ti è stata concessa. Prima o poi arrivano le domande, è successo anche a me e ho capito che non potevo fare da diga al mondo intero. Potevo solo dare il mio supporto cercando di amare più che potevo le persone che avevo di fianco, di non trattenermi nel dire ti amo o ti voglio bene, nel fare una telefonata in più, nel non nascondermi dietro a stupidi orgogli. Bisogna capire quali sono le cose importanti.
Lei rende omaggio musicale esplicito a Raffaella Carrà. Le sarebbe piaciuto duettare con lei?
Certo, glielo abbiamo chiesto, ma era troppo impegnata. Al mio fianco venerdì sera avrò un’icona degli anni ’80, Tony Hadley ex Spandau Ballet. In un alto brano dell’album, Quando c’erano le lire lei canta con voce anni ’50 la nostalgia per un’Italia che non c’è più. C’è un po’ di Renato Rascel, un po’ un ritorno a quelle che sono le mie passioni da adolescente quando guardavo gli spezzoni di Studio Uno in tv. Le lire sono il simbolo temporale che delimita il prima e il dopo, i tempi più umani e quelli sempre più veloci dominati dai social.
Nostalgia di un mondo più umano e relazioni più vere?
Si organizzavano gite, si andava in un posto per stare meglio insieme. Non si sentiva il sacrificio: mia madre si svegliava alle 5 per preparare tutto ed era felice. Oggi è tutto finito. Si vive solo su Instagram, e lo dico da social-dipendente. Mi è molto utile, ma mi rendo conto che mi leva tanto tempo.
Nel brano in gara si accenna alla famiglia, domandandosi che fine faranno gli occhi di sua madre.
Quella è la cosa che accetti meno, io ho sempre desiderato di andare via prima di miei, perché quel giorno li non ci voglio essere. Le persone si amano in vita. Quindi ora litigo molto di meno, ascolto il punto di vista di mia madre. Nella nostra società di oggi mi dà fastidio che si discriminino le persone dopo una certa età.
Ben 16 autori per la nuova Rosalba, che ci mette molto anche del suo nella scrittura.
Ho voluto tornare al mio primo album Sincerità. Sono tornata a volere dei quadri che rappresentano temi importanti con colori vivaci. Non sono solo una interprete, voglio decidere anche la piega dei pantaloni. Ma noi donne la stessa cura con cui apparecchiamo la tavola di Natale, la mettiamo in tutte le cose.