giovedì 24 ottobre 2024
Tra gli atleti del 1° Sinodo dello Sport ci sarà anche il colombiano Amelio Castro Grueso, schermidore paralimpico del Team Rifugiati “adottato” nel 2022 dalle Fiamme Oro
Lo schermidore paralimpico Amelio Castro Grueso, "adottato" dalle Fiamme Oro alle Paralimpiadi di Parigi 2024 ha gareggiato con il Team Rifugiati

Lo schermidore paralimpico Amelio Castro Grueso, "adottato" dalle Fiamme Oro alle Paralimpiadi di Parigi 2024 ha gareggiato con il Team Rifugiati - -

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Settembre 2022, volo Cali-Roma, viaggio di sola andata, con atterraggio a notte fonda in una città sconosciuta, senza uno straccio di gancio vero per Amelio Castro Grueso: trentenne colombiano su una carrozzina da disabile arrivato in Italia carico di speranze ma con pochi spiccioli in tasca e un visto di tre mesi per tentare di continuare il suo sogno: la scherma paralimpica. «Quando Amelio mi ha telefonato, io ero a Sydney con la Nazionale di scherma e mi disse che dormiva in un albergo vicino alla stazione Termini dove non c’era neanche l’ascensore…», ricorda il “Profe”. Così Amelio chiama quello che considera «il mio secondo padre», Daniele Pantoni. Storico allenatore degli azzurri della spada, tornato dalle Olimpiadi di Parigi 2024 con gli ori di Alberta Santuccio e Rossella Fiamingo e l'immensa soddisfazione di aver portato Amelio a partecipare alle sue prime Paralimpiadi.

Mi chiamano "El Loco" perché sono un sognatore che insiste per realizzare i suoi sogni​

Amelio detto “El Loco”, il pazzo, perché quel viaggio fu una vera follia e il consiglio realistico di don Tomàs Silvera, il prete colombiano che nei primi quattro giorni a Roma lo accolse nella sua abitazione era: «Lascia perdere e torna a casa. C’è un ragazzo come te che ha provato a venire qui per fare il calciatore, ma è andata male e adesso che fa... Per chi è senza lavoro e senza cittadinanza italiana è durissima sopravvivere in questo Paese». Ma Amelio è rimasto. Lascia la casa di don Tomàs e passa sette mesi ospite della Caritas continuando a coltivare quella che definisce «la pazzia dei sognatori. Insisto sempre fino a che il sogno non si realizza». Il coraggio di chi nella sua giovane vita ha dovuto già affrontare sfide più difficili e dolorose, come la perdita di una madre, a 16 anni, e un incidente stradale, a 20, che l’ha tenuto isolato per 4 anni in ospedale e privato dell’uso di entrambi gli arti inferiori. Ma nonostante tutto ha continuato a sognare ad occhi aperti e a sorridere sempre alla vita, perché dice «seguo il cammino che per me ha tracciato Dio. La Bibbia ci dice che “la fede è la certezza che quello che si spera si realizzerà, la chiara dimostrazione di realtà che non si vedono”».

La fede in Dio e la passione per la scherma mi hanno salvato: la sofferenza è stata la mia insegnante

La sua certezza quotidiana, oltre alla preghiera, «il mio dialogo con Dio inizia tutte le mattine con la sveglia alle 4», è la scherma, passione che lo ha portato a diventare un campione paralimpico in Colombia partendo dal remoto villaggio di Callelarga Napi , nel municipio di Guapi. «Il mio villaggio è un paradiso naturale a due ore di navigazione in “lance” (su piccole imbarcazioni) da Guapi, al cui porto si giunge attraversando una foresta quasi amazzonica. Lì nel mio villaggio, il popolo vive nel pieno rispetto dei valori tradizionali, con semplicità e profonda umanità. Con i miei cinque fratelli ho avuto un’infanzia felice. I nostri genitori ogni giorno si alzavano all’alba per andare a pesca e quando tornavano si faceva colazione tutti insieme con i pesci che erano finiti nella loro rete». Ma quel territorio è ricco d’oro e di cocaina, ma con un governo colombiano assente la legge imposta è quella dei “guerriglieri” che hanno vendicato la morte della mamma di Amelio. «Quando ho trovato Dio ho capito che la vendetta era inutile perché non mi avrebbe mai ridato indietro mia madre. E anche l’incidente, grazie alla fede non l’ho vissuto come una punizione ma lo considero un privilegio. Ai ragazzi di Guapi ai quali insegnavo scherma ho sempre detto che la sofferenza è stata la mia insegnante. Oggi so che la vita è un viaggio, il corpo è un mezzo di trasporto e l’obiettivo è crescere e vivere tutte le esperienze possibili». Amelio ha fatto anche l’esperienza della paternità: «Avevo 17 anni quando è nato mio figlio Juan Diego, lui vive in Colombia e gioca a calcio, non passa giorno che non ci sentiamo».

