venerdì 23 marzo 2012
COMMENTA E CONDIVIDI
Un viaggio, due tappe, due motti. In Messico, Insieme nella speranza, discepoli di Gesù. E a Cuba, Pellegrino della carità. Due modi semplici per esprimere in uno stesso stesso tempo intenzioni e obiettivi, senza le intriganti lusinghe e gli effetti speciali ai quali la pubblicità e i titoli dei giornali ci hanno ormai abituato. Pensati non per colpire, ma per scolpire un’idea destinata a restare attraverso l’impegno dei credenti.È così in ogni viaggio del Papa. E sarà così anche in occasione di questo viaggio apostolico che s’inizia oggi, e che porterà per la ventitreesima volta Benedetto XVI fuori dall’Italia, e per la seconda volta in America Latina, dopo la visita del 2007 in Brasile. Tre giorni in Messico, altrettanti a Cuba, e un programma essenziale, che ha dovuto – obbligatoriamente – fare i conti con i due lunghissimi trasferimenti aerei all’andata e al ritorno, e i quasi 85 anni di Papa Ratzinger, e si è così concentrato su tre momenti centrali: le messe a Leo, domenica, e quelle a Santiago e all’Avana, lunedì e mercoledì. Poi un saluto ai bambini, sabato, e l’incontro con tutto l’episcopato latinoamericano, nei vespri di domenica.Un programma pubblico – le visite di cortesia alle autorità civili avranno carattere privato – che, già da solo, declina compiutamente quelle intenzioni e quegli obiettivi di cui si diceva all’inizio. Che forse non accontentano il palato di quanti, in nome del politically correct, vorrebbero – aggiungiamo: come sempre – dettare l’agenda di chi il Papa dovrebbe incontrare, e magari anche come, e di che cosa dovrebbe parlare. Pretese che, in genere,  trasformano la vigilia di un viaggio papale in un “fallimento” annunciato, salvo poi doversi, alla fine, regolarmente ricredere. L’esperienza, come si vede, a qualcuno non insegna.Così com’è accaduto, accade oggi, e accadrà domani. Perché, se una cosa dovrebbe essere – è – certa, è che Benedetto XVI non è tipo da lasciare parole non dette, o in sospeso. La questione, casomai, è come, e in che contesto, le dice. E anche nel “laicissimo”, per Costituzione, Messico, così come in una Cuba politicamente atea, non c’è alcun dubbio che nessuno dei temi “caldi” – dall’economia ai diritti umani, dalla difesa dei più deboli alla piena libertà d’espressione – verrà trascurato. Nella scelta del “come” e del “dove”, c’è tutta la personalità di Papa Ratzinger e la cifra del suo pontificato. Il suo incalzante porre prima di tutto i credenti di fronte alle proprie responsabilità di divenire comunità capace di evangelizzazione, e la conseguente necessità di tornare alle radici della fede.Se allora le occasioni del viaggio sono il bicentenario dell’indipendenza dei popoli latinoamericani e i vent’anni dei rapporti diplomatici fra Messico e Santa Sede, e il 400° anniversario del ritrovamento della Vergine della Carita del Cobre, Patrona di Cuba, non c’è dubbio che l’intenzione con cui Papa Ratzinger attraversa oggi un’altra volta l’oceano è quella del Pastore. Con un obiettivo ben chiato, che non è quello di soddisfare le attese dei commentatori, ma di arrivare al cuore della gente. È il successore di Pietro che va a confermare la fede dei suo fratelli, per ritrovarsi con loro “insieme della speranza”, come “pellegrino di carità”. Per ritrovarsi, insomma, a declinare quelle virtù teologali che fondano l’agire del cristiano. Senza escluderlo mai dal mondo ma, al contrario, offrendogli la forza indispensabile per essere pienamente nel mondo. Per cambiarlo, vivendone la storia fino in fondo.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: