La vera forza dei signori di Azzardopoli è di essere mediaticamente invisibili. Qualsiasi cosa accada, in pagina, in onda e sul web loro ci sono soprattutto con una pervasiva e, sinora, irrefrenabile pubblicità. E questo conta tanto quanto l’essere burocraticamente corazzati e politicamente invulnerabili.Pensate che esageriamo? Provate a scorrere i giornali, a rivedere i Tg, a riascoltare i Gr e a consultare i siti d’informazione pur inondati, da giorni, di notizie dettagliate sulla legge di stabilità 2016. La Manovra riguarda non solo (con ritocchi fiscali di qualche rilievo) l’intero settore dell’azzardo, ma anche (e pesantemente) le scommesse legali. Si aprono infatti le porte a 15mila sale e 7mila corner messi a bando, per un totale di 22mila punti azzardo: il doppio degli attuali. Ma di quest’ultimo e inspiegabile azzardo di Governo – abbiamo già commentato a caldo che non somiglia affatto al profilo riformatore e moralizzatore che l’esecutivo di Matteo Renzi ha deciso di darsi – nei notiziari non c’è traccia. La parola “scommesse” trova spazio solo sulle agenzie di stampa, e annega nelle cronache, fino a scomparire. Quanto al termine specifico, “azzardo”, ancora una volta sembra essere diventato insignificante, anzi inesistente. Se proprio si deve evocare, si parla di “gioco” (una menzogna travestita da troppo tempo in “modo di dire”: l’azzardo non è mai un gioco, avvelena, massacra e usura la vita di persone, famiglie e imprese). Insomma: questa misura fuori misura, fulmine violento e inaccettabile in un cielo già tempestoso, è una notizia che non circola. Neanche lo sciopero della fame autorevolmente ipotizzato da don Virginio Colmegna contro il bando e contro il continuo rinvio dello stop della pubblicità “azzardata” sembra incrinare un muro di silenzio cementato da indifferenze, compiacenze e corposi interessi. E così un’operazione sbagliata e dannosa rischia di passare alla chetichella, mentre non si avvia la sacrosanta svolta anti-spot.Eppure la notizia della moltiplicazione delle sale scommesse, era stata in qualche modo anticipata e caricata di significato dirompente. E non dai media, bensì – l’abbiamo ricordato ieri – dall’inchiesta “Gambling” condotta dalla Dda di Reggio Calabria. Gli inquirenti antimafia calabresi, nel luglio scorso, hanno portato alla luce i piani con cui i capi della ’ndrangheta – già presenti nel settore, come altri malavitosi d’ogni affiliazione – pregustavano un prossimo bando statale, preparandosi a occupare un altro pezzo di “azzardo legale”. È legittimo chiedersi se, a Roma, i solerti tecnici dell’Economia si fossero accorti di tutto questo e se i politici si rendano conto che invece di ridurre la metastasi dell’azzardo (aggravata dalle devastanti infiltrazioni delle mafie) stanno contribuendo ad aggravarla. Non può e non deve essere vero. I danni dell’azzardo sono visibili, sempre di più, e in modo sempre più duro e triste. I media e la buro-politica hanno il potere di dire basta.