Dal Cpsa di Pozzallo e dall'hotspot
sperimentale (ex Cpsa) di Lampedusa, passando per Porto
Empedocle, sono diventati più rapidi nell'ultimo periodo i
respingimenti dei migranti anche in situazione di vulnerabilità.
Sui due territori (Pozzallo e Porto Empedocle), nel mese di
novembre, dovrebbero attivarsi due dei cinque hotspot previsti
nell'Isola.
Dal 24 settembre a oggi 100 migranti "vulnerabili" arrivati al
centro di prima accoglienza (Cpsa) di Pozzallo che necessitavano
di cure mediche sono stati respinti, subendo procedure di
identificazione più rapide con un approccio diverso rispetto a
prima. A renderlo noto è Medici senza frontiere, che
all'interno del centro ha un suo presidio medico e che si aspetta
un chiarimento da parte delle autorità competenti. Tra le cento
persone, dell'ultimo periodo, c'erano, donne, anche incinte,
minori e persone vulnerabili, passate attraverso viaggi in mare
che necessitavano di continuare le cure mediche. La struttura,
dove per il momento ci sono 50 migranti, dovrebbe diventare a
novembre uno dei cinque hotspot siciliani.
Intanto, altri respingimenti di migranti sono avvenuti, venerdì
scorso, a carico di alcuni subsahariani, provenienti da Cpsa
(adesso hotspot sperimentale) di Lampedusa, dopo altre
identificazioni frettolose e sommarie. A dirlo, questa volta è
la Caritas di Agrigento che ha ascoltato il racconto di dieci
migranti provenienti da Lampedusa, trasferiti a Porto Empedocle e
poi alla stazione dei treni di Agrigento.
"Migranti provenienti dall'Africa subsahariana, arrivati a
Lampedusa e trasportati a Porto Empedocle - dice Valerio Landri,
direttore della Caritas di Agrigento -, sono stati sottoposti a
un procedimento sommario di valutazione in merito alla
'possibilità di richiedere protezione internazionale". In sintesi, pare che adesso, sulla semplice base del paese di
provenienza la questura possa decidere se consentire o meno a un
migrante di chiedere protezione all'Italia, dice ancora il
direttore della Caritas. In questa confusione all'italiana chi
ci va di mezzo sono ancora una volta i più fragili e il privato
sociale ed ecclesiale (Caritas, parrocchie, associazioni di
volontariato, privati cittadini) che sentirà di dover dare una
risposta umana ad una prassi che di umano non ha nulla.