Le irregolarità nella presentazione delle liste elettorali non sono certo una rarità nella storia delle elezioni amministrative in Italia, ma fino agli anni Novanta ne derivava la validità dell’elezione dei soli consiglieri regionali appartenenti a tali liste, con conseguente correzione e non annullamento del risultato elettorale complessivo. L’effetto ben più radicale dell’annullamento dipende da due dati: da un lato dalla circostanza che i voti ottenuti dalle liste irregolari erano superiori allo scarto fra i voti ottenuti dal presidente della Giunta risultato vincitore e il candidato a tale carica risultato secondo (nel 2010 lo scarto fra Cota e la Bresso fu dello 0,43 per cento); e dall’altro dalla circostanza che dalla elezione del presidente dipende l’assetto complessivo del Consiglio, a causa del premio di maggioranza previsto dalla legge che disciplina le elezioni regionali.
Questa eventualità (divenuta reale in ormai tre casi) dovrebbe indurre a riflettere sullo stato del diritto elettorale in Italia, che si trova in una situazione gravemente deficitaria. Oltre ai problemi relativi alla formula elettorale (il cui aspetto più evidente è l’incostituzionalità della legge elettorale nazionale, annunciata a dicembre dalla Corte costituzionale), vi sono problemi non meno gravi riguardo a quella che erroneamente si suole chiamare "legislazione di contorno": e ciò riguarda anche i procedimenti giurisdizionali per accertare le irregolarità in sede di elezione. Non solo non esiste un procedimento di controllo rapido, che verifichi prima delle elezioni l’eventuale esistenza di vizi del procedimento preparatorio (come la presentazione delle liste), ma i tempi per i relativi accertamenti si distendono per tempi quasi biblici (in questo caso 4 anni) proprio quando le irregolarità sono più gravi, in quanto consistono nel reato di falso ideologico e materiale.
In generale tutto il diritto elettorale italiano - politico e amministrativo - è tuttora retto da regole vecchie, riguardo sia al procedimento che al controllo giurisdizionale: un ripensamento dunque si impone, al di là di questo grave caso piemontese, che pure ha evidenziato una grave mancanza anche dal punto di vista dell’etica pubblica.
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