«The euro is here to stay». L’euro è qui per restare. È una breve e semplice frase – pronunciata da Mario Monti, non a caso, nella lingua dell’economia e dei mercati – a esprimere il senso del vertice di ieri a Roma tra i leader delle quattro maggiori economie dell’Eurozona. Conta poco come hanno reagito i mercati nell’immediato, o come si comporteranno lunedì, o ancora dopo il Consiglio europeo di giovedì e venerdì, i grandi capitali speculativi che da mesi tengono sotto scacco Borse, spread e governi. L’aria di Roma, la città che si dice eterna e dove l’Europa si è formata, sembra aver avuto un effetto benefico in favore degli sforzi per completare il cammino europeo e costruire una casa comune attorno all’euro, un edificio finalmente capace di arginare gli effetti delle crisi e alimentare una crescita sostenibile.L’incontro tra i capi di governo di Italia, Francia, Germania e Spagna non aveva il mandato di fornire risposte pratiche e soluzioni concrete alla crisi, ma piuttosto di verificare e far convergere le posizioni dei Paesi che maggiormente rappresentano i due fronti dell’Europa, divisa nella parziale rappresentazione tra economie forti e virtuose da una parte e realtà fragili e fiscalmente disordinate dall’altra. Eppure l’agenda del Consiglio europeo del 28 giugno si è già arricchita di soluzioni: la proposta di destinare l’1% del Pil del continente, circa 130 miliardi di euro, a politiche per sostenere la crescita e rendere il rigore meglio sopportabile è un passaggio ormai fondamentale e accettato, accanto a proposte più trasversali, dove è ancora necessario convergere maggiormente, come la tassa sulle transazioni finanziarie, il piano anti-spread sostenuto da Italia e Francia, misure dirette per accelerare l’unione bancaria, o la prospettiva confermata degli eurobond. Ed è emblematico che proprio ieri la Banca centrale europea, guidata da Mario Draghi, abbia deciso, quasi a supportare il vertice capitolino in un virtuale braccio di ferro con la tedesca Bundesbank, di rendere più agevoli gli aiuti alle banche dei Paesi dove i titoli del debito sono sotto pressione.Quello che resterà del vertice di ieri, se le sensazioni positive saranno confermate, è soprattutto il passaggio che il nucleo del Continente – le parole di Monti, Merkel, Hollande e Rajoy sono state dirette e precise – ha deciso che dell’euro abbiamo bisogno e l’unione monetaria continuerà, come da Trattati, a essere irreversibile. Un paletto fondamentale, destinato a diventare un muro nella dinamica politica nazionale, e non solo. Ha fissato inoltre che non vi può essere rigore senza crescita, ma neppure integrazione senza regole né controlli, non saranno possibili cessioni di sovranità senza solidarietà. Soprattutto, alzando lo sguardo sopra l’irrazionalità a breve termine degli scambi speculativi, è stato sancito l’impegno di un obiettivo vero, a lungo termine, che è una maggiore integrazione europea. Unica strada possibile, dopo la sola e solitaria unione della moneta: dunque unione politica, economica, bancaria, fiscale. Europa davvero, insomma.Parole, ma si spera non a vuoto. La consapevolezza che tutti, seppur in modo differente, hanno incassato vantaggi dalla moneta unica senza curarsi degli effetti dell’inazione, e che tutti hanno la loro quota di colpe, come ha ricordato Monti a Francia e Germania citando il tradimento di Maastricht del 2003, conduce alla necessità che tutti, ora, siano chiamati a cedere responsabilmente qualcosa per ottenere, insieme, un di più dall’unione nel rispetto delle regole. Questa è l’eredità potenziale della tappa romana della carovana dei vertici, a prescindere dalla rigidità tedesca e dalla voracità (e dall’interessata miopia) dei mercati.La crisi internazionale, crisi innanzitutto morale ha ricordato Papa Benedetto XVI, proprio ieri, in udienza col mondo agricolo italiano, nasce da eccessi di irresponsabilità, politica e finanziaria. E la soluzione non può che venire da impegni e tentativi leali per ricostruire la fiducia compromessa tra le nazioni e tra i popoli, prima che da norme, regole o pur necessarie soluzioni tecniche. Termini come solidarietà e responsabilità non sono ricette ideali, ma soluzioni concrete, e ieri sono sembrate meno vuoti che in passato. Tra cinque giorni, a Bruxelles, tutti alla controprova di una irreversibile responsabilità.