venerdì 13 settembre 2013
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Si presentano con il loro bagaglio di arte, storia e tradizioni, ma anche con lo sguardo rivolto al futuro. Come a dire: il Belpaese non è solo un museo a cielo aperto. Le città italiane candidate a diventare Capitale europea della cultura nel 2019 formano un gruppo eterogeneo di capoluoghi che da Nord a Sud abbracciano tutta la Penisola e sono pronte a contendersi il «sigillo» assegnato dall’Unione europea. Fra sei anni toccherà a Bulgaria e Italia ospitare le due polis che faranno andare a braccetto cultura e cittadinanza. Per il nostro Paese sarà la quarta volta che esprimerà una «Ecoc» (European capital of culture), dopo Firenze nel 1986, Bologna nel 2000 e Genova nel 2004. Non c’è ancora un numero esatto di città aspiranti al titolo. A oggi sono diciotto. Una cifra che va al di là delle previsioni. Ed è lo specchio dell’Italia dei campanili, ma anche segno della vivacità del Paese nonostante una politica culturale non sempre all’altezza. Certo, fra possibili defezioni o innesti all’ultimo tuffo, il computo potrebbe modificarsi. Perché le concorrenti hanno tempo per consegnare il dossier di candidatura al ministero dei Beni culturali fino a venerdì 20 settembre, quando una commissione mista – formata da sei membri nominati dal Governo e sette dall’Unione europea – comincerà la prima selezione dei capoluoghi tra i quali la Ue individuerà all’inizio del 2015 la Capitale per l’Italia.IL NORDÈ dal novembre 2012 che Aosta ha annunciato di scendere in campo. La peculiarità su cui punta è quella di essere capitale dell’autonomia della «regione alpina inserita nel contesto culturale e sociale europeo». La più vicina contendente è Torino la cui nomination è stata lanciata due anni fa da un comitato della società civile che in una recente lettera sottolinea i ritardi delle amministrazioni locali. Nella proposta la città è definita «snodo della cultura europea» e si pone l’accento sulla «tradizione unica di cultura europea» che include l’intera regione. In Lombardia va in scena il primo dei quattro derby regionali. Da una parte, c’è Bergamo che si descrive come comprensorio dalla vocazione imprenditoriale e culla dell’innovazione industriale dove «convivono tracce di grandi personaggi dell’arte, della musica e della fede» (viene citato papa Giovanni XXIII). «Bergamo oltre le mura» è lo slogan. Il capoluogo ha stretto anche un accordo con le città d’arte della Pianura padana e ha creato l’Ambasciata culturale europea composta da studenti, scienziati e imprenditori della Ue. La rivale è Mantova che si presenta come la «(nuova) corte d’Europa». Il piano che cala sul tavolo è «fondato sul suo glorioso passato che non si ferma tuttavia alla semplice rievocazione ma da essa riparte per offrire un messaggio contemporaneo». Lancia il guanto Venezia che partecipa con il Nordest. Il logo è un diamante disegnato dalle direttrici della macroregione che si proiettano verso l’Europa. L’asse portante del progetto è il rapporto fra cultura ed economia. «Investire in cultura è investire nello sviluppo», si legge. Se Venezia è «un monumento alla cultura» ed è crocevia con l’Est, tutto il Triveneto è coinvolto: ad esempio Bolzano offre il suo multilinguismo o Verona l’agroalimentare. Dal 2007 si prepara al confronto Ravenna che scommette sul ruolo di «ponte fra Occidente e Oriente», sul legame con Dante Alighieri e sull’elemento acquatico che si traduce nell’idea di «navigare fra parole, immagini e suoni». Il progetto intitolato «Mosaici di cultura» ha al centro la creazione di nuove prospettive per l’Europa attraverso il richiamo all’incontro delle diversità. Coinvolgendo il sistema Romagna, la città si pone come «alfiere privilegiato dello spirito europeo in Italia».IL CENTRONella Toscana dei Comuni