sabato 17 dicembre 2011
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Ha senso parlare di «speranza» mentre noi tutti – persone, famiglie e comunità – siamo sottoposti a sacrifici durissimi e mai spiegati abbastanza per salvare la «barca Italia» arrivata a meno di niente dal naufragio? Pensiamo che non ci sia momento migliore di questo per farlo. E che forse non ci sia modo meno retorico e più giusto di quello scelto ieri da Mario Monti. Il presidente del Consiglio ha accompagnato il giro di boa alla Camera di una manovra difficile eppure indispensabile tornando a dire agli italiani la verità che, per troppo tempo, nessuno ha avuto il coraggio di dire sia sulle gravi condizioni reali del nostro Paese sia sulla determinazione a perseguire quelle riforme e quella serietà nell’uso delle risorse (fiscali e previdenziali) di tutti che non si possono più evitare. E ha spiegato perché né lui stesso né noi, suoi concittadini, possiamo e dobbiamo sentirci «disperati».È vero, questa manovra è per almeno due terzi (e in varia forma) tasse e per non più di un terzo recupero di fondi da investire per fronteggiare la recessione alle porte e la ulteriore distruzione di lavoro che minaccia. È vero, sul fronte delle azioni a sostegno della "crescita", resta da giocare quello che anche noi abbiamo chiamato il «secondo tempo» di una partita cruciale. Ma è anche vero che già oggi sino all’ultimo istante, e all’ultimo ordine del giorno votato, si è lavorato per aumentare il tasso di equità di un pacchetto di misure che, qui e ora, fanno "male" a tanti (contribuenti e pensionandi) e "bene" al futuro comune. Tutto questo nella situazione politica data, che è quella di un’ampia maggioranza «per forza» e di un’opposizione partitica e sindacale legittimamente «per interesse». Il premier conta in un salto di qualità. Il Quirinale lo auspica. La speranza da tradurre in realtà è che si sospendano i giochi e i veti incrociati, quelli che si vedono e quelli che restano nascosti, e si tenga assieme e per il tempo necessario la rotta giusta.
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