sabato 4 aprile 2015
La scoperta dello storico Michael Hesemann dopo una lunga ricerca tra Archivio Segreto Vaticano e nunziature di Monaco di Baviera e Vienna.
La battaglia di Papa Benedetto XV contro il genocidio armeno
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Dopo una lunga ricerca sviluppatasi tra Archivio Segreto Vaticano e nunziature di Monaco di Baviera e Vienna, lo storico Michael Hesemann ha appena pubblicato i frutti del suo lavoro dedicato al genocidio degli armeni (Völkermord an den Armeniern, Herbig Verlag, pp. 352, euro 25), il cui valore è dato dall’aver potuto consultare circa duemila pagine di documentazione inedita.
Autore di una biografia su Pio XII, nel 2008 il tedesco di Düsseldorf stava lavorando ad un secondo libro sul Pastor Angelicus al fine di dimostrare in forma ancor più convincente il suo impegno coraggioso a difesa degli ebrei perseguitati, quando – ottenendo per la prima volta l’accesso all’Archivio Segreto Vaticano – poté prendere visione dei documenti concernenti l’attività di Pacelli quale nunzio a Monaco e Berlino negli anni 1917-1929.«Fu allora che m’imbattei in un documento che mi colpì profondamente – racconta Hesemann –. Si tratta dell’appello accorato dell’allora arcivescovo cattolico di Colonia, il cardinale Felix von Hartmann, al cancelliere del Reich affinché venissero impedite ulteriori violenze contro gli armeni da parte degli alleati turchi. La "persecuzione degli armeni del 1915", scriveva Hartmann, non avrebbe nulla da invidiare "quanto a efferatezza, alle persecuzioni dei cristiani dei primi secoli". Il cardinale le definiva "atrocità al cospetto di Dio" che "gridano al Cielo" e riteneva il governo imperiale moralmente in dovere di intervenire.

Hartmann era un conservatore, un fervido nazionalista, dunque il fatto che si fosse espresso in quei termini a difesa degli armeni mi ha fatto immaginare quanto fosse rimasto scosso dalle notizie che arrivavano da Oriente. Da quel momento ho iniziato la mia ricerca».

E il libro appena pubblicato dimostra che ha trovato molto. A quale tipo di documentazione è potuto accedere?
«Anzitutto circa 600 pagine negli atti della Segreteria di Stato vaticana relativi alla prima guerra mondiale, poi almeno 1200 pagine di atti prodotti dalla Delegazione apostolica a Costantinopoli (grazie alla disponibilità del prefetto dell’Archivio Segreto Sergio Pagano). A questi si sono aggiunte altre 200 pagine presenti negli archivi delle nunziature di Monaco e Vienna».

Ci sono dunque novità emergenti da quegli atti? Il suo libro aveva forse l’intento di riscrivere la storia del genocidio armeno?
«La ricerca storica seria non deve riscrivere, tutt’al più integrare, avendo ben presente quanto ricostruito da altri. E nella mia indagine ho scoperto quanta poca considerazione avessero avuto finora gli sforzi prodotti dal soglio apostolico per porre fine alle atrocità sugli armeni. Sforzi che ovviamente potevano fare uso dei soli canali diplomatici, essendo il contesto quello dell’Impero Ottomano nel quale i cristiani non avevano alcuna voce in capitolo, tanto più in un contesto di guerra. La possibilità di esercitare pressioni sul regime controllato dai Giovani Turchi era molto ridotta e tuttavia va detto che papa Benedetto XV ha tentato tutto ciò che era umanamente possibile».

Che cosa in concreto?
«Parliamo di due sue lettere al sultano, di varie istanze mosse dal delegato apostolico, ma anche di interventi presso gli alleati dei turchi, in particolare presso il Reich tedesco, prussiano-protestante, dimostratosi del tutto indifferente, e presso il cattolico Impero austro-ungarico, allora purtroppo impotente. Nonostante qualche promessa turca, non si ottenne alcun risultato e morirono allora circa 1,5 milioni di cristiani armeni».

Nel suo libro lei accusa duramente il Reich, nel senso che il genocidio armeno avrebbe potuto essere evitato…
«Assolutamente sì, se il Reich, che era il maggiore alleato degli ottomani, avesse esercitato la giusta pressione. Lo dimostra quanto avvenuto con i coloni ebrei in Palestina, che ugualmente avrebbero dovuto essere deportati e uccisi dai turchi. In quel caso all’intervento della Santa Sede seguì una pronta azione tedesca sul comandante d’armata turco Cemal Pascha attraverso il generale von Falkenhayn. Si deve ricordare che nel Reich vivevano almeno 600.000 ebrei, ben integrati e anche a servizio dell’esercito prussiano. Riguardo agli armeni, al contrario, il Reich non aveva alcun interesse a intervenire: "Il nostro unico obiettivo – scrisse allora il cancelliere von Bethmann-Hollweg in un documento pubblico – è quello di conservare la Turchia al nostro fianco fino alla fine della guerra, e ci è indifferente che muoiano o non muoiano gli armeni". Si discute ancore se vi siano stati militari tedeschi al servizio degli Ottomani che abbiano partecipato direttamente o indirettamente al genocidio, ma certamente noi tedeschi ci siamo resi corresponsabili, poiché sebbene a conoscenza abbiamo taciuto».

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