Hanno resistito quasi 14.000 anni, ma non sono indistruttibili. I bisonti, i cavalli, il cervo e il cinghiale che popolano il soffitto multicolore della grotta di Altamira sono minacciati da nemici invisibili, piccolissimi, ma molto aggressivi: microorganismi che affollano le cavità della roccia, si moltiplicano e attaccano le pitture rupestri, affascinanti testimonianze di un’epoca incredibilmente lontana, il Paleolitico superiore. Gli scienziati alzano gli scudi: la
cueva - la «Cappella Sistina della preistoria», come la definì l’archeologo francese Joseph Déchelette - deve restare chiusa, protetta dal fiato dei turisti, dai loro batteri, dalle folle che fino a due decenni fa arrivavano a Santillana del Mar, in Cantabria, per visitarla. Ma c’è anche un’altra posizione - quella del Governo regionale cantabro e del Patronato della grotta - favorevole alla riapertura al pubblico, pur sempre a numero limitato. Due opinioni in contrasto per un annoso conflitto che non si spegne mai: ha senso riaprire le porte delle caverne (chiuse dal 2002), quando la copia-ricostruzione e il vicino museo (come accade a Lascaux, le cui grotte situate nella Francia sud-occidentale sono ormai definitivamente chiuse al pubblico) permettono una visita piuttosto completa e per nulla minacciosa nei confronti del monumento preistorico? L’ultima puntata della diatriba ha avuto come scenario la rivista
Science, che nei mesi scorsi ha pubblicato uno studio firmato da otto scienziati del Csic spagnolo, il Consiglio superiore per le ricerche scientifiche, fino allo scorso anno responsabile del monitoraggio della grotta. Gli otto ricercatori non hanno dubbi: il rischio è «reale». Al massimo quello che gli esperti possono fare è «rallentare l’attività dei microbi attraverso il controllo dei parametri ambientali» - in particolare le oscillazioni interne della temperatura - ma in qualsiasi caso «l’evoluzione della grotta nei prossimi anni dipenderà dal mantenimento o meno delle misure di conservazione preventiva, che escludono le visite in un prossimo futuro», avverte Cesareo Saiz-Jimenez, uno dei ricercatori, citato dal quotidiano
Publico. Il pericolo principale è rappresentato dai cosiddetti microorganismi fototrofi, che crearono le famigerate macchie verdi nella sala dei bisonti: da quando eliminarono la luce artificiale in quello spazio (2002) la situazione è migliorata, sottolineano gli scienziati. Oggi «si osservano meno macchie verdi nella sala policromatica, ma ci sono ancora dei resti». Il rischio quindi non è superato del tutto. Lo studio pubblicato su
Science è frutto di 15 anni di osservazione e ricerca e i suoi risultati sono chiari: l’uomo ha un impatto decisivo sull’ambiente delle caverne, sulle variazioni della temperatura, sull’umidità. L’ideale, dunque, sarebbe riportare la grotta alle condizioni precedenti alla scoperta, avvenuta nel 1879, grazie alla figlioletta dell’archeologo dilettante Marcelino Sanz de Sautuola. La presenza dei visitatori - concludono gli esperti - aumenta le particelle in sospensione e i cambiamenti di temperatura, trasporta materiale organico fra le pitture, muove polvere, acqua, spore di funghi e batteri. Il respiro dei visitatori - l’eccesso di anidride carbonica - può far scomparire un capolavoro di 14 millenni. Negli anni Settanta Altamira riceveva centinaia di migliaia di visite: nel solo 1973 - ricorda
El Mundo - se ne registrarono 175.000. Ma il degrado divenne visibile e dal 1978 al 1982 la grotta fu chiusa. Da allora i turisti annuali furono limitati a 11.000: per osservare cavalli, capre e mani umane era necessaria una lista d’attesa di almeno tre anni. Fino al 2002, quando le caverne sono state chiuse al pubblico. Lo scorso anno le voci pro-riapertura sono tornate alla carica: la chiusura è stata prolungata finché un nuovo gruppo di esperti internazionali (non più gli spagnoli del Csic) concluderà un altro studio per definire la salute dei dipinti rupestri. «È una questione scientifica e saranno i tecnici a dire se l’ingresso della gente minaccia o no le grotte», ha sottolineato il governo della Cantabria. Dal 1985 Altamira è Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco.