C’è un Paese intero che attende le prossime mosse del governo. È un’Italia dove tanti non si consegnano allo smarrimento e alla logica del declino, ma dove si infittiscono i disagi e cresce l’allarme per lo scoramento, persino mortale, di imprenditori, disoccupati e pensionati stremati dalla crisi. È un’Italia che conta su segnali e scelte chiare di Mario Monti e dei suoi ministri. Viviamo un momento di svolta, in cui crescono il bisogno di certezze e la richiesta di un’equità palpabile, che non è stata del tutto garantita nella indispensabile manovra 'salva Italia' di dicembre. Il capo del governo dei tecnici ci ha strappato (per ora) dalle sabbie mobili create dai giochi senza frontiere (e purtroppo senza regole) in corso sui mercati finanziari. Lo ha fatto con una determinazione apprezzabile. E ora c’è da cambiare passo. Anche su queste colonne si è invocata a più riprese una "fase due", un decisivo secondo tempo – tutto orientato alla crescita – nella partita per rimettere in carreggiata il nostro Paese.
Ma forse bisogna cominciare a dire che non si può immaginare altro che una "fase unica" nell’attività di questo governo: restiamo, infatti, in piena emergenza finanziaria, determinata dalla mole di un debito pubblico lasciato crescere in modo colpevole e ormai insopportabile. E, al di là delle rassicurazioni di prassi, non si può affatto escludere che i prossimi mesi possano riservarci altre dosi di sacrifici. Perciò la fase di emergenza è "unica". Perciò il "coraggio" mostrato sinora dal governo verso lavoratori dipendenti, pensionati e risparmiatori va messo in campo assolutamente con tutti.
È vero infatti che molto – e come mai prima – è stato chiesto con l’ultima manovra ai redditi più alti, ma è anche vero che parliamo sempre dei redditi alla luce del sole: quelli esposti senza giochetti, tracciati, tracciabili, comunque già tassati. Serve una dimostrazione – emblematica e, al tempo stesso, concreta – della volontà e della capacità di far partecipare proprio ogni cittadino allo sforzo, secondo possibilità e giustizia. La palude in cui ci troviamo è stata creata, in primo luogo, dai nostri stessi errori: quelli compiuti in anni in cui nel Belpaese – nonostante continue battaglie retoriche sui diversi temi – hanno proliferato conflitti di interesse, rendite parassitarie, privilegi ingiustificati, sprechi, elusioni ed evasioni assortite.
Il gioco – il futuro nostro e dei nostri figli – vale la candela. Ma alla condizione che abbiamo appena accennato e che il premier Monti ha certamente ben chiara. Questo vuol dire che più ampio sarà il campo delle riforme di sistema portate a termine, più si lavorerà assieme con convinzione e più si rafforzerà nell’opinione pubblica l’adesione positiva a quest’opera di ricostruzione. È così che si possono rendere ben percepibili i benefici generali della fatica comune, e si può far capire quanto essi prevalgano sugli interessi particolari compromessi da questa o quella norma, da questo o quel cambiamento. Nessuno è, e può sentirsi, escluso: magistrati e tassisti, avvocati e grandi imprese, super burocrati e aziende municipalizzate, farmacisti e sindacalisti, evasori fiscali e politici… Fa bene il premier ad aver riannodato i fili di un inclusivo dialogo con le parti sociali e fa altrettanto bene a evitare una politica di annunci e ballon d’essai . Eppure, a proposito di evasione, ci piacerebbe sentire presto una parola definitiva sull’ipotesi di concordato fiscale per chi "tiene i soldi" in Svizzera e sul conseguente e stabile regime di tassazione di quei capitali, una sacrosanta rivoluzione all’insegna dell’equità non a caso già avviata con tempestività e successo da altri grandi Paesi europei come Germania e Gran Bretagna. Sarà anche un modo per dare un segnale di giustizia a chi evade perché s’è magari rassegnato all’idea che sia solo quella la strada per far sopravvivere la propria attività e per non distruggere posti di lavoro. All’Italia e agli italiani servono davvero messaggi interi e forti, come questo.E qui proviamo a suggerirne un altro paio: si attui e si anticipi al 2012 quel "patto con i cittadini" (previsto sulla carta dalla manovra di Ferragosto, e solo a partire dal 2015) per cui ogni euro recuperato dalla lotta contro gli evasori fiscali è destinato alla riduzione immediata delle tasse. E si incida con rapidità, secondo l’intento già formalizzato dal presidente del Consiglio, sul bubbone della spesa pubblica (quella corrente, non la spesa per investimenti), che da 15 anni cresce più del Pil nazionale e che certo non è (non era…) alimentata solo dalle pensioni, ma da un’irrazionale pletora di impegni mal programmati e peggio – si fa per dire – onorati.
Dire e dare queste cose al Paese è possibile, e questo è il tempo per farlo.