domenica 21 maggio 2023
Il 22 maggio 1873 moriva l'autore dei "Promessi Sposi". Il suo genio sta dentro i dettagli e la capacità di rendere indimenticabili anche i personaggi senza nome
Alessandro Manzoni nel ritratto di Francesco Hayez

Alessandro Manzoni nel ritratto di Francesco Hayez - WikiCommons

COMMENTA E CONDIVIDI

Con Milano già capofila di tante manifestazioni ed eventi, domani entriamo anche ufficialmente nel 150° anniversario della morte del Manzoni (22 maggio 1873). Al centro di incontri, conferenze e pubblicazioni ci saranno naturalmente i Promessi sposi: un’opera pubblicata nella sua versione definitiva nel 1840 ma che, analizzata nei molteplici passaggi di linguaggio, contenuto e struttura delle versioni precedenti, mostra l’enorme lavoro di ricerca, sperimentazione e ricostruzione fatta dal Manzoni prima di arrivare a quella misura armonica finale che fa dei Promessi sposi il capolavoro ammirato da tutti. In realtà, confrontare le varie edizioni dei Promessi sposi significa addentrarsi in un cantiere senza fine, dove è continuo il lavorio sulle parole e sul periodare, sui personaggi e le vicende narrate, nel tentativo di dare una visione compiuta del “guazzabuglio” del cuore umano che il Manzoni mette in scena come filo conduttore delle trame che si vivono su questa terra.
Possiamo ben dire che alla fine nei Promessi sposi tutto si ricompone: il mistero del male e della sofferenza; le sopraffazioni, le ingiustizie e la violenza, la fratellanza nel bene e nella misericordia, la fede nella Provvidenza di Dio. Dominano la scena i grandi protagonisti (Renzo e Lucia, padre Cristoforo o don Abbondio, la monaca di Monza, il cardinale Federico Borromeo o l’Innominato, don Ferrante o donna Prassede, don Rodrigo o i bravi...), attorno ai quali si snodano le parti costitutive della struttura e della trama del romanzo e che incarnano, nel bene o nel male, nel coraggio o nella viltà, nella fedeltà o nell’ipocrisia, le molteplici realtà della vita.
Ma non sono personaggi statici, incasellati, per così dire, in una categoria che ingabbia la complessità, l’originalità e il dinamismo del loro ruolo nell’economia dell’opera. Al contrario, il miracolo letterario dei Promessi sposi è tutto negli intrecci, nei dettagli e nelle infinite sfumature con cui il Manzoni rappresenta i principali protagonisti, ma, con altrettanta maestria e duttilità, con cui mette accanto a loro tanti personaggi minori. Anzi, si direbbe che uno dei segreti artistici del Manzoni – a conferma che è tutto l’insieme che conta e dà la misura della sapienza compositiva dell’autore – è di aver saputo creare anche una galleria di personaggi che entrano di scorcio nell’ampio ordito narrativo e che tuttavia, singolarmente e nell’insieme, svolgono un ruolo tutt’altro che marginale nell’intelaiatura della storia e del messaggio che la ispira.
Ci sono protagonisti chiamati per nome, come Bortolo, Tonio, Menico, Gervaso, che evocano il volto dell’amicizia, della solidarietà, dell’aiuto sincero, senza secondi fini, nel momento del pericolo e del bisogno di Renzo e Lucia. Ce ne sono molti altri anonimi, ma altrettanto significativi e cari alla rappresentazione manzoniana, attenta com’è a mettere in luce, accanto ai sopraffattori e ai violenti, un mondo di gente semplice, che fa respirare il clima di luoghi a misura d’uomo, di famiglie unite, che si danno vicendevolmente una mano attraverso atti concreti di accoglienza e di condivisione.
È a questi ultimi che il Manzoni manifesta una particolare simpatia, perché appartengono alla categoria di quelli che si mettono a disposizione e al servizio degli altri con umiltà, portando fiducia, conforto e speranza: come la moglie del sarto, o la “buona donna” che soccorre e assiste Lucia, come il barcaiolo o il barrocciaio, che si mettono gratuitamente a disposizione, l’uno per la traversata, l’altro per il viaggio in calesse di Renzo, Agnese e Lucia. Non scorrono via senza lasciare un segno nemmeno altri personaggi, tanto meno la madre di Cecilia, protagonista di uno dei passi liricamente più alti dei Promessi sposi, né si dimentica fra Galdino, o il vecchio servitore di don Rodrigo, l’oste della luna piena o l’oste del paese.
Sono soltanto pochi esempi scelti tra i tanti personaggi minori, che disegnano la fatica e il travaglio del vivere, la fedeltà ai principi, il coraggio di spendersi per una causa giusta, l’essere coerentemente sé stessi anche nelle circostanze più drammatiche o, viceversa, la paura, il tradimento, la scaltrezza nel barcamenarsi nelle situazioni di difficoltà e di rischio. Volti del vivere quotidiano, che in qualche misura contribuiscono tutti, in positivo o in negativo, a creare quella variopinta tavolozza di colori che danno un risalto speciale all’intera trama narrativa dei Promessi sposi e che non finiscono mai di sorprendere. Infatti, a 150 anni dalla morte, siamo ancora qui a raccontarli con una meraviglia sempre nuova.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: