
Victoria Ivleva, La fioritura delle magnolie al giardino botanico dell’Università di Kiev, aprile 2024 - Victoria Ivleva per Avvenire
Ci sono torti subiti, ingiustizie, violenze che generano così tanta sofferenza e stravolgono così tanto le vite e che producono così tanta rabbia e frustrazione da rendere impossibile il perdono. Basta leggere la cronaca quotidiana per rendersene conto. Alcune di queste le conosco personalmente, non le cito perché sono ferite aperte. Comprendiamo bene lo stupore e il disorientamento di Pietro alla risposta di Gesù il quale alla domanda quante volte bisogna perdonare risponde «settanta volta sette», cioè sempre (Mt 18,21-22). Eppure tutti noi sappiamo bene e credo che ognuno conosca situazioni in cui il perdonare ha spurgato e liberato il cuore di chi ha subito il torto da tutti quei sentimenti negativi che avvelenano la vita e la macerano spesso ben più del male ricevuto e tutti noi conosciamo situazioni in cui essendo mancato la vita si è intossicata. Ma perdonare non è umano. È una capacità di Dio, è un modo divino di vivere la vita e le relazioni. Ma se è così importante, liberante e vitale per la nostra vita il riuscire a perdonare, come è possibile riuscirci se è divino? Nella mia esperienza personale oltre che di accompagnatore spirituale e poi ancora di attività di servizio in tante situazioni segnate dal dolore e dalla violenza ho capito che non è possibile vivere il perdono magicamente nel momento puntuale in cui si subisce il torto ma è il frutto di un cammino lungo iniziato molto prima (o da iniziare) il quale ha queste caratteristiche: prima di tutto il perdono puntuale è possibile se si inserisce in un orizzonte di senso di amore, gratuità e perdono entro il quale si è costruita e si vive la propria vita. Un senso della vita in cui la persona ha già incluso la possibilità dell’errore, del fallimento, del male fatto e subito e soprattutto dell’amore che è uscita dal proprio Ego il quale diventa fecondo e generativo. Un essersi allenato durante la vita ad incarnare questo senso all’interno di questo orizzonte di vita. Qualcosa che si è scelto prima! È fondamentale questo aspetto di aver scelto per la propria vita questi valori e questo orizzonte di senso che orienta i passi concreti puntuali. Tra i tanti esempi possibili, vivendo a Palermo, cito padre Pino Puglisi il quale al momento del suo assassinio rivolse un sorriso e uno sguardo pacificato ai suoi killer. Sorriso e sguardo pacificato di chi era da tempo consapevole della sua possibile fine e sull’esempio di Gesù aveva già scelto di restare e di perdonare in anticipo chi lo avrebbe ucciso. Oltre a questo atteggiamento che si coltiva nel tempo è fondamentale avere una sana, regolare, adulta vita spirituale caratterizzata dalla meditazione della Parola di Dio, dai sacramenti vissuti consapevolmente e da una richiesta di Grazia cioè chiedere a Dio la Sua capacità di perdono. Il quale attraverso il dono della vita di Gesù ci ha resi manifesta questa caratteristica di Dio e attingendo alla sua esperienza possiamo poterla vivere anche noi. Personalmente in una situazione in cui anni fa soffrivo ed ero arrabbiato per un torto subito sperimentai una liberazione interiore per Grazia contemplando in un prolungato tempo di silenzio la passione di Gesù e le sue parole in croce «Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34). Un Gesù dilaniato nel corpo e nello spirito per le violenze subite e l’abbandono che invoca il perdono per quelli che lo stanno uccidendo! Divino…e umano grazie a Lui. E grazie a Lui, attingendo alla sua vita, io sono stato liberato e reso capace di perdono. Ed ancora due atteggiamenti da coltivare: pensare alla miseria umana, la fragilità, l’inganno interiore, la mancanza di libertà, i condizionamenti di chi commette il torto. In questo senso per me è un esempio la testimonianza di Fiammetta Borsellino e di come non porti risentimento a chi ha ucciso il suo papà e sia una donna positiva, propositiva, vitale e generativa. Oppure l’esempio che ricevo ogni volta che faccio servizio nei territori occupati della Cisgiordania da parte di tanti palestinesi schiacciati dalla violenza dell’esercito di occupazione israeliano e coloni fondamentalisti. Per ultimo, come ci invita la parabola che segue la risposta di Gesù a Pietro (Mt 18,23-35) e come ci invita a chiederla nella preghiera del Padre Nostro, oltre che chiedere questa capacità come Grazia, dono di Dio, è importante essere consapevoli che ognuno di noi ha bisogno di perdono e misericordia per vivere al meglio questa vita. Ognuno di noi ha bisogno di sentire questa potenza d’amore su di sé, di sperimentare che i nostri errori, il male che abbiamo fatto non ci condanna e non è l’ultima parola per la nostra vita sperimentando noi per primi il perdono di Dio e dei fratelli. Non si può vivere al meglio delle nostre possibilità se non sentendosi perdonati, se non sperimentando un amore più grande di noi, un amore gratuito e così poter noi “perdonare i nostri debitori”. E quindi il perdono è un dono che possiamo ricevere da Lui per poter essere resi capaci di viverlo. Ma, ripeto, non è magia. È un cammino, un allenamento, una scelta, un orizzonte, un nutrirsi della Parola, un chiedere… una relazione viva e vivificante con il Dio della vita vera. Papa Francesco, esperto di umanità e di vita spirituale, ha indetto il Giubileo affinché varcandola la Porta Santa sia una possibilità per poter vivere un’esperienza di Grazia liberante sia per chi ha ricevuto il torto e sia per chi lo ha commesso. Ciò può avvenire solo preparandosi bene, con il tempo adeguato, le meditazioni, le riflessioni adeguate e soprattutto con l’atteggiamento e il desiderio adeguato.