Abbassando l’età media dei cantanti (under 37) in gara, il risultato non cambia. O almeno cambia di poco: sotto i 10 milioni la terza serata, 46,7% di share, 5 punti in meno, ma 250mila telespettatori in più rispetto alla seconda serata. E ci piace pensare che quei 250mila in più, i “recuperati”, appartengano alla tribù affetta da nostalgia canaglia. Sono i devoti di “san” Claudio Baglioni, alla quale la Rai vuole consegnare tutta la sua chiesa laica. Per il dirottatore artistico sarebbe pronto un “Sanremo ter” e un nuovo programma di musica che, sulla carta, ne farebbe il maestro Manzi del terzo millennio: attraverso i suoi piccoli grandi amori porterebbe l’educazione musicale nelle case degli italiani
Più jovanotti che giovani
I 250mila fidelizzati in più sono i jovanotti, quelli giunti nel mezzo del cammin della loro vita, che non sanno a memoria i Canti di Dante ma che ti cantano invece ogni strofa di Notte prima degli esami di Antonello Venditti. Lo stesso fanno le jovanotte sugli “anta” che ancheggiano come Sandra Milo, avvistata in una platea da piccoli fans crescono (ne parliamo sotto) che si commuovono all’abbraccio storico - a Loano – tra la Patty (Pravo) e l’Ornella (Vanoni). Con le due signore (per lo Stato Sociale semplicemente “la vecchia che balla”) in un solo momento sul palco dell’Ariston è riapparsa tutta la musica del secolo scorso, quella ribelle del Piper e la più colta del Piccolo di Strehler. La Vanoni dà spettacolo, nel duetto-gag ha strappato più risate della Raffaele (Ornella prossima valletta di Baglioni su Rai1/2?), e in cambio di niente, ma avverte a futura memoria: “Sono venuta a gratis, ma non vi ci abituate”.
Gente di mare
In un Festival da collezione armony come questo ti viene il sospetto che il messaggio politico possa arrivare anche da due insospettabili uomini pop come Raf e Tozzi. Una leggerissima Gente di mare riletta con gli occhi di noi prigionieri di questa realtà e ricantata con il cuore da italiani in gita, diventa un’ancora di salvataggio per tutte quelle anime in cerca di salvezza, che sperano in un attracco sicuro. Perché siamo tutti un po’ gente di mare. «E la gente di mare va».
Standing ovation
E veniamo alla platea dell’Ariston. I tempi cambiano, la musica e la chiesa si rinnova, per carità, così come il pubblico. Ma in platea sembra si siano dati appuntamento i sindacalisti della miglior claque dei programmi di Carlo Conti. Standing ovation “politica” e garantita, senza alcuna distinzione meritocratica. «La qualità non è richiesta» ci ammoniva preveggente Giorgio Gaber e per lo statuto pluristellato sanremese evidentemente una Alessandro Amoroso vale un Pippo Baudo o un eventuale Bob Dylan. Impossibile, autarchia e zero politica. Insomma, tranne che ai gilet gialli, da queste parti una standing ovation non si nega neppure a un fioraio.