Uno Stato può negare il congedo di maternità a una donna che ha avuto un figlio tramite utero in affitto senza temere di incorrere in una violazione delle normative Ue. Le direttive della Ue, infatti, non impongono agli Stati la concessione di un congedo in questi casi, ma si limitano a stabilire alcune prescrizioni minime in materia di protezione della maternità. Il caso è nato quando due "committenti" (una britannica e una inglese) di un figlio da altre donne hanno fatto ricorso dopo che si sono viste rifiutare un congedo retribuito, con la motivazione che non erano mai state incinte e che i bambini non erano mai stati adottati.I giudici nazionali a questo punto si sono rivolti alla Corte di giustizia della Ue per sapere se il rifiuto sia contrario alla direttiva sulle lavoratrici gestanti o se costituisca una discriminazione in base al sesso o all'handicap. Secondo la Corte di Lussemburgo non c'è discriminazione fondata sul sesso, in quanto neppure un padre committente ha diritto a beneficiare di un tale congedo e il diniego non è particolarmente contrario ai lavoratori di sesso femminile rispetto a quelli di sesso maschile.Ma non vi è neppure discriminazione basata sull'handicap, perché sebbene l'incapacità di procreare possa causare a una donna grande sofferenza, la nozione di "handicap" ai sensi della direttiva Ue presuppone che la limitazione di cui soffre la persona ostacoli la sua piena ed effettiva partecipazione alla vita professionale, sulla base dell'uguaglianza con gli altri lavoratori.