mercoledì 28 marzo 2012
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​E meno male che non ci sono solo malumori, cinguettii e fotografie d’occasione nella politica ai tempi di twitter e del governo dei tecnici. Meno male davvero. La vita degli italiani, le pensioni, le buste paga, il lavoro sono stati (o stanno per essere) cambiati e persino ruvidamente rivoluzionati da una ventata d’austerità che ci ha mantenuto sulla rotta utile e necessaria per allontanarci dalle incombenti secche di una disastrosa crisi "alla greca". E ora – per la spinta concorde dei leader delle tre forze che sostengono l’attuale esecutivo: Alfano, Bersani e Casini – comincia finalmente a organizzarsi anche il cantiere di quelle riforme (istituzionali ed elettorali) del "fare politica" che non abbiamo mai smesso di auspicare e che gli italiani, sempre più delusi e tentati dalla contro-politica, si stanno ormai stancando di attendere.È l’altra metà della fatica che dev’essere affrontata e compiuta in un tempo propizio, forse irripetibile e certo da non sprecare come quello garantito dal "governo di tregua" guidato da Monti. È la metà che spetta al Parlamento: un’opera riformatrice e – vogliamo sperare – risanatrice dei "meccanismi" del Palazzo, del suo "peso" (in seggi e costi) e del suo rapporto fiduciario e di rappresentanza reale con i cittadini. È la metà della quale nessun governo tecnico potrebbe incaricarsi e che soltanto i partiti possono realizzare. E non è un’opzione qualsiasi: se non verrà svolta in modo serio ed equilibrato, nei non molti mesi che ci separano dalla fine della XVI legislatura, si accentuerà drammaticamente l’altra grande crisi che attanaglia l’Italia, quella in cui è infine precipitato il vecchio bipolarismo forzoso, rissoso e – l’abbiamo scritto infinite volte – sterilmente furioso.Non ci siamo, infatti, lasciati alle spalle e non si sta tentando di archiviare una specie di età dell’oro della buona politica. Cercano di farlo credere taluni allarmati oppositori di ogni tentativo di riordinare – nel rispetto del saldo impianto della Costituzione del 1948 – ciò che è stato disordinato e logorato negli anni della cosiddetta Seconda Repubblica. Sbagliano. Un nuovo e sensato bipolarismo potrà germinare solo da un superamento altrettanto sensato dei vizi strutturali del quadro precedente e degli strumenti che l’hanno tenuto in piedi, cioè anche delle due leggi elettorali (Porcellum e Mattarellum) che non hanno dato stabilità ed efficacia ai governi, hanno incentivato frazionismo e trasformismo e hanno allontanato classe politica e Paese reale. Ora siamo all’«Abc» di una proposta nuova, vedremo come verrà articolata e quanto sarà convincente.C’è però un altro cruciale e urgente lavoro da fare: sui partiti e nei partiti. Partiti che – come ha avvertito giusto due giorni fa il presidente della Cei, cardinale Bagnasco, interpretando tanta parte dell’opinione pubblica – non riusciranno a convincere gli italiani e a riprendersi il loro ineliminabile posto in una democrazia degna di questo nome senza un serio processo di auto-rinnovamento e di apertura a nuove energie.
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