«Sul divorzio cosiddetto facile l’Ncd è riuscito a ottenere miglioramenti significativi al testo originario», rivendica Maurizio Sacconi. Ieri, per il capogruppo al Senato del partito di Alfano non è stata una giornata ordinaria, con la svolta in commissione Giustizia, dove il Pd ha votato insieme a M5S sulla responsabilità civile dei magistrati. Lui ha reagito annunciando la decisione di dimettersi dal suo incarico, poi - per Sacconi - è arrivata la telefonata rassicurante del premier.
Il malessere da cosa scaturiva? Il Pd non può pensare che su temi sensibili come la giustizia o il lavoro siano possibili maggioranze spurie o la supina accettazione da parte nostra delle faticose composizioni al suo interno. Lo stesso vale per i temi etici che sono pre-politici, è vero, ma nel senso che sono più che po-litici, e contengono quindi molte delle ragioni della nostra partecipazione a questa maggioranza, in quanto liberal- popolari - fra l’altro - impegnati a strutturarsi meglio. La mia iniziativa è nata dal loro tentativo di bloccare con i grillini alcune nostre proposte sulla responsabilità civile dei magistrati: è stata la prima volta su una materia politicamente rilevante.
E che cosa le ha detto Renzi? Mi ha assicurato che la maggioranza deve essere sempre coesa e che ci sarà rispetto per la sua composizione plurale su ogni tema di governo. E io ho il dovere di credergli - dopo aver lanciato un
warning - fino a prova contraria.
Si diceva del decreto giustizia... Ecco, credo abbiamo fatto la nostra parte. Abbiamo ottenuto che il divorzio non fosse condotto in una sfera privatistica, prevedendo nelle due diverse procedure l’intervento conclusivo del magistrato e del sindaco, in modo che sia verificata la libera determinazione di ciascuno dei coniugi e siano soprattutto tutelati i figli minori o disabili.
Ora però divorzio breve e omofobia arrivano al Senato in seconda lettura. Consideriamo odioso ogni comportamento omofobico che tuttavia si isola meglio in un clima condiviso della nazione, mentre il testo approvato dalla Camera è divisivo perché colpisce la libertà di opinione e di associazione.
Sulle unioni civili il Pd ha scelto di non forzare sul ddl Cirinnà. Ma i nodi restano tutti. Chiediamo un testo condiviso nel quale non basta il no all’adozione e alle provvidenze pubbliche, dalla pensione di reversibilità agli assegni e alle detrazioni per il coniuge a carico. Bisognerà che il testo sia formulato in modo tale da non consentire che una giurisprudenza creativa introduca successivamente ciò che pure è stato negato o non regolato. E siamo convinti che la vera ragione dell’inconsistente mozione di sfiducia contro Alfano derivi dalla sua doverosa circolare contro la omologazione dei matrimoni omosessuali all’estero attraverso l’iscrizione negli stessi registri dei matrimoni ordinari. Sempre nella speranza poi che un giudice faccia il resto.
Il 15 sarete in piazza. Per dire cosa? La nostra è una manifestazione di servizio, il
#FamilyAct è la messa a disposizione di uno spazio pubblico per tutti coloro, singoli e associazioni, che vogliono rimettere la vita e la famiglia al centro della politica pubblica. Per questo i veri protagonisti saranno i responsabili dei movimenti che hanno aderito, per testimoniare la volontà di tutti di non subire passivamente l’aggressione ideologica ai principi sui quali si è formata la nostra nazione. Il nostro Paese, ha fatto nel dopoguerra molto per la famiglia, ma manca tuttora una legislazione che favorisca, con progressione esponenziale, le famiglie numerose. Riprendiamo anche una proposta, simbolicamente importante: il voto plurimo per i genitori con figli minori. Su questi temi daremo il nostro contributo alla maggioranza anche in termini di spesa pubblica e di regime fiscale, a partire dalla legge di stabilità. Renzi dice di essere sensibile. Collaboreremo fino a prova contraria.