è braccio di ferro fra Siena e Pisa. La città del Palio, che ha mobilitato tutta la provincia, vede nella competizione una via per uscire da «una delle peggiori crisi della sua storia recente». La candidatura è una chance di rilancio per la città che sceglie di proiettarsi verso il domani «con la sua antica bellezza» e di essere un laboratorio per il nuovo welfare basato sul connubio fra salute e cultura. La diretta contendente è Pisa che chiede di essere conosciuta non solo per piazza dei Miracoli. Fulcro del percorso è la navigazione che ha connotato l’antica repubblica marinara dove è stata «inventata» anche l’informatica. Navigare significa oggi per Pisa portare nel mondo cultura e innovazione o accogliere studenti e ricercatori nelle sue università. Anche Perugia è in corsa con «i luoghi di Francesco d’Assisi e dell’Umbria». Agorà del dialogo e dell’umanesimo, si presenta come «smart» e «città medi@evo» dove la valorizzazione del patrimonio passa dalla creatività, dalle tecnologie e dal coinvolgimento dei giovani. Urbino, città delle utopie e patria di Raffaello, è in gara per ispirare «un nuovo Rinascimento», ossia «una rinnovata idea di collettività aperta e solidale». Punto d’incontro di intellettuali ed eruditi, è inserita in una regione, le Marche, «dove si respira cultura ovunque». Poi ha siglato un patto con Sofia per unirsi alla Bulgaria. «Il futuro viene da lontano» è il motto dell’Aquila che lega la sua candidatura alla ricostruzione. Icona di riferimento è la Visitazione della Vergine di Raffaello, rimando al «futuro nascente».IL SUDNon solo capitale della camorra: c’è un desiderio di riscatto nella candidatura di Caserta che guarda a un «avvenire migliore per un territorio tanto bello quanto ricco di contraddizioni». Con la sua Reggia, la città ha esportato cultura soprattutto nel Settecento. Adesso promuove un itinerario per tornare sulla scena continentale. Matera, ovvero il «Sud che funziona»: così si descrive la città dei Sassi che ha scelto come motto «Futuro remoto» e conta sulla sua fama internazionale. Fra i temi che sostiene ci sono i nuovi modelli dell’abitare, l’acqua, la religiosità popolare, il turismo. Altro braccio di ferro regionale è quello pugliese. Lecce, che si è alleata con Brindisi, ha varato il motto «Reinventare EUtopia» per dire di essere il «luogo nuovo e ideale» che dai confini più meridionali dell’Europa chiede di creare una «nuova cultura urbana». Taranto, cerniera del Levante, si dichiara decisa ad «arrestare il declino». Da città-simbolo della siderurgia europea auspica di diventare l’emblema della bonifica ambientale e green town del Mezzogiorno. Anche in Sicilia è battaglia a due. Palermo si mostra come «capitale europea delle culture» e inserisce fra i suoi tratti distintivi il meticciato («punto di partenza per una nuova coesione sociale»), la legalità e la lotta alle mafie, l’attenzione alle povertà, la sostenibilità energetica. Dal canto suo, Siracusa propone di portare sulla ribalta internazionale tutto il Sud-Est dell’isola e da antica capitale della Magna Grecia si affida al tema «Oriente e frontiera» per tornare a indagare le radici del continente ed ergersi a collegamento con l’altra sponda del Mediterraneo. Volge gli occhi al mare nostrum anche Cagliari che considera una componente cruciale del suo progetto il rapporto fra l’Europa e i Paesi del Mediterraneo. E vuole essere «strumento per rafforzare l’identità» con cammini di condivisione e inclusione. Insomma, i capoluoghi appaiono autentici cantieri delle idee. Che sulla carta si impegnano a realizzarle anche se venissero eliminati dalla competizione, come impone l’Ue. Ecco perché la sfida europea può davvero essere un’occasione di crescita culturale da qui al 2019 per diciotto comunità.
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