sabato 16 novembre 2013
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Siamo certi che l’affido della bambina di tre anni a una coppia gay da parte del Tribunale dei Minori di Bologna sia stato fatto nei termini formalmente consentiti dalla legge. Per l’affido, infatti, si può ricorrere anche a persone diverse da coppie sposate. Possono essere singoli, ma anche cosiddette "case famiglia", sia di istituzioni pubbliche che di soggetti privati, e l’omo o eterosessualità degli adulti che si fanno carico dei bambini non è presa in considerazione. Da quel che si è saputo sinora della vicenda, sembra che la coppia omosessuale sia stata considerata idonea all’affido in quanto ciascuno dei due, singolarmente, lo era, a norma di legge. Apprendiamo anche che la scelta sui due uomini sarebbe stata dettata dal fatto che finora la bambina aveva avuto riferimenti solo femminili, e che quindi una coppia maschile poteva "riequilibrare" la situazione...Nell’attesa di conoscere meglio le motivazioni, che ci auguriamo essere più consistenti e meno surreali, e di sapere se, per esempio, ci fossero alternative per la bambina, dobbiamo però essere intellettualmente onesti: se sfruttando le pieghe di una norma una coppia omosessuale può, nei fatti, avere in affido un minore, è altrettanto vero che per l’impianto legislativo complessivo in vigore, e anche per la gran parte dell’opinione pubblica italiana, una coppia omosessuale non può essere considerata identica a una eterosessuale per quanto riguarda i figli.La Consulta ha già stabilito che la nostra Carta Costituzionale non prevede matrimoni fra persone dello stesso sesso, così come coppie gay non possono avere accesso all’adozione e alla fecondazione assistita, tanto per citare alcune delle disposizione principali in materia. La necessità per un bambino di avere un padre e una madre, e di non escludere programmaticamente una delle due essenziali figure parentali dal suo orizzonte quotidiano, è un dato di fatto millenario, nato assieme alla civiltà umana stessa, che è imbarazzante persino dover ricordare, tanto è ovvio, e che è ribadito da tutte le leggi e le prassi secondo le quali, in presenza di una famiglia disponibile – intesa come coppia stabile di un uomo e una donna, meglio se con altri figli – è a questa innanzitutto che un bambino senza genitori va dato in custodia. Perché l’adozione e l’affido sono un modo per dare un padre e una madre a un minore in difficoltà, e non l’inverso, cioè procurare un figlio a una coppia che li desidera.Chi scrive ha avuto per dieci anni un figlio in affido, e ha ben presente l’insistenza dei servizi sociali, che ci accompagnavano in questa esperienza, sull’importanza della chiarezza dei ruoli e delle figure, distinte, di padre e madre, naturali e affidatari. Si erano sbagliati?Ma soprattutto a preoccupare è il modo in cui la notizia è stata presentata all’opinione pubblica: si è enfatizzato l’orientamento sessuale della coppia e la loro relazione sentimentale (un bambino potrebbe essere affidato a due amici dello stesso sesso che condividono stabilmente la casa in cui risiedono, come anche a due suore, perché no?), e quindi si è "legittimata" la loro unione affettiva "al pari" di una eterosessuale. Non bisogna certo avere chissà quale malizia per vedervi l’ennesima bandiera a favore dell’approvazione del matrimonio fra coppie dello stesso sesso, a partire, questa volta, da quello che di solito è il punto di arrivo dell’equiparazione fra coppie omo ed eterosessuali, e cioè la possibilità di avere figli riconosciuti "appartenenti" alla coppia stessa.Stiamo assistendo a uno sconcertante crescendo della pressione ideologica (nei e dai tribunali, nella scuola, sui mass media, a livello comunale...) per l’introduzione, anche in Italia, delle nozze omosessuali e per l’affermare che i figli sono un "diritto", sull’onda anche di quello che sta avvenendo in altri Paesi. Ma si tratta di questioni antropologiche fondamentali, che devono essere discusse nelle sedi opportune, delle istituzioni e del dibattito pubblico, rispettando la libertà di espressione e di pensiero di tutti, e che soprattutto non possono essere oggetto di forzature strumentali da parte di nessuno, specie quando sono in gioco interessi dei bambini.
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