Toccare con mano ancora una volta che il nostro povero mondo continua «a essere intriso di sangue innocente », per usare le parole di Benedetto XVI all’Angelus, non può che generare nel cuore «profonda tristezza». Il riferimento è agli orribili attentati perpetrati a Natale contro le comunità cristiane della Nigeria, rivendicati dalla setta estremista islamica Boko Haram. La domanda che da più parti viene posta è se sia davvero possibile affermare su scala planetaria, e nel contesto delle singole nazioni, una società multietnica e multireligiosa in grado di attenuare le contraddizioni del mondo.
La risposta non è affatto scontata, se si considera quanto è avvenuto lo scorso fine settimana nel più popoloso Paese africano. Mentre si dà per certo che il terrorismo della Mezzaluna sia un insieme di obbedienze, intolleranze e violenze infarcite di fanatismo, che ignora i tesori di armonia e di saggezza che le religioni hanno testimoniato lo scorso ottobre ad Assisi, la comunità internazionale non può continuare ad assistere inerte a queste mattanze.
«Il Natale – ha ricordato il Papa – suscita in noi, in modo ancora più forte la preghiera a Dio affinché si fermino le mani dei violenti, che seminano morte e nel mondo possano regnare la giustizia e la pace». Si tratta di un ideale possibile solo se vi è una decisa assunzione di responsabilità. Gli attentati perpetrati dal movimento Boko Haram sono in effetti sintomatici del malessere in cui versa la Nigeria e, in senso lato, l’intero continente africano. Stiamo parlando di una terra ricchissima, che custodisce immense risorse energetiche, anche se poi, ed è questa la nota dolente, la questione sociale rimane drammaticamente irrisolta. Chi sono infatti questi terroristi? Gente disoccupata, soprattutto giovani, che credono di perseguire la via del riscatto, convinti come sono che la sharia, la legge islamica, rappresenti la soluzione dei loro problemi.
È per questo motivo che nel comunicato della Conferenza episcopale nigeriana emesso il 9 dicembre si legge un appello più che eloquente: «Non possiamo non riconoscere l’urgente necessità della riconciliazione, della giustizia e della pace di fronte alle drammatiche sfide alla sicurezza nel nostro Paese. Come è stato ripetuto spesso, i nigeriani devono imparare a vivere insieme in pace, o periranno a causa della violenza e della distruzione reciproca».
Stando a indiscrezioni della società civile, i veri mandanti delle stragi di Natale sarebbero personaggi della politica locale e addirittura dell’alta finanza nigeriana, con investimenti nel business del petrolio, ma anche esponenti del salafismo saudita, lo stesso che ha foraggiato al-Qaeda in giro per il mondo.
Da questo punto di vista, il rischio da non sottovalutare è che la cosiddetta 'primavera araba', come già scritto su questo giornale, finisca con il rappresentare, con l’affermazione degli integralisti islamici, un fattore altamente destabilizzante per la fascia sub-sahariana.
Se così fosse, verrebbe sprecata un’opportunità per il cambiamento, consegnando Paesi come la Nigeria, finora tolleranti sul piano religioso e sociale, all’integralismo islamico. L’Occidente, pertanto, pur alle prese con la crisi dei mercati, deve uscire dal letargo, facendosi promotore di un cambiamento della globalizzazione che, soprattutto in Africa, ha fatto già tanti disastri. Perché, nonostante gli investimenti stranieri nel settore degli idrocarburi, in Nigeria in questi anni, paradossalmente, è cresciuta la miseria della popolazione. Ciò che rappresenta il brodo di coltura per ogni genere d’estremismo.