«Vorremmo in primo luogo invitare i consiglieri regionali e i dirigenti dei loro partiti a non fare di questo tema una questione di “schieramento” ma di farne un’occasione per una riflessione profonda sulle basi della propria concezione del progresso e della dignità della persona umana».
Così i vescovi toscani intervengono sulla proposta di legge regionale riguardante il cosiddetto “suicidio assistito” che verrà discussa in aula il prossimo 11 febbraio. La proposta di legge d’iniziativa popolare ha già avuto il via libera dalla terza Commissione del Consiglio regionale. Il titolo è «Procedure e tempi per l'assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza n. 242/19 della Corte costituzionale»: è proposta dall'Associazione Coscioni e fatta propria dalla maggioranza di centrosinistra. L’opposizione ha presentato una serie di emendamenti e la pregiudiziale di costituzionalità, affermando che la Regione non ha competenza su una materia che spetta al Parlamento. La stessa proposta di legge presentata dall’Associazione Coscioni in altre Regioni è stata bocciata oppure l’iter non è mai partito: la Toscana sarebbe quindi la prima regione ad approvarla. Nei giorni scorsi la rete di associazioni laicali "Ditelo sui tetti" aveva lanciato un appello ai cattolici.
La Conferenza episcopale toscana si inserisce dunque in questo dibattito: nell’assemblea che ha visto i vescovi riuniti a Livorno quello del fine vita è stato uno temi più urgenti, con la decisione di offrire alcuni spunti di riflessione attraverso una nota diffusa alla stampa. «Siamo consapevoli – scrivono – che questa proposta di legge assume per molti un valore simbolico, nel senso che si chiede alla Regione Toscana di “forzare” la lentezza della macchina politica statale chiamata a dare riferimenti legislativi al tema – importantissimo – del fine vita». Altre sono le vere urgenze: «Ci sembra – proseguono – che in un momento di crisi del sistema sanitario regionale, più che alla redazione di “leggi simbolo”, i legislatori debbano dare la precedenza al progresso possibile anche nel presente quadro legislativo, in un rinnovato impegno riguardo alle cure palliative, alla valorizzazione di ogni sforzo di accompagnamento e di sostegno alla fragilità». La vita umana, sottolinea la Conferenza episcopale toscana, «è un valore assoluto, tutelato anche dalla Costituzione: non c'è un “diritto di morire” ma il diritto di essere curati e il Sistema sanitario esiste per migliorare le condizioni della vita e non per dare la morte».
Il riferimento a cui i vescovi invitano a richiamarsi è «la lettura attenta del documento Dignitas infinita pubblicato recentemente dal Dicastero per la Dottrina della Fede, che esprime nel modo più attuale la visione che nasce dall’esperienza cristiana, offrendo un contributo significativo su questi temi di grande drammaticità».
A questo si accompagna anche uno sguardo locale: «L’altro elemento che può aiutare a fare una scelta legislativa è proprio la storia della nostra Regione. Nella cura delle persone in condizione di fragilità la Toscana è stata esempio per tutti: la nascita dei primi ospedali, dei primi orfanotrofi, delle associazioni dedicate alla cura dei malati e dei moribondi, come le Misericordie, e poi tutto il movimento del volontariato, sono un’eredità che continua viva». Il pensiero non può non andare al Centro di aiuto alla Vita di Firenze, il primo nato in Italia, che proprio quest’anno compie cinquant’anni di attività.
La nota dei vescovi toscani non esclude comunque la possibilità di affrontare, anche in sede legislativa, un argomento così delicato: «Anche da parte nostra – concludono – vogliamo affermare la necessità di leggi nazionali aggiornate e siamo disponibili al dialogo e all’approfondimento sul grande tema del fine vita, pronti ad ascoltare e ad apportare, per la passione per ogni persona umana che impariamo da Gesù Cristo e che viene offerta a tutti», un «contributo libero alla nostra società».