Il "Profe" Pantoni è un secondo padre. Faccio due ore di viaggio per andare agli allenamenti​

Così come non passa giorno che non senta la voce e l’appoggio del “Profe” Pantoni che lo ha inserito nella palestra di Tor di Quinto, il Centro sportivo della Fiamme Oro dove Amelio si allena con gli azzurri della scherma olimpica e paralimpica. «I miei idoli? Senza presunzione io sono l’idolo di me stesso, perché penso di aver fatto qualcosa di incredibile per essere arrivato fin qui. Poi certo, ho grande ammirazione per Bebe Vio: quando la vedo in pedana capisco bene tutte le difficoltà che ha dovuto superare per diventare la campionessa che è oggi. E lo stesso penso di Rigi Ganeshamoorthy, anche lui viene qui ad allenarsi e ho visto con i miei occhi quanto ha lavorato per arrivare a vincere l’oro del lancio del disco, battendo per tre volte il record del mondo, alle Paralimpiadi di Parigi». E sotto la Torre Eiffel, grazie all’intervento dell’Unhcr che lo ha ha fatto entrare nel Team Rifugiati paralimpici, c’è arrivato anche Amelio. «Con il 3° posto ottenuto a San Paolo ai Campionati Panamericani, è riuscito a strappare il pass per Parigi», spiega Pantoni. Il grande sogno paralimpico si è dunque avverato, anche se è finito agli ottavi: sconfitto dal brasiliano Jovane Guissone, campione paralimpico a Londra e bronzo a Tokyo. «Parigi per me è stata l’ennesima iniezione di vita. Ho fatto, anzi abbiamo fatto il meglio che potevamo. Sono andato alle Paralimpiadi con tanta fede e confesso che speravo nella medaglia, ma sapevo che era praticamente impossibile, non avevo ranking, né esperienza di gare e assalti sufficienti. All’inizio qui in palestra magari tanti pensavano che non ce l’avrei mai fatta, che perdessi tempo… Invece essere riuscito ad arrivare a Parigi è stata la risposta di Dio ai sacrifici che compio ogni giorno per continuare a sognare attraverso lo sport». Il sogno continua, anche tra le difficoltà di un quotidiano vissuto al Centro d’accoglienza di Centocelle. «Siamo in 75 i rifugiati, io l’unico che fa sport a livello agonistico. Dal Centro per andare ad allenarmi alla palestra delle Fiamme Oro che non smetterò mai di ringraziare per avermi subito “adottato”, nel 2022, sono due ore tra andata e ritorno. Dura? Beh le barriere architettoniche non mancano a Roma, l’autobus spesso non ha la rampa per la sedia a rotelle e la mia fermata della metro non ha un ascensore funzionante, quindi prego ogni volta che mi tocca prenderlo.

