«Basta con l’immobilismo e con le ipocrisie. O l’Europa è veramente unita e solidale su un’emergenza epocale come quella dell’immigrazione o non lo sarà più...». Al telefono da Parigi, dove ha rappresentato l’Italia in un vertice sulle misure anti terrorismo nel settore dei trasporti, il vice ministro dell’Interno Filippo Bubbico (Pd) ribadisce con tono pacato ciò che il governo guidato dal premier Matteo Renzi ormai sollecita da mesi: «Lo sforzo dell’accoglienza deve essere condiviso in ambito europeo, senza trincerarsi più dietro l’applicazione del regolamento di Dublino III, che impone che i richiedenti asilo restino nello Stato Ue di primo ingresso, scaricando sui Paesi di frontiera un onere insostenibile».
Intanto l’Italia ha quasi ultimato la messa a punto degli «hot spots», i centri di prima identificazione chiesti dalla Ue... Sì, tre in Sicilia sono già pronti e altri due, a Taranto ed Augusta, lo saranno in autunno.
Entreranno in funzione anche senza l’intesa sulla «relocation » europea dei richiedenti asilo? Alcuni Stati europei fanno ancora orecchie da mercante... Io penso che esistano le condizioni per chiudere quell’accordo. La Commissione Juncker ha fissato un’agenda chiara di impegni. Ora è giunto il momento di renderli esigibili, superando le logiche dello scaricabarile e del bilancino e lasciando da parte gli interessi elettorali di qualche partito...
L’Italia accoglie al momento 95mila migranti, al costo medio di 35 euro al giorno, ma il flusso dei barconi non si ferma. Servirebbero altre strutture e altri fondi? Il ministero dell’Interno, attraverso le prefetture e d’intesa con le Regioni e gli Enti locali, vaglia di continuo la possibilità di altre strutture. Ma non è un onere che l’Italia possa portare a lungo da sola. Occorre, ripeto, che la Ue passi a un meccanismo di quote e, al contempo, intensifichi le azioni diplomatiche e la cooperazione coi Paesi di partenza e di transito per regolare i flussi.
Se non dovesse accadere, sull’immigrazione l’Europa avrebbe davvero fallito, come scrive il New York Times? Finora la Ue ha eluso il problema, pensando di scaricarlo su Italia e Grecia, almeno in questa fase. Ricordo che quando l’Italia varò da sola l’operazione
Mare nostrum, ciò avvenne in mezzo all’indifferenza di diversi partner europei. I fatti mostrano che quei nostri appelli, allora ritenuti esagerati, si sono rivelati tragicamente fondati.
Barack Obama chiede alla Ue una stretta sulla tratta, mentre Ban Ki-moon annuncia un summit a fine settembre. Eppure sulle decisioni per fermare i trafficanti in Libia, l’Onu latita... Già. Ma, mentre i profughi muoiono, serve davvero fare la contabilità delle ipocrisie? Meglio cogliere i lati positivi di quelle prese di posizione per voltare pagina.
E cosa occorre per farlo? A livello europeo, occorre affrontare il problema senza scaricarlo solo sugli Stati 'mediterranei'. Del resto, non è un’emergenza solo marittima, come mostrano l’intensificarsi del flusso dai Balcani e la tragedia dei morti nel tir in Austria.
Anche in Italia sono stati innalzati i controlli su camion e furgoni in ingresso? È una vigilanza che le forze di polizia italiane hanno sempre effettuato, anche sui traghetti che trasportano automezzi in entrata, ad esempio dai Balcani. Ma, senz’altro, adesso è stata ulteriormente innalzata...
Sul fronte di mare, l’arresto in Libia di 3 presunti scafisti da parte di una milizia locale nel porto di Zuwara, una delle basi della tratta, pare un fatto nuovo. Come lo giudica? È un segnale inedito e positivo, da non sottovalutare...
Potrà avere riverberi sulla collaborazione fra l’Italia e le precarie autorità libiche nel contrasto ai trafficanti? Vedremo. Negli anni, le nostre forze di polizia hanno costruito una consuetudine di rapporti positivi con gli omologhi di quel Paese, ma il vero nodo resta il quadro generale della Libia, minato dall’instabilità politica e sociale del Paese...