L'inaugurazione di Palazzo Citterio con al centro "Fiumana" di Giuseppe Pellizza da Volpedo - Fotogramma
Una giornata storica per la cultura milanese, e non solo: il taglio del nastro di Palazzo Citterio, che domenica 8 dicembre apre al grande pubblico. La Grande Brera diventa quindi realtà: tutta la sezione d’arte novecentesca della pinacoteca, a partire dalle storiche collezioni Jesi e Vitali (quest’ultima comprende anche dei reperti tardo antichi), più numerosi capolavori da altre donazioni e acquisizioni, per un totale di oltre 200 opere, è finalmente visibile in una sede adeguata. E non è più confinata nei depositi a vista che costellavano il percorso della pinacoteca. Il sogno di Franco Russoli, lo storico direttore che fece acquistare nel 1972 il palazzo Fürstenberg in via Brera, ad un centinaio di metri dal complesso principale, si è concretizzato.
Una vicenda durata oltre mezzo secolo, che ha visto alternarsi nei decenni vari progetti di ristrutturazione con diversi stanziamenti da parte dei governi che si sono succeduti: dal primo progetto di Giancarlo Ortelli e Edoardo Sianesi alle ristrutturazioni che hanno portato alla creazione di nuove sale, come quella affidata nel 1986 dall’associazione degli Amici di Brera all’architetto James Stirling, alla sistemazione dei locali sotterranei negli anni 2000. Fino all’ultimo finanziamento del 2012 con l’avvio dei lavori completati in gran parte nel 2018. Ma dopo il passaggio di consegne all’allora direttore James Bradburne, i lavori si sono fermati di nuovo per una serie di problemi di non poco conto - come la scoperta di amianto che ha richiesto una bonifica ambientale - mentre, nel frattempo le opere Jesi e Vitali trovavano spazio nelle sale napoleoniche in speciali depositi a vista, realizzati grazie il finanziamento della Fondazione Sacchetti. Se si aggiungono gli ulteriori ritardi dovuti allo scoppio della pandemia, si capisce perché la Grande Brera aveva assunto i contorni di una telenovela infinita, condita da polemiche e critiche: non ultima la scelta di alcuni collezionisti come i Mattioli che hanno preferito destinare due anni fa i loro 26 capolavori futuristi e metafisici in comodato d’uso gratuito, anziché qui, al museo del Novecento del Comune di Milano. Fino all’annuncio di un anno fa, da parte dell’ormai ex ministro alla Cultura Gennaro Sangiuliano, di aprire l’edificio il 7 dicembre 2024, festa di Sant’Ambrogio.
Se oggi la “maledizione di Brera” sembra essere giunta oggi al termine, i problemi tecnici però rimangono. E si può dire che sia una partenza azzoppata. Visti gli ormai noti problemi di mancanza di personale (mancano oltre cinquanta tra custodi e funzionari) e nonostante il ricorso a 25 nuovi addetti Ales, il museo sarà aperto solo quattro giorni a settimana, dal giovedì alla domenica, e solo il pomeriggio dalle 14 alle 19. «Una fase di sperimentazione che durerà fino a maggio», l’ha definita il direttore Angelo Crespi, alla guida del museo dallo scorso gennaio, aggiungendo che a breve incontrerà i sindacati. Per l’assunzione dei custodi bisognerà aspettare quindi il concorso pubblico. Un problema che si ripercuote anche sugli ingressi: non potranno accedere i gruppi «e nemmeno le visite scolastiche fino a settembre», ha aggiunto il direttore, ma solo singoli visitatori con un biglietto separato dalla pinacoteca del costo di 12 euro, in attesa che in autunno venga introdotto il biglietto unico da 20 euro. Come capienza è stato stimato un massimo di mille visitatori al giorno considerando gli spazi contenuti di queste sale, a differenza della pinacoteca che ne può accogliere il doppio.
Intanto, oltre alla rassegna documentaria sulla storia di Brera allestita secondo piano, nella sala ipogea intitolata a Stirling si possono ammirare dieci monumentali lavori in legno realizzati da Mario Ceroli. Questa mostra segna soprattutto l’avvio di una collaborazione tra Brera e la Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, che in primavera terrà una grande monografica sullo scultore abruzzese realizzata grazie a Ifis Art. A maggio aprirà infine il grande giardino retrostante che collegherà il palazzo con il complesso e l’orto botanico di Brera.