L'aula della maestra Dalila sarà la più affollata del Marocco, un Paese del Nord Africa. Perché le sue lezioni non si svolgeranno in una scuola ma in televisione. Tutti, dunque, potranno assistervi, senza spostarsi. Basterà accendere l’apparecchio e sintonizzarsi sui canali Arrabia o al Aula, per vedere – da settembre – «Il tesoro delle lettere». Un programma speciale: dovrà insegnare a leggere e scrivere ai tanti adulti che non sanno farlo. In Marocco, poco più della metà delle persone ha frequentato la scuola, in genere i figli delle famiglie benestanti. Spesso, gli altri – soprattutto chi abita nei villaggi sperduti nel deserto o chi ha pochi soldi – non hanno ricevuto alcuna istruzione. Per rimediare, le autorità marocchine, insieme all’università italiana Nettuno, hanno realizzato «Il tesoro delle lettere». Nel Paese, la tv è molto diffusa, anche i più poveri ce l’hanno. Attraverso il suo schermo, la scuola entrerà nelle case. Un corso di alfabetizzazione gratuito, facile e divertente. Niente a che vedere con le lezioni tradizionali. Ognuna delle 150 puntate racconterà una delle avventure degli Akhdar, una normale famiglia marocchina, creata dalla fantasia degli autori. Non si tratta di personaggi in carne ed ossa ma di disegni animati. Al termine della storia, la maestra Dalila – una vera insegnante – riprenderà volta per volta le parole usate dagli Akhdar e spiegherà ai telespettatori come scriverle e pronunciarle. Il pubblico imparerà l’arabo – la lingua parlata in Marocco – quasi senza accorgersene. Un metodo che potrebbe funzionare anche per insegnare l’arabo agli stranieri. A fare il primo test saranno gli italiani. Da quest’estate, «Il tesoro delle lettere», verrà trasmesso anche nel nostro Paese.
L'idea. Mamma Amina insegna alla figlia Amal la ricetta del tajine, uno stufato marocchino. Papà Ibrahim, invece, mostra al piccolo Ussam le meraviglie di Marrakesh, la città dove abitano. Sono alcune delle tante storie della famiglia Akhdar, da cui l’insegnate Dalila parte per sviluppare la lezione. Un metodo pratico: i telespettatori imparano a leggere e scrivere le parole usate nel quotidiano. A inventarlo è stata Maria Amata Garrito, Rettore dell’Università Nettuno di Roma. Come le è venuta l’idea? «Sono stata in Marocco - spiega - nel 2004 per una conferenza. Il governo locale stava organizzando una campagna per insegnare a tutti a leggere e a scrivere, attraverso Internet. Io gli ho spiegato che non ero d’accordo. Solo le persone con una certa istruzione possono usare la Rete. Il mezzo più democratico è, invece, la tv, tutti sanno utilizzarla. Così, ho proposto, perché non portiamo Internet sullo schermo». Per creare la famiglia Akhdar la Garrito e i suoi hanno usato degli "avatar", cioè dei disegni fatti su Internet e poi trasferiti in televisione. Per ingaggiare attori veri avrebbero dovuto spendere una bella cifra e a disposizione c'era una somma limitata. Perché far lezione prendendo spunto dalle vicende degli Akhdar? «Per aiutare la gente a memorizzare - continua la Garrito -, soprattutto gli adulti. Le parole sono difficili da ricordare da sole. Se, invece, le colleghi a una storia, restano impresse. La maggior parte delle famiglie marocchine può riconoscersi negli Akhdar e nelle loro vicende. Imparare a leggere e a scrivere non sarà uno sforzo, ma risulterà naturale come parlare».
L'Africa in cerca di istruzione. In Africa, studiare non è un diritto ma un privilegio. Pochi bambini possono andare a scuola. È difficile, infatti, raggiungere le poche scuole esistenti perché la maggior parte delle persone non ha l’auto e i mezzi pubblici mancano. Tanti ragazzi, inoltre, non hanno tempo da dedicare ai libri: sono costretti a lavorare tutto il giorno per mantenere se stessi e le loro famiglie. Il risultato è drammatico: 133 milioni di africani sono analfabeti, cioè non sanno né leggere né scrivere. Il 20 per cento di loro vive nell’Africa a sud del deserto del Sahara, l’area più povera del Continente. Anche nel Nord, il numero di persone non istruite è alto: in Marocco, il 44,4 per cento dei cittadini è analfabeta. Tra le donne, la percentuale sale al 60 per cento perché, spesso, le famiglie preferiscono usare i pochi soldi per far studiare i figli maschi. Il governo ha deciso di intervenire per migliorare la situazione e ha promesso che entro il 2015 tutti sapranno leggere e scrivere. Un obiettivo impegnativo: per riuscirci, si userà ogni mezzo, anche la tv. La gente, ora, la guarda per divertirsi. Presto, chi vorrà, potrà vederla anche per istruirsi.
In Italia nel 1960 l'esperimento analogo. Difficile crederlo, eppure appena cinquant’anni fa, l’analfabetismo era diffuso anche in Italia. E il nostro governo pensò, negli anni Sessanta, di utilizzare la tv – che stava nascendo in quel periodo – per fare lezione agli adulti senza istruzione. Il programma si chiamava
Non è mai troppo tardi e la prima, delle oltre quattrocento puntate, fu trasmessa il 15 novembre 1960. In cattedra, c’era il maestro Alberto Manzi: grazie al suo corso televisivo, ben un milione e quattrocentomila italiani riuscì a superare gli esami per la licenza elementare. La serie veniva trasmessa la sera, in modo che i lavoratori potessero seguirla senza problemi, e andò avanti fino al 1968. A quel punto, la Rai – la tv pubblica italiana, l’unica esistente all’epoca – decise di sospenderla perché l’analfabetismo era stato in gran parte sconfitto. Il programma ebbe grande successo internazionale. L’idea di fare scuola in tv fu copiata da 72 Paesi.