"Non mi importa nulla dell’Expo dei ricchi. Io sono qua a protestare perché sono precaria e sfruttata". Alessandra ha 25 anni, è di Torino. La sua è una storia comune, uguale a quella di tanti giovani, che nonostante l’alto grado di istruzione non trovano nulla di qualificante. "Lavoro in una cooperativa sociale – spiega Alessandra (che non vuole rivelare il suo cognome) – sfruttamento vero, nessun diritto, una paga da fame, peggio della fabbrica, dove per una vita ha lavorato mio padre, che per lo meno ora è in pensione, cosa che io non avrò mai". Come Alessandra ce ne sono a decine nel corteo dei precari, la Mayday Parade, la manifestazione che ogni anno va in scena a Milano, in alternativa a quella dei sindacati, e che quest’anno raccoglie anche le istanze di chi è contro Expo o la Tav in Valsusa. Un ragazzo ci dice: "Questa manifestazione e non quella dei sindacati rappresenta le istanze di generazioni che stanno morendo, che non hanno più un futuro". Ha l’aria istruita, non vuole dire il suo nome ("bisogna stare attenti contro la repressione", spiega) è di Milano. Una laurea all’Università Bicocca. "Il Jobs Act? Una presa in giro, come la Legge Biagi, che ha istituzionato il precariato e lo sfruttamento. I ricchi hanno sempre fragato i poveri. Sarà sempre così". Il corteo si snoda, l’aria è tesa, un ventenne ci si para davanti: "Sei giornalista?" "Sì". "Allora scrivi che un giorno i giovani si ribelleranno ancora contro i vecchi che ci hanno rubato il futuro". Parla di “sfruttamento”, parola antica che però sembra essere tornata di moda, come la frase vista su alcuni cartelli: "Vogliamo giustizia sociale". Poi si allontana, sorride e ci saluta con il pugno chiuso: "Hasta la victoria siempre, giornalista. Prova a stare dalla nostra parte".