Irifiuti speciali pericolosi dell’impianto Eni di Viggiano potrebbero essere finiti in mare, nello splendido mare calabrese tra la costa e le isole Eolie. Qui, infatti, a 500 metri dalla riva, scarica la condotta della Iam, Iniziative ambientali meridionali di Gioia Tauro, dove l’Eni ha inviato circa 30mila tonnellate di rifiuti provenienti dalla lavorazione degli idrocarburi, gli stessi illegalmente finiti nel sottosuolo lucano. Un impianto che, secondo la procura di Potenza, non era autorizzato a smaltire tale tipologia, ma solo rifiuti non pericolosi. Proprio per questo i suoi responsabili sono tra gli indagati. Vicenda che interessa molto anche la Dda di Reggio Calabria, competente sui reati relativi ai traffici di rifiuti, che da tempo tiene d’occhio l’azienda. «Ben prima dell’inchiesta in Basilicata» ci spiega un investigatore. Ma l’attenzione cresce. Sia degli inquirenti che della popolazione da tempo preoccupata per questo grande sito che si trova tra cimitero e la città, con le case praticamente attaccate. Quando ci arriviamo il cattivo odore è evidente, ma ci assicurano che in passato è stato molto peggio, al punto che un vicino ristorante ha dovuto chiudere per alcuni giorni. E proprio nel periodo degli scarichi provenienti da Viggiano. Una puzza che compare anche nelle intercettazioni di alcuni imprenditori, contenute nell’ordinanza di custodia catelare. «Quindi la Iam ha dei problemi?», chiede il 26 giugno 2014 Vincenzo Lisandrelli, coordinatore ambiente del Dime, la struttura dell’Eni per la ricerca. «No, è la popolazione che ha il problema degli odori – risponde Antonio Curcio dell’Ecosistem di Lamezia Terme –, esce su tutti gli impianti delle vostre acque». «Si erano mai verificate cose di questo genere?». «No, tant’è vero che la Iam a noi non ha detto di non andarci. È la popolazione che ci sta bloccando. Ci sono 20 macchine ferme, ma non sono mie. Io il vostro prodotto sono riuscito a scaricarlo in tempo». Insomma sembra che il problema siano le proteste. Ma poi il dirigente Eni fa un’altra domanda. «Però scusa, gli odori sono partiti da quando gli mandiamo le nostre acque?». «Lo sai che c’è? – è la risposta – Con la stagione estiva le vostre acque puzzano di più. Dobbiamo vedere di fare qualcosa su Viggiano, affinchè viaggiamo tranquilli ». In altre intercettazioni compare il sospetto che in quell’acqua ci sia idrogeno solforato, e potrebbe es- sere la causa della puzza. Ma non solo quello. La linea 4 dell’impianto della Iam, quello dove scaricava anche l’Eni, era già stato sequestrato alcuni mesi fa dagli investigatori della Capitaneria di porto che ha sede a poche decine di metri. Si sospettava che ci fosse cadmio, sostanza che non doveva esserci. Poi l’impianto era stato dissequestrato, ma le indagini, condotte assime ai carabinieri del Noe di Reggio Calabria, non si sono fermate. Preoccupa l’inquinamento, ma anche le possibili gravi conseguenze. «Il rapporto tra puzza e ma-lattie non è scientificamente provato, ma qualcosa che non va c’è». Ad attirare l’attenzione degli investigatori le file di camion, i 'bottini', che vengono a scaricare. Dalla Basilicata, ma anche dalla Sicilia. E poi una preoccupante insorgenza di tumori molto concentrata. Anche su questo si indaga, ma con difficoltà perché non esiste un registro tumori. Con l’arrivo dell’estate c’è un altro timore tra la gente. Ci dicono che spesso arriva sulle spiagge a nord, le più belle del Vibonese, una larga chiazza oleosa. E da dove arriva? Da Gioia Tauro.