L'immagine-simbolo realizzata per il convegno Cei di Roma
I numeri delle dimissioni ospedaliere in Italia per problemi di salute mentale – circa 800mila – ci dicono che il fenomeno del disagio psichico è davvero elevato. La cronaca, da parte sua, ci racconta sempre più situazioni e gesti drammatici, spesso persino difficili da comprendere. Medici e religiosi hanno così deciso di far fronte comune, dimostrando che la sinergia tra scienza e fede può essere una risorsa preziosa nel trattamento delle diverse patologie di natura psichica. Come dimostreranno sabato a Roma gli esperti che interverranno sabato al convegno su «La Chiesa italiana e la salute mentale 2», promosso dall’Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Cei.
«Oltre due anni fa abbiamo iniziato un percorso di avvicinamento tra la psichiatria e la Chiesa in Italia e l’anno scorso abbiamo dato vita al primo convegno su Chiesa e salute mentale, in cui ci siamo confrontati in libertà e nel rispetto degli spazi, degli ambiti e dei ruoli – racconta il direttore dell’Ufficio Cei don Massimo Angelelli –. Abbiamo poi continuato a camminare insieme istituendo un "tavolo sulla salute mentale" composto da una quindicina di psichiatri tra i più importanti d’Italia e di referenti dei diversi ambiti di psicologia. Dopo diverse analisi delle problematiche, in campo sia psichiatrico che pastorale, siamo arrivati a una proposta che fosse positiva e desse speranza. Abbiamo insomma cominciato a recuperare il concetto di felicità». Quasi un azzardo, di questi tempi. Ma gli esperti ne sono sicuri: «Ci sono felicità ferite, ma anche riconquistate. Grazie a percorsi che ci permettono di recuperare felicità e benessere è possibile superare anche i grandi traumi». La situazione da cui partire non è certo facile. «È necessario rendersi conto che le famiglie che hanno componenti con problemi di salute mentale – precisa Angelelli – hanno sempre meno servizi da parte dello Stato e sono sempre più sole. Mancano strutture di cura sul territorio, presìdi territoriali di accompagnamento e non tutte le regioni sono attrezzate». Proprio per evitare il rischio di cedere alla "cultura dello scarto" la Cei ha recentemente aperto il portale Web Accolti.it e ha promosso un open day delle strutture cattoliche che ospitano persone con fragilità di diverso tipo. «Molte volte c’è bisogno di supportare la famiglia e accompagnarla per evitare l’isolamento – prosegue Angelelli –. La malattia psichiatrica genera ancora uno stigma sociale molto forte: c’è paura, vergogna, disagio. Dobbiamo anche noi superare queste difficoltà, ragionando e trattando la patologia psichiatrica come una delle patologie che possono e devono essere curate».
Del resto, grazie alle nuove conoscenze psicopatologiche è possibile individuare le possibili cause. E dunque prevenirle. «Noi sappiamo che ciò che provoca i disturbi sono diversi fattori tra i quali le cosiddette "determinanti sociali", ossia aspetti della qualità della vita, tra cui anche il benessere economico – spiega Alberto Siracusano, ordinario di psichiatria, direttore del Dipartimento di Medicina dei sistemi dell’Università Tor Vergata di Roma –. Se tutti questi aspetti incidono sul benessere incidono anche nel rendere la vita delle singole persone a rischio di malessere, come sta accadendo nei giovani. Oggi, infatti, i ragazzi incontrano una serie di difficoltà che dipendono dalle criticità che trovano nelle famiglie, nella società, nella mancanza di strutture di riferimento». Bullismo, disturbi del comportamento, violenze, dipendenze di vario genere, sono dunque solo la punta di un iceberg di uno stato di malessere psichico. «Oggi parliamo di povertà vitale per il fatto che c’è scarsità di riferimenti valoriali, razionali, affettivi, emotivi. In particolare, i giovani arrivano in situazioni altamente critiche, ne sono poi ostaggio, vengono richiamati dall’uso delle droghe e da comportamenti sempre più a rischio. La società moderna ha bisogno di benessere mentale – rimarca Siracusano –. Eppure si investe pochissimo sulle risorse che dovremmo impiegare proprio per aiutarci e aiutare a stare meglio». Ma intanto un grande aiuto può arrivare dalla fede: «La componente spirituale – spiega infatti lo psichiatra – è una risorsa importante per combattere la povertà vitale e di conseguenza favorire il benessere della mente».
Per vincere la sfida occorrono però risposte concrete. «Il 25 per cento delle famiglie italiane hanno a casa qualcuno con sintomi riferibili a problemi di salute mentale – sottolinea padre Carmine Arice, superiore generale della Società dei sacerdoti del Cottolengo e della Piccola casa della Divina Provvidenza di Torino –. Bisogna partire dal presupposto che queste persone non solo hanno dignità, ma che sia possibile un percorso di riabilitazione, di accompagnamento e cura tale che possa riportarle a fare un’esperienza positiva della vita». Punto d’avvio, dunque, l’accettazione: «Occorre diventare esperti dell’arte della relazione, della capacità di sostare, di saper stare in ascolto – precisa Arice –. Come comunità cristiana dobbiamo promuovere la cultura della presenza, testimoniando nella concretezza che tutte le persone con fragilità sono parte di un corpo. Per questo non può mancare una formazione pastorale a tutto tondo». Solo così «educare alla felicità, e accompagnare le persone con disagio mentale verso una felicità tutta da riconquistare», potrà essere un obiettivo alla portata di tutti.