A Sanremo cantano. Ma gli italiani cantano? Si chiama festival della canzone italiana. Perché noi italiani sappiamo cantare. Ce lo riconoscono in tutto il mondo. Anche se ti trovi in un ristorante in capo al mondo e dici che sei italiano, salta fuori qualcuno con l’armonica o la chitarra e intona un
O’ sole mio o
Lasciatemi cantare. Insomma, ci prendono per gente che ama cantare. E infatti a Sanremo cantano. E grazie anche al bravo Carlo Conti, molti stanno incollati al televisore a vedere che si canta.
Ma la questione che in questi giorni mi fa tremare è: gli italiani cantano davvero? Intendo, mentre lavorano, mentre vanno in auto, mentre sono coi figli o con gli amici, cantano? O fanno come i cinesi, che cantano solo nei karaoke? La questione è seria.
Credo che occorra diffidare di un uomo o una donna che non cantino. Significa che non hanno il cuore pieno o il cuore ferito. Perché si canta per una gioia che straripa o per un dolore che fa uscire melodia. Solo cuori medi, tiepidi non cantano mai. Ma già se lo chiedeva Pasolini: come mai non si sente cantare più nelle nostre strade? È vero che oggi molti mestieri non permettono di cantare. Nei campi veniva più normale cantare di quanto, ovviamente, possa venire oggi a un commercialista in ufficio o a un consulente aziendale in mezzo ai clienti. Un tempo, senza televisore in cui guardare Sanremo, veniva più facile in cerchio nell’aia condividere canzoni e racconti. Ma il punto non è solo nelle condizioni di lavoro o di convivenza. Certe voci che anche a Sanremo hanno spopolato (da Modugno a Villa ad Al Bano) erano voci di certo con tratti quasi popolareschi, televisivamente imperfetti.Avevano il tono e la sfrontatezza di certe canzoni improvvisate in cucina o per le scale. Avevano quella grana di canzone condivisa che oggi è di molto diradata. Sembra che la musica dal vivo per strada (eccetto nei momenti organizzati ad hoc) la si possa sentire solo grazie a qualche slavo che suona nelle metropolitane o agli incroci per tirar su qualche soldo. Abbiamo perso la voce. Perché, dunque, gli italiani non cantano più?
Qualcuno pensa che dipenda dal fatto che sono tristi, che sono impoveriti. Insomma, che noi italiani siamo meno agiati di poco tempo fa e dunque un po’ depressi. Certo, il depresso non canta. Ma ai tempi dei canti nelle aie o dei giovani fornai in bicicletta che fischiettavano e cantavano non giravano certo più soldi in quelle tasche. Evidentemente, si tratta di una depressione. Non si tratta di una questione economica. Anche da poveri si canta. Pensiamoci: mentre molti sono i punti di diffusione di musica continua, ronzante, a volte assordante, di infiniti video musicali passati in ogni bar, stazione, aeroporto, per il resto non si sente cantare nessuno in giro. Nessuno, o quasi. A parte slavi o gipsy di cui sopra, non capita quasi mai di sentire un uomo canticchiare per strada, o due amici cantare in pizzeria o altrove. Vergogna? Pudore? Eppure, capita, e se si guarda bene si nota. Intendo che ci sono punti di resistenza, o meglio di insorgenza del canto. Gruppi di giovani amici che amano trovarsi a cantare, magari di notte su un prato, tanti cori parrocchiali o di altro genere, tanti ritrovi di musica popolare con giovani che reimparano canti antichi in vari festival della Taranta, della zampogna e così via. Una ricerca di canto vero, fisico, non mediato dal video o dai tanti apparecchi diffusori. Sono segni contraddittori. L’Italia canta o non canta più? Si canta solo al festival? O, aguzzato l’orecchio si sente un canto italiano diffuso, segreto, magari sotto traccia? Se non cantiamo chi siamo? Anche Leopardi titolo il suo libro 'Canti'. Perché il canto è il segno della presenza dell’anima, e che tale anima ha voce. Se l’Italia incollata a Sanremo potesse riscoprire anche il gusto di cantare di più – da soli e insieme –, allora davvero sarebbe un bel festival. Ma per cantare occorre un motivo che riempia il cuore. Che lo apra. Qualcosa di grande. Di più grande della ricerca del successo personale. Se non c’è, non si canta. Quando non si canta più se non per farsi notare, beh allora, non è più canto, ma un’altra cosa. I bizantini dicono che l’uomo ha creato un sacco di meravigliosi strumenti per suonare. E oggi con l’ausilio dell’elettronica che prodigi si possono fare con poco. Ma Dio ha creato la voce umana, che dunque è il più perfetto degli strumenti. Quel che introduce di più a un senso semplice del miracolo. Ad esempio, provate a cantare domani in auto coi vostri figli. Se non lo sapete già, ecco, succederà un piccolo grande miracolo.