giovedì 16 febbraio 2012
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​Forse, bisognerà persino ringraziarlo Adriano Celentano. Certo non per le cose senza senso che ha detto su giornalisti che disprezza e insulta e su giornali che evidentemente non legge più da anni (provo a immaginare: da quando smise di collaborare con Avvenire rivendicando – era il 1994 – la sua libertà di dichiarare – ma guarda un po’! – le proprie scelte politiche e di voto...).Bisognerà ringraziarlo per due motivi. Il primo motivo sono le domande sul cristianesimo che ha suscitato nella testa di più di qualcuno con le sentenze apocalittiche della sua predicazione sanremese. Già, si può davvero pensare – da cristiani – di dividere Lassù e quaggiù? E un cattolico – un giornalista, un insegnante, un operaio, un cantante cattolico – può sul serio vivere il cristianesimo come una fede dinsincarnata e solo consolatoria? Ma soprattutto, chi ha incontrato e ama il Dio di Gesù Cristo come fa a ignorare le Vie della Croce (personali e comunitarie, sociali, economiche e politiche) che attraversano il mondo degli uomini e delle donne? E poi, ancora: la carità si esibisce o si pratica senza fanfare?Il secondo motivo di gratitudine al Molleggiato è che, oltre le sue intenzioni, con una performance all’insegna non della libertà responsabile di opinione, ma di una gratuita (anche se ben pagata) e sfrenata «carta bianca» retorica, ha riportato in primissimo piano il tema della cultura, dei compiti e delle modalità di svolgimento del servizio pubblico radiotelevisivo. È accettabile che troppe trasmissioni Rai continuino a ridursi a sgabelli del trono di ipertrofici "Io" mediatici? Audience e sollecitazioni degli sponsor giustificano davvero tutto?È così: quando si dichiara di voler chiudere la bocca a qualcun altro si finisce per aprire questioni più grandi. E nonostante certe desolanti autoassoluzioni diventa impossibile fingere che non esistano.
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