Ne avvertiamo la presenza, in modo nitido o confuso; la sentiamo gravare sulle nostre spalle; facciamo di tutto per evitarla, quando la scorgiamo lungo la strada che ci attende. La croce entra nella vita senza chiederci il permesso, e sembra sfidare le forze di cui sentiamo di disporre per portarne il peso senza trascinarla. Ma quando è accolta nel suo linguaggio cristiano come garanzia di una speranza certa, capovolge il proprio segno. E da patibolo e maledizione si trasforma nella garanzia che dentro ogni ferita c’è una luce, un senso, è inclusa la risurrezione, come due facce inseparabili della stessa realtà. Una cosa però è crederlo per fede, altra averne esperienza nella vita, e vederlo testimoniato nell’esistenza altrui, dentro il vivo delle nostre città. La Chiesa di Milano, oggi, invita tutti a scendere nelle vie della metropoli, in alcuni luoghi simbolici, per vedere lo "spettacolo" della Croce che passa accanto alla nostra vita spesso acciaccata e insufficiente, mettendosi in ascolto della sua voce, mai come oggi comprensibile per tutti. Nel tempo della crisi e della revisione di scelte, prospettive e stili di vita, come delle piaghe sociali e personali di cui pare che quasi nessuno attorno a noi voglia più farsi davvero carico, la croce – quella Croce – parla a tutti con la lingua persuasiva della condivisione, mostra di essere la soluzione più umana e più alta alla nostra ricerca di una via d’uscita all’incertezza, alla fatica, al dolore. Il cardinale Scola ha scelto di portare per strada la croce di san Carlo e la reliquia del Santo Chiodo, che solo in due occasioni di grande sofferenza della città – la peste del 1576 e lo scoperchiamento dei casi di corruzione nel 1984 – sono uscite dalle navate del Duomo per mostrarsi alla gente disorientata e sgomenta. Il gesto che oggi la Chiesa ambrosiana ripropone ha dunque la solennità della storia ma anche l’immediatezza dei codici espressivi proposti (non solo riflessione e preghiera ma anche musica, teatro, letteratura e arte questa sera nella grande piazza della cattedrale). Il messaggio è chiaro: lasciarsi incontrare da quel nudo legno che si presenta sui nostri passi è il primo atto per sentirsi come gli «affaticati e oppressi» che Gesù – il Crocifisso – elegge destinatari della sua carezza portatrice di sollievo proprio perché piegati sotto il suo «giogo», fattosi «leggero».