Dopo Parigi ora vorrei che il mio sogno continuasse

Ma tutto questo lo vivo con la serenità di chi ha sempre Dio dalla sua parte. Non sono un santo, sbaglio tanto e quando accade prego e chiedo scusa al Signore, però la mia forza è quella di non odiare mai, di vivere senza ipocrisia e di cercare di essere utile agli altri», dice il beniamino della palestra delle Fiamme Oro diventato un punto di riferimento costante, anche per il “Profe”. «Amelio porta sempre il buonumore - dice Pantoni - . Quando uno di noi è giù di morale basta fare quattro chiacchiere con lui che ti rimette al mondo. Ha una capacità straordinaria di comunicazione e spero tanto che questo talento presto diventi una professione, per lui vedo un futuro mental coach». Un lavoro e delle sicurezze economiche è quello che sogna ora Amelio, altrimenti il suo futuro potrebbe essere lontano da Roma. «Se non accade qualcosa il mio sogno italiano potrebbe terminare presto, ma questo non vuol dire che fermerebbe il mio sogno sportivo. In Francia, Germania e Inghilterra, potrebbero accogliermi e darmi qualche garanzia in più per il mio futuro d’atleta. La medaglia paralimpica andrò a prenderla a Los Angeles nel 2028? Non lo so, sono nelle mani di Dio, intanto devo andare a vincere la gara del prossimo 7 novembre a Pisa. Poi solo Dio sa dove potrò arrivare».

Athletica Vaticana: olimpici, paralimpici e rifugiati in dialogo al primo Sinodo dello Sport

«La grande novità che intende proporre questo primo Sinodo dello Sport è il rimettere al centro l’uomo e la donna che fanno attività agonistica, partendo dalle loro storie personali, le loro attese e soprattutto le loro fragilità umane, che spesso sono state superate proprio grazie alla passione e alla pratica sportiva. Al Sinodo dello Sport si ascolteranno le voci degli atleti olimpici, paralimpici e anche dei rifugiati, come Amelio Castro Grueso». Questa la premessa del coordinatore del Sinodo dello Sport Giampaolo Mattei che è il presidente dell’Athletica Vaticana, l’associazione polisportiva ufficiale della Santa Sede che promuove questo simposio straordinario che si terrà oggi a Roma, alle ore 17, a palazzo San Calisto. «Papa Francesco chiede a tutta la Chiesa di vivere e condividere un “percorso sinodale” come esperienza di ascolto reciproco e di tutti», sottolineano dall’Athletica Vaticana. Pertanto con il sostegno del Dicastero per la cultura e l’educazione e del Dicastero per la comunicazione, a prendere parte al “simposio sportivo” sono statuti invitati tutti i partecipanti al Sinodo dei vescovi in corso in Vaticano. «Del resto, la parola “sinodo” significa camminare insieme. Pertanto per le donne e gli uomini di sport dovrebbe essere più facile accogliere l’invito di papa Francesco perché già abituati a “correre insieme”, ma anche a pedalare e a giocare, sempre insieme», continua Mattei. Con uno «stile sinodale» di ascolto reciproco in fraternità, gli atleti sono chiamati a portare le loro preziose testimonianze. E di questa speciale squadra di azzurri a “confronto” fanno parte Monica Contrafatto, medaglia di bronzo nei 100 metri alle Paralimpiadi Rio de Janeiro 2016, Tokyo 2021 e Parigi; Andy Diaz, bronzo alle Olimpiadi di Parigi nel salto triplo, con il suo allenatore Fabrizio Donato; Rigivan Ganeshamoorthy, oro nel lancio del disco alle Paralimpiadi di Parigi e primatista del mondo; Alice Mangione, atleta olimpica velocista e staffettista ai Giochi di Tokyo e Parigi, medaglia d’oro alle World Relays 2021 e ai Giochi europei 2023; Antonella Palmisano, oro alle Olimpiadi di Tokyo e agli Europei 2024 nei 20 chilometri di marcia. E poi i due atleti “adottati” dall’Italia e che hanno partecipato alle Olimpiadi e alle Paralimpiadi con il Team dei Rifugiati: l’afghana del taekwondo Mahdia Sharifi, e lo schermidore paralimpico Amelio Castro Grueso. Tutti insieme i membri di questa squadra allargata e speciale del Sinodo dello Sport oggi dunque condivideranno un’esperienza di incontro che si inserisce nel «percorso sinodale» indicato dal Papa. «Per crescere - rilancia Athletica Vaticana - nelle dimensioni del dialogo, del racconto, della corresponsabilità su questioni centrali come la pace e del servizio reciproco sulle strade dei solidi valori sportivi: amicizia, lealtà, tenacia, spirito di gruppo, sacrificio, rispetto, solidarietà, inclusione». A moderare l’incontro sarà Eva Crosetta, conduttrice del programma di Rai3 Sulla via di Damasco e il presidente di Athletica Vaticana Giampaolo Mattei.

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