Pace, dialogo, giustizia. Nella mia agenda questi restano i temi principali.
Penso che sia di vitale importanza per noi superare i risentimenti, e stabilire relazioni di fiducia tra le comunità.
Per farlo occorre compiere passi concreti e coraggiosi.
Dobbiamo sottolineare ciò che ci unisce molto di più di ciò che ci divide. E dobbiamo cominciare ribadendo – e dimostrando – che il problema non è il Corano, né la Torah o la Bibbia. La fede, lo ripeto spesso, non è mai il problema, lo è semmai il modo con cui i fedeli si comportano nelle relazioni degli uni verso gli altri. È per questa ragione che dobbiamo sottolineare ed enfatizzare i valori fondamentali comuni a tutte le religioni: compassione, solidarietà, rispetto per la persona umana. Soprattutto la regola d’oro del nostro agire deve essere di «fare agli altri quel che vorresti fosse fatto a te».
In un tempo di incertezza, di divisioni, di scontri e di paure abbiamo invece bisogno di uscire da stereotipi, generalizzazioni e preconcetti. Occorre fare attenzione a non lasciare che i crimini commessi da singole persone o da piccoli gruppi ci facciano cadere nella trappola delle generalizzazioni, in modo che questi atti condizionino il nostro modo di guardare a intere popolazioni, intere regioni e religioni.
Dobbiamo rifiutarci di strumentalizzare la religione per giustificare qualsiasi genere di violenza; opporci all’uso della fede per favorire la discriminazione e l’esclusione; respingere ogni tentativo di sfruttare e dominare gli altri adoperando la forza, la capacità intellettuale o spirituale, la ricchezza o lo status sociale.
Per il futuro mi auguro che le iniziative di dialogo interreligioso – penso ad esempio all’Appello Spirituale di Ginevra – possano insegnarci che accanto a una infinita diversità delle culture esiste una civiltà globale basata su valori condivisi di tolleranza e di libertà. Una civiltà fondata sulla tolleranza del dissenso, che sa riconoscere e accogliere la diversità culturale, che sa insistere su valori fondamentali come l’universalità dei diritti umani, confermandosi nel convincimento che in tutto il mondo le persone hanno diritto ad esprimersi sul modo con cui si è governati.
Si tratta di una "civiltà" basata sulla convinzione che la diversità tra culture è qualcosa da valorizzare, non da temere. Molte guerre, purtroppo, derivano dal timore di coloro che sono diversi da noi stessi. Solo attraverso il dialogo si possono superare queste paure.
È questo l’impegno che dobbiamo perseguire.
Kofi Annan è stato segretario generale delle Nazioni Unite, dal 1996 al 2006
Riproponiamo uno scritto di Kofi Annan su Avvenire, pubblicato domenica 11 gennaio 2009. Un testo che resta ancora oggi di assoluta attualità
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