E rieccoci allo show del Premier, un po’ relatore da convegno professionale, un po’ con autoironia piazzista da fiera di paese («Venghino siori, venghino…»). Matteo Renzi prova a tirare diritto, presentando di slancio la sua «#Svoltabuona», come un
hashtag (una parola chiave) su Twitter. E una vera e propria svolta c’è, comunicativa prima ancora che politica e amministrativa. Perché quel che il Consiglio dei ministri ha approvato ieri è soprattutto la «relazione del presidente» con le linee guida degli interventi economici, mentre i singoli decreti, in particolare quelli relativi al fisco, con le modalità di attuazione scritte nero su bianco e con forza di legge, arriveranno solo di qui al 30 aprile, con effetto dal primo maggio.Cancellate di colpo le compassate e professionali conferenze stampa di Mario Monti ed Enrico Letta, come fossero frammenti di un passato lontano, surclassata la fama di venditore che ammantava Silvio Berlusconi, il capo del governo che-va-veloce ha sciorinato una serie di scelte che danno effettivamente il senso di un forte rinnovamento. Di un cambio nella giusta direzione. Di una visione della società. Su tutto questo però non viene sciolto ogni margine di dubbio, ancora mancano molte precisazioni o, come per la riforma del lavoro, potranno arrivare solo dalla discussione in Parlamento.Per ora, dai titoli siamo passati ai capitoli della «svolta di portata storica» di Renzi. A cominciare dall’aumento delle detrazioni per i lavoratori, che porterà in media 1.000 euro all’anno in più nelle buste paga di 10 milioni di dipendenti e assimilati (come i collaboratori). Una scelta intelligente che intende da un lato "premiare" i meno abbienti e «un pezzo di ceto medio» impoverito dalla crisi e dall’altro riavviare il ciclo di consumi, produzione e occupazione nel mercato interno. Ma che dovrebbe essere ulteriormente affinata tenendo conto anche dei carichi familiari (lo avevamo evidenziato da queste colonne, martedì scorso). Perché a fare la differenza – siamo sicuri che il sottosegretario Delrio, 9 figli, e lo stesso premier con 3 lo sanno bene – è soprattutto il numero dei componenti la famiglia e se si tratta di un nucleo mono o bireddito. Sarebbe paradossale, infatti, se una famiglia con 3 ragazzi in cui solo il padre lavora e guadagna 30mila euro non ricevesse nulla; mentre un’altra famiglia in cui marito e moglie guadagnano entrambi 15mila euro e hanno un solo bambino ricevessero per effetto dell’aumento delle detrazioni, benefici doppi. Ancora, nulla il presidente del Consiglio ha detto su come tutelare gli "incapienti", quei milioni di italiani a bassissimo reddito che non possono godere delle detrazioni.Anche la scelta di operare, comunque, una riduzione del 10% dell’Irap che grava sulle imprese è una mossa a un tempo giusta e furba. Giusta perché comincia a spostare il peso delle imposte dalla produzione alla rendita (con l’aumento delle aliquote dal 20 al 26%, Bot esclusi). Furba perché toglie alibi alle imprese, assicurando loro un più ampio margine su ciò che producono e vendono. Anche sul delicato tema della riforma del lavoro, il governo si è mosso bene. Evitando manovre azzardate e progetti calati dall’alto, si è rimesso al Parlamento con una legge delega che lascia ampi margini, pur indicando alcuni punti qualificanti come la riforma degli ammortizzatori sociali, l’assegno di disoccupazione e la tutela della maternità universali, il superamento della cassa in deroga. Realisticamente non poteva essere altrimenti, mentre particolarmente apprezzabile è la scelta di operare subito con decreto una semplificazione per rilanciare l’apprendistato. Visione chiara e dinamismo, quindi. Ai quali, però, fa ancora una volta da contraltare l’ulteriore slittamento della «Garanzia giovani». Doveva partire il primo gennaio, il governo Letta si era detto pronto per marzo, ora il ministro Giuliano Poletti ha procrastinato fino a maggio. Non è un bel segnale.E allora, davvero, «venghino siori, venghino» a vedere, sul bancone del presidente del Consiglio c’è molta mercanzia fina, come il fondo da 500 milioni per chi dà vita a un’impresa sociale, una grande idea. E pure parecchia altra merce buona, come il risanamento delle scuole, di cui il Paese ha bisogno. Ma prima di "acquistare", caro premier venditore di belle visioni e giuste direzioni, vorremmo saggiare meglio, toccare con mano, leggere i testi. Le
slide coi pesciolini rossi, per quanto creative, ancora non ci bastano. Non se ne abbia a male, è che ancora siamo poco
smart.