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Abbiamo recentemente ricordato la giornata mondiale del libro e della lettura (23 aprile), una festa che nel nostro paese coinvolge purtroppo una parte minoritaria dei nostri concittadini visti i dati complessivi della lettura certificati da Istat; dati questi che rappresentano da decenni una sfida che il mondo del libro e le istituzioni non sono ancora riusciti a vincere: le cause sono molteplici e fondate principalmente nell’assenza di un’idea condivisa del valore del libro, della lettura e della cultura in genere, tanto che negli anni non si è mai riusciti a realizzare un ampio programma di sostegno e investimento, e quando lo si è fatto, come è avvenuto per esempio con App18, questa è divenuta uno strumento di scontro politico anziché un’occasione di crescita e rilancio di un’idea di investimento culturale.
Se le difficoltà sono molte e complesse per il mondo del libro in generale, diventano ancora più pesanti e sfidanti per il mondo editoriale cattolico come ha ben rappresentato nel suo intervento su queste pagine Giuliano Vigini; un mondo che oltre ai problemi dell’editoria, deve assommare tutta una serie di difficoltà aggiuntive dovute principalmente al venir meno del senso religioso nei nostri concittadini; e così l’idea di un’editoria cattolica ancella dell’attività pastorale e stimolatrice del dibattito teologico non è di per sé più sufficiente per intercettare l’interesse dei lettori italiani, che quando entrano in libreria sono da sempre alla ricerca di risposte alle domande di senso che la vita pone: le cercano nei romanzi prima ancora che nella produzione di saggistica, romanzi che sono oggi di fatto assenti nella proposta dell’editoria cattolica, ma le cercano poi in tanti libri editi da editori laici che intercettano il pensiero cattolico, più difficilmente nella proposta editoriale propriamente cattolica, alla quale è mancata in tutti questi anni la capacità di guardare oltre, vittima di quell’errore di fondo che ha condizionato anche la pastorale troppo ripiegata su se stessa e incapace di uscire: ecco a mio avviso quello che manca, come ricorda Giuliano Vigini e riprende anche Lorenzo Fazzini, è la capacità di essere “editoria in uscita” .
Ma non solo in uscita da certe consuetudini, ma in uscita soprattutto come papa Francesco ha chiesto di fare a noi tutti: uscire dal Tempio, aprirsi al confronto con il pensiero altro perché solo così si fa un vero servizio alla cultura cattolica, raccontando come si può essere cristiani cattolici in una società secolarizzata, come sia possibile coltivare un’idea di uomo, di famiglia, di mondo. Occorre vincere secondo me quell’autocensura che i cattolici e le gerarchie ecclesiali si sono imposte dal momento del naufragio dell’esperienza politica vissuta come trauma che li ha rinchiusi nelle chiese, convinti che rientrare nel sé religioso avrebbe salvato la proposta cattolica dalla contaminazione con il pensiero secolarizzato; in realtà sappiamo bene che non è andata così e anzi oggi il pensiero e la cultura cristiana cattolica sono fortemente esposti al rischio della marginalizzazione e di non essere più il “lievito” del mondo e della società. Certo per fare questo occorre avere la forza di confrontarsi e scontrarsi con la realtà di un mondo che ha intrapreso strade difficilmente conciliabili con quelle della proposta cristiana ma se abbiamo il timore di farlo, e restiamo ancorati alle nostre certezze forse è perché i primi a non esserne più convinti siamo noi stessi.
In tutto questo io rifuggo la ricerca di soluzioni semplici frutto di scelte della gerarchia o che rinnovino la funzione ancellare dell’editoria, perché ritengo che sia altro il compito al quale dobbiamo chiamare i nostri autori e editori; del resto da sempre come libraio nella mia libreria ho uno scaffale di proposta di libri di editori cattolici, e da sempre nelle attività di promozione del libro come incontri con autori, festivals cerco di inserire la voce, gli interpreti del pensiero cattolico. Ecco avere più libraie e librai formati e preparati a costruire ponti può essere una delle vie d’uscita possibili. Infatti compito dell’editoria, dei librai, è costruire ponti e per farlo, per essere buoni ingegneri in questa impresa occorre essere preparati e formati, sia al mestiere che al compito arduo di riportare il libro e il pensiero cattolico nelle scuole, nelle piazze, in tutte quelle occasioni di socialità che con il libro e attorno al libro oggi ci sono. L’associazione che mi onoro di presiedere e che oggi accoglie, dopo decenni di isolamento, anche i colleghi delle librerie religiose aderenti a Uelci, può essere uno spazio, un’occasione di confronto utile per le libraie e librai cattolici nel ritrovare le ragioni per essere costruttori di ponti, e per affrontare le sfide dell’innovazione e della competizione nel mondo della distribuzione libraria.
*Presidente Associazione italiana librai-Confcommercio