giovedì 8 marzo 2018
Da gennaio una spedizione internazionale coordinata dall'Italia è impegnata nel carotaggio della crosta terrestre nel Mare di Ross per studiare i mutamenti climatici degli ultimi 20 milioni di anni
Il paesaggio dell'Antartide (Pixabay/Creative Commons)

Il paesaggio dell'Antartide (Pixabay/Creative Commons)

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Sedimenti e rocce sotto il fondale oceanico custodiscono la storia della Terra e, per questo, sono di grande interesse per risalire ai cambiamenti ambientali globali, alle dinamiche sulla tettonica del mantello della crosta terrestre e ai moti nella biosfera degli abissi marini: tra i progetti di indagine più longevi, lo Iodp (International ocean discovery program) è responsabile della selezione e poi del coordinamento delle proposte scientifiche di perforazioni marittime, a 5.000 m sotto il livello del mare, per estrarre sezioni di sedimenti e rocce sottostanti.

Articolato in cinque spedizioni annuali e finanziato da diverse nazioni, tra cui l’Italia, lo Iodp ha previsto anche la missione in corso. Salpata lo scorso gennaio da Lyttelton, in Nuova Zelanda, alla volta dell’Antartide, la spedizione n° 374, in un percorso iniziato da 50 anni, è allo studio delle dinamiche glaciali, oceanografiche e geologiche che hanno caratterizzato l’area del Mare di Ross negli ultimi 20 milioni di anni, così da valutare l’impatto dei cambiamenti climatici sulle sponde occidentali dell’Antartico e fornire stime ragionevoli dei futuri effetti di un ambiente più caldo. A bordo, oltre Robert McKay della Victoria University della Nuova Zelanda, figura la "veterana dei ghiacci" Laura De Santis, geologa dell’Ogs (Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale) di Trieste, che ha il prestigioso incarico di supervisore per il coordinamento.

A distanza di 12 mesi dall’ultima campagna nell’emisfero australe, De Santis riporta nel mare di Ross l’OGS Explora, unica nave di ricerca di un ente italiano con capacità oceanica di classe artica. Particolarmente rilevanti l’attenzione e le aspettative legate alla missione: le piattaforme di ghiaccio e le calotte marine attorno all’Antartide, specialmente lungo le coste ovest, si stanno assottigliando, a causa del surriscaldamento dell’Oceano Australe e delle alterazioni dei venti occidentali, migrati a sud e rafforzatisi. E stiamo assistendo a fenomeni conseguenti all’aumento di concentrazioni di CO2 nell’atmosfera e all’esaurimento di o-zono.

Già altre perforazioni geologiche, condotte sui margini continentali dell’Antartide, hanno motivato la notevole variabilità della calotta sin dall’antichità, in relazione alle variazioni del livello del mare globale. Anche se scientificamente validati da riprovate evidenze sperimentali, i modelli numerici che attribuiscono un ruolo centrale al calore oceanico, nell’innescare l’arretramento della calotta glaciale, saranno "soppesati" fino alla prova "inconfutabile": le sequenze sedimentologiche della piattaforma continentale esterna, dove il fronte dei ghiacciai in passato incontrava l’oceano. Esse, infatti, dovrebbero consentire di valutare l’impatto dell’epoca sulla stabilità della piattaforma e fornire una stima ragionevole dell’attuain le e futura vulnerabilità dei ghiacci antartici, in corrispondenza del maggior contatto con l’oceano via via più caldo.

Per la ricerca di tali conferme, il Mare di Ross è un sito ideale, perché qui sfociano i più grandi ghiacciai antartici, ma anche perché costituisce un bacino particolarmente sensibile ai cambiamenti di temperatura e circolazioni oceanica e atmosferica. Inoltre è l’unica immensa distesa continentale che conserva, nei sedimenti depositati durante gli avanzamenti e i ritiri dei ghiacciai nelle epoche glaciali e interglaciali, spessi archivi di informazioni paleoclimatiche. Tanto più che la piattaforma di ghiaccio di Ross copre solo parzialmente quella continentale del suo mare, permettendo l’accesso e l’osservazione sul fondale delle tracce lasciate dal flusso di ghiaccio e correnti d’acqua.

Con questi obiettivi, sulla scorta dei risultati della scorsa spedizione dell’Ogs e della Campagna mondiale dell’Antartide (Pnra), la missione Iodp 374 sta effettuando, a partire da 800 m di profondità sotto il fondale marino, sei perforazioni punti attentamente selezionati: 2 sulla piattaforma continentale, in acque profonde in media 600 m, e quattro sul versante occidentale in acque profonde tra 900 e 2.500 metri, con una carota che raggiunge oltre 1 km sotto il fondale. Qui vengono recuperati i materiali di interesse, poi studiati da petrografi, paleontologi, chimici e geofisici, anche se già a bordo gli scienziati ne descrivono i costituenti, identificando fossili e minerali e determinando periodo e luogo di formazione: si tratta di un passaggio essenziale alla comprensione dei processi alla base delle interazioni tra oceano e calotta di ghiaccio.

Come facilmente intuibile, impegnando risorse umane ed economiche ingenti, esperimenti di questa caratura in Antartide si organizzano in media ogni 10 anni: allora si mobilitano imbarcazioni appositamente attrezzate, sfruttabili poi per spedizioni in altri oceani (e con obiettivi diversi), in modo che non siano disponibili a eventuali progetti concorrenti. Solo due, infatti, sono le navi del progetto Iodp: a ospitare la missione 374 è la Joides Resolution, lunga 143 m e con la torre di perforazione alta 62, attrezzata di mezzi così d’avanguardia da scandagliare profondità a 2000 m sotto il fondale. A bordo, 22 tecnici e 63 membri dell’equipaggio supportano il gruppo di ricerca guidato dalla De Santis, composto da 31 scienziati di 14 nazionalità tra Europa, Brasile, Cina, Corea del Sud, Giappone, India, Nuova Zelanda e Stati Uniti.

Proprio in quanto strategiche, allo scopo di indagare la capacità di adattamento degli ecosistemi marini e terrestri, i fenomeni del passato e i cambiamenti climatici locali e globali e per testare modelli di previsione, le aree polari rivestono un ruolo strategico nell’ambito delle politiche delle campagne internazionali: non a caso, l’Ogs ha condotto ben 11 missioni in Antartide con la OGS Explora, che vanta anche 4 spedizione artiche alle Isole Svalbard, oltre a delicate operazioni di servizio per imprese attive nell’offshore in regioni artiche (Canada, Groenlandia, Islanda, Norvegia). E, non a caso, è notizia di questi giorni il contributo del Miur all’acquisto della nuova nave da ricerca per l’Antartide.

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