martedì 31 marzo 2015
COMMENTA E CONDIVIDI
​C'è una nuova primavera a Tunisi? La grande marcia di domenica contro il terrorismo, per la democrazia e per la tolleranza sarà in grado di segnare una tappa significativa nel contrasto delle idee che alimentano il fondamentalismo armato? Può sembrare paradossale chiederselo a meno di due settimane dall’attacco al museo del Bardo, con il numero delle vittime che ancora, tragicamente, sale perché i feriti più gravi non ce la fanno. Eppure, la reazione dei 70mila in corteo dice che pure un atto brutale, vigliacco e potenzialmente destabilizzante (sia per la politica sia per l’economia) a volte ha l’effetto, non voluto, di risvegliare le coscienze e fare compiere scelte di campo più chiare. Domenica si è vista una Tunisia che vuole opporsi attivamente a derive radicali e ha il coraggio di impegnarsi in prima persona per questo obiettivo. In piazza c’erano intellettuali e attivisti laici, ma anche famiglie con i bambini e, se ne può essere certi, tanti sinceri credenti musulmani che rifiutano la strumentalizzazione della propria fede senza tuttavia abdicare ai princìpi fondanti.Forse qualche opportunista s’è mischiato alla folla, qualche esponente del fronte islamista in precedenza mai schierato apertamente contro gli estremismi ha voluto unire per una volta, ma senza convinzione, la propria voce a quelle genuine che si sono sentite domenica. Complessivamente, però, si tratta di una Tunisia che andrebbe sostenuta, sia simbolicamente sia materialmente a essere un bastione contro le infiltrazioni dell’Is e un esempio di Paese islamico che non sprofonda nelle divisioni, nel radicalismo o, peggio, nella violenza. Non è un compito facile quello dell’attuale governo e della maggioranza silenziosa sfilata nella capitale. Non bisogna né essere ingenui, né farsi illusioni sganciate dalla realtà. È noto che migliaia di giovani sono partiti per combattere in Siria, dalla quale torneranno - quelli che riusciranno a tornare - pericolosamente indottrinati. E si sa che alcuni politici continuano a flirtare con un’idea di islam non inclusivo e, spesso, apertamente aggressivo. Ma anche per questo quella di domenica è stata un’occasione persa da gran parte dell’Europa (e dagli Stati Uniti). Solo François Hollande e Matteo Renzi  tra i leader maggiori hanno lucidamente e coraggiosamente scelto di essere presenti a Tunisi, a fianco di lady Pesc Federica Mogherini, mentre sarebbe servito un colpo d’occhio dei big occidentali uniti e coesi, come si era avuto a Parigi l’11 gennaio all’indomani della strage di Charlie Hebdo e del supermarket kasher. Una foto simile avrebbe messo in imbarazzo gli assenti (come a gennaio è stato per Barack Obama) e mandato un messaggio di ben altra forza, non forse agli invasati del Califfato poco inclini a farsi intimidire, bensì a tutti coloro che dell’Is e della sua propaganda possono subire il fascino perverso e che hanno dunque bisogno di una "contro-propaganda" altrettanto calda ed efficace. Che cosa avevano di meglio da fare quei capi di Stato e di governo - viene da chiedersi con una domanda impertinente - che a Tunisi hanno mandato delegazioni di basso profilo (o soltanto l’ambasciatore)? Forse hanno pesato i timori per l’incolumità. Ma non va escluso che si sia semplicemente sottovalutata la rilevanza dell’evento. D’altra parte, non mancano i critici di parate e di vaghe promesse nei momenti carichi di emozione, gesti che poi non trovano seguito, aggiungendo amarezza e disillusione al danno. Ma, oggi più che mai, ogni assenza pesa.Se perciò si volesse cogliere l’opportunità che rimane ancora aperta, nessuna delle considerazioni precedenti impedisce che si possa adesso agire sul piano concreto, nella linea scelta ad esempio dall’Italia, la quale ha cancellato il (pur esiguo) debito della Tunisia. Aiutare il turismo a non venire depresso dalla paura di nuovi attacchi, dare chance allo sviluppo del Paese sono strumenti lungimiranti (e relativamente poco costosi) che permettono di avvantaggiare tutti, sottraendo molti giovani tunisini alle sirene della rivolta senza sbocco e dello stesso Stato islamico. E, forse, risparmiandoci qualche altro devastante attentato. Non si tratta forse di investire – anche egoisticamente – per la nostra sicurezza, contribuendo a renderci meno ostile la sponda sud del Mediterraneo? Ulteriori distrazioni (come quella di tanti, domenica) potrebbero essere molto più onerose di una breve manifestazione e di qualche sovvenzione alla fragile Tunisia